Il sisma del sud-est asiatico e la previsione dei terremoti (M. Nardelli) - 05:06, 7/24/2005
Il terremoto che il 26 Dicembre 2004 ha colpito l'Asia sud orientale e che ha avuto come epicentro una zona di mare situata al largo di Sumatra, è un evento che può essere utile per definire la tesi sulla previsione dei terremoti. Il terremoto è un movimento vibratorio improvviso di una porzione più o meno vasta della crosta terrestre, provocato da onde elastiche provenienti da un punto più o meno profondo della Terra. Esso si verifica in quanto le zolle in cui è suddiviso il nostro pianeta sono in continuo movimento. Il terremoto del sud-est asiatico si è verificato in corrispondenza del movimento della zolla indo-australiana che si muove contro quella euroasiatica. Essendo stato un movimento tettonico sottomarino, esso ha provocato un sommovimento violentissimo delle acque oceaniche definito in geofisica maremoto o "tsunami". Già nel 1990, collegando l'attività sismica a quella solare, prevedevo una ripresa dell'attività sismica planetaria per il massimo di attività solare degli anni 2000. Il ciclo undecennale delle macchie solari (l'aumento cioè del numero di macchie solari) provoca un aumento delle precipitazioni e come concausa un sollevamento del livello medio delle masse d'acqua oceaniche. Un'aumento del livello marino comporta anche lo spostamento dell'asse di rotazione terrestre e la variazione della velocità rotazionale terrestre. La variazione di tale velocità agisce sui moti oceanici e su quelli convettivi in seno alla Terra, perturbando equilibri già precari e producendo l'aumento della sismicità a scala planetaria. Ma oltre al Sole sono anche gli allineamenti planetari a causare terremoti. Quando la Terra viene a trovarsi sottoposta alle attrazioni combinate del Sole, della Luna e dei pianeti, ne risente i potenti effetti: la sua sfera si deforma leggermente, tendendo ad assumere una forma "ovoidale", punti deboli della superficie cedono dando così origine ai terremoti.
Ora, tramite le precise posizioni planetarie geocentriche che gli annuari astronomici forniscono, basta tracciare il parallelogramma delle forze planetarie e trovare la risultante. Il meccanismo è quindi il seguente: quando la Luna, percorrendo la sua orbita, viene a passare sulla risultante planetaria, aggiungerà la sua attrazione a quella degli altri pianeti, provocando quella situazione critica "limite" che scatena il movimento sismico. Trovato poi l'istante del perfetto allineamento, è semplice conoscere la zona minacciata dal sisma, che sarà quella indicata sulla sfera terrestre dalla direzione della risultante dei pianeti e della Luna.
Per l'evento del 26/12/2004, vi erano tutti i presupposti affinchè questo si potesse verificare. Il 2003-2004 corrisponde al periodo di massima attività solare degli anni 2000, il 26/12 è una data vicinissima al solstizio, in cui l'asse terrestre presenta la massima inclinazione rispetto al Sole, era Luna piena e vi era congiunzione tra la Luna e Saturno. Da quanto prima detto, ho calcolato la risultante della Luna e di Saturno, ottenendo dei valori che corrispondono perfettamente alla latitudine e longitudine della zona epicentrale del disastro. Come controprova ho voluto esaminare il sisma che si verificò il 14/6/1992 in Giappone. Anche in questo caso, il 1992 fu un anno di intensa attività solare, il 14/6 era una data prossima al solstizio, il 15/6 vi era la Luna piena ed il 13/6 Venere in congiunzione superiore. Ed anche in questo caso, il calcolo della risultante planetaria mi ha fornito valori di latitudine e longitudine comparabili alla zona teatro del sisma. Tengo a sottolineare che le correlazioni attività solare - terremoti e terremoti - fenomeni mareali luni-solari sono state studiate a fondo anche dallo scienziato napoletano prof. A. Palumbo dell'Università di Napoli. Riguardo al terremoto dell'Asia sud orientale, Palumbo fa notare la presenza della Luna piena e l'avvenimento nelle ore del mattino, quando era massima l'azione della compressione della marea della crosta in seno ad una faglia in condizione di criticità. Il Palumbo evidenzia anche l'anomala concentrazione di sismi nell'area pacifica, con ben 9 terremoti di magnitudo superiore a 6 (1, 6 e 10 Gennaio, 16 e 22 Febbraio, 20 e 28 Marzo, 11 Aprile e 30 Maggio), presumibilmente sollecitati dall'onda sismica del 26/12/2004, ed un terremoto verificatosi il 24/5/2005 in Irpinia, con magnitudo pari a 2.8 in condizioni di marea sizigiale ed in prossimità della culminazione superiore della Luna. Da quanto detto notiamo come la tesi mia e del Palumbo, siano intimamente connesse e si completino e come quindi siano le fenomenologie planetarie e gli anni di recrudescenza dell'attività solare, dei sicuri precursori di un aumento della sismicità a scala planetaria.

Michele Nardelli
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La teoria delle stringhe e l'organismo umano: connessioni tra stringhe, biologia e spiritualità (M.Nardelli) - 05:27, 7/16/2005
Per la stesura del presente articolo ringrazio il prezioso contributo del mio amico e Maestro, il fisico prof. A. Palumbo, soprattutto riguardo alle parti inerenti le connessioni da Egli ipotizzate tra onde pregiate, biologia e spiritualità e da me tradotte in linguaggio di teoria di stringa.

Secondo la teoria delle stringhe, le masse e le cariche delle particelle sono il risultato delle vibrazioni delle stringhe stesse. Se riuscissimo a "far suonare" una stringa, per esempio pizzicandola, saremmo in grado di osservare la corrispondenza fra le note delle stringhe e le 19 particelle e le loro proprietà previste dal Modello Standard. Le corde del mondo macroscopico possono presentare vari livelli di tensione: le molle elastiche dei nostri indumenti, ad esempio, sono molto meno tese rispetto alle corde di un violino, e queste, a loro volta, sono meno tese ancora delle corde metalliche di un pianoforte. Se si riuscisse a pizzicare una stringa, potremmo calcolare la resistenza che la corda oppone e quindi determinare la sua tensione, proprio come si procede per le corde macroscopiche, cosa praticamente impossibile, per cui si è seguito un metodo indiretto. Nel 1974, J. Scherck e J. Schwarz del California Institute of Technology, avanzarono l'ipotesi che uno dei modi di vibrazione di stringa rappresentava il gravitone, riuscendo anche a calcolarne, per via indiretta, la tensione fondamentale. Anche se il gravitone, che media la forza gravitazionale che è molto debole, la tensione risultò pari a 10 elevato alla 39 tonnellate, cioè mille miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di tonnellate: la cosiddetta tensione di Planck. Le stringhe microscopiche sono dunque enormemente "rigide" rispetto alle corde elastiche vibranti, implicando importanti conseguenze. In primo luogo, mentre le corde di un violino o di un pianoforte sono fisse a due estremi, nulla riesce a tener "ferma" una stringa fondamentale. La straordinaria tensione implica che la stringa si contrae indisturbata fino ad assumere dimensioni minuscole, il cui ordine di grandezza calcolato è risultato pari alla lunghezza di Planck (10 elevato alla meno 33 cm). In secondo luogo, la tensione fa sì che l'energia di una stringa in vibrazione sia estremamente elevata. Per capire perchè, basta pensare allo sforzo minore che si compie per pizzicare una corda di violino, rispetto a quello necessario per far vibrare una corda di pianoforte, che è molto più tesa. Segue che, due stringhe con diverse tensioni che vibrano esattamente nello stesso modo, avranno energie diverse: quella più tesa sarà maggiore di quella meno tesa, proprio perchè ha richiesto un maggior lavoro per esser messa in oscillazione.
Questo mostra che l'energia di una stringa dipende da due fattori: il suo modo di vibrazione, (oscillazioni più frenetiche corrispondono a più energia) e la sua tensione (proporzionale all'energia). In un primo momento, si potrebbe pensare che diminuendo sempre più l'intensità della vibrazione, cioè l'ampiezza dell'onda ed il numero di picchi e di ventri, l'energia immagazzinata in una stringa possa tendere a zero. Ma ciò non è compatibile con la meccanica quantistica: come tutte le onde, anche queste devono essere costituite di unità discrete. Al pari delle monete e delle banconote, l'energia di una stringa vibrante è un multiplo intero di un "pacchetto minimo". In particolare, l'unità minima di energia, in questo caso, è proporzionale alla tensione della stringa (ed anche al numero di picchi e ventri del modo di vibrazione), mentre il multiplo intero è determinato dall'ampiezza. Poichè le quantità minime di energia sono proporzionali alla tensione, e poichè quest'ultima è gigantesca, altrettanto enormi saranno le energie coinvolte, perlomeno rispetto alla scala consueta dei fenomeni microscopici.
L'unità di base è l'energia di Planck. Per avere un'idea dell'ordine di grandezza di questa energia, basta convertirla in massa, usando la nota relazione Energia = massa x velocità della luce al quadrato, che conduce ad un risultato dell'ordine di 10 elevato alla 19 masse protoniche (10 miliardi di miliardi). Questa massa gigantesca, rispetto agli standard della fisica delle particelle elementari, è nota come massa di Planck, ed è più o meno uguale a quella di un granello di polvere o di un milione di batteri.
Quindi, la massa equivalente tipica di una stringa in vibrazione, è un multiplo intero (1, 2, 3...) della massa di Planck. I fisici dicono, in questo caso, che la scala di riferimento "naturale" o "tipica" dell'energia (e quindi della massa) nella teoria delle stringhe è la scala di Planck.
Resta ora da spiegare come vengono fuori le particelle elementari e le loro proprietà previste dal Modello Standard.
Se l'energia tipica delle stringhe è dieci miliardi di miliardi di volte quella del protone, come possiamo sperare di arrivare alle particelle assai più leggere, come elettroni, quark e fotoni, che costituiscono il mondo fisico? La risposta si può ottenere dalla meccanica quantistica. Il principio di indeterminazione assicura che nulla è mai perfettamente a riposo, e, ogni corpo è sottoposto ad un'agitazione quantistica, perchè, se così non fosse, saremmo in grado di conoscere posizione e velocità di una particella con precisione assoluta, contro il principio di indeterminazione di Heisenberg. Questo vale anche per una stringa, la quale, anche se sembra in quiete assoluta, in realtà sta sperimentando un qualche tipo di agitazione quantistica. Ciò implica l'esistenza di un fenomeno di "cancellazione" tra questa agitazione e le più intuitive oscillazioni esemplificate con quelle delle vibrazioni delle corde di un violino. I calcoli hanno poi mostrato che l'energia associata all'agitazione quantistica di una stringa è "negativa", e quindi in grado di ridurre l'energia totale della stringa in vibrazione di un fattore quasi uguale all'energia di Planck.
Scherk e Schwarz alla loro ricerca della vibrazione capace di generare il gravitone, trovarono che, in quel caso, la cancellazione era totale, in modo che la particella risultante non doveva avere massa. Proprio quanto si apettavano. La gravità, infatti, si trasmette alla velocità della luce, e poichè solo le particelle prive di massa possono raggiungere questa velocità, la mediatrice doveva essere appunto senza massa. I casi in cui l'energia è piccola costituiscono un'eccezione, in quanto la tipica stringa in vibrazione corrisponde ad una particella miliardi e miliardi di volte più massiccia del protone. Anche una particella pesante come il quark top (189 masse protoniche) può nascere da una stringa, solo se l'enorme energia caratteristica di quest'ultima viene "cancellata" dall'agitazione quantistica per una frazione maggiore di cento milioni di miliardi.
In definitiva, i modi di vibrazione ad energia minimale, che si poteva ritenere pari all'energia di Planck, a causa della cancellazione, presentano livelli energetici relativamente bassi, livelli le cui masse corrispondenti hanno un ordine di grandezza comparabile con quella delle particelle elementari. Sono queste energie più basse, dunque, che forniscono il punto di contatto tra la descrizione teorica delle stringhe ed il mondo sperimentalmente sondabile delle particelle elementari.
Si è quindi pervenuti a spiegare la genesi delle particelle elementari e quindi si è sulla buona strada verso la formulazione della Teoria del Tutto. Il Tutto, però, comprende, oltre al reame dell'inerte, anche quelli del vivente e del pensante.
L'elettrofisiologia cerebrale sta cercando di spiegare l'attività del cervello in termini di interazione elettromagnetica. In maniera analoga, si potrebbero interpretare i fenomeni investigati dalla psiconeuroimmunologia come il meccanismo del rigetto, da parte dell'organismo umano, di cellule aventi lo stesso profilo biochimico ma non appartenenti al corpo.
La corrispondenza fra una particella di una determinata massa, o profilo biochimico, ed un'altra della stessa massa e profilo, non basta al loro riconoscimento e quindi alla loro interazione, ma occorre anche un'altra proprietà comune, l'analogo della carica.
Per il riconoscimento di un ricettore (macromolecola) esistente sulla superficie di un linfocito, da parte di un altro ricettore appartenente ad un altro linfocito, avente lo stesso profilo biochimico, non è sufficiente l'identità dei profili biochimici, serve qualcosa in più: le due particelle devono appartenere allo stesso corpo.
Per analogia alla teoria delle stringhe, si può allora ritenere che la dimensione nascosta (vedi spazio di Calabi-Yau nel mio articolo precedente: "Tra scienza e fede..."), srotolata all'interno del corpo e da questo conferita a ciascuna delle "sue" molecole, le rende capaci di riconoscersi. La "mente" del corpo ha trasmesso a tutte le sue parti la propria "identità", ossia le ha dotate di un comune codice di lettura, scritto nella dimensione nascosta del corpo e da esse perfettamente decifrato. Soltanto la loro comune appartenenza al corpo le garantisce la possibilità di riconoscersi e di interagire.
Esistono, quindi, dei comportamenti come l'identità del corpo, il rigetto di tessuti aventi l'identico profilo biochimico, ma appartenenti a due corpi diversi, le espressioni dei sentimenti, le realtà extrasensoriali, le opere dell'ingegno (arte, scienza, etc.), che alludono all'esistenza di "linguaggi", ossia di "dimensioni nascoste", che consentono al corpo, alle sue componenti, al sistema nervoso ed a quello immunitario di riconoscersi, di comunicare e di interagire fra loro. Solo dopo la scoperta di una tale dimensione, si potrà parlare di una completa Teoria del Tutto, ma il percorso appare ancora lungo ed incerto, anche se si profilano spiragli di speranza. Nell'attesa di una tale scoperta e per avvicinarci ad essa, per il momento, è utile procedere con gli strumenti della fisica teorica ed in particolare della teoria delle stringhe.
Se la massa di Planck, è circa uguale a quella di un milione di batteri, allora si potrebbe estendere la teoria delle stringhe anche alla biologia. Si potrebbe, per esempio, interpretare la molecola madre ionizzata e le onde elettromagnetiche emesse durante il suo fluire nell'organismo, utilizzate dall'omeopatia, come vibrazioni deboli di una stringa. Allora, sarebbe ragionevole attendersi un fenomeno di risonanza di tali vibrazioni con qualche frequenza appartenente allo spettro dei campi elettromagnetici connessi al moto degli ioni fra le strutture presinaptiche, oppure presenti sulla superficie di linfociti fluenti nel torrente sanguigno.
Si possono ipotizzare anche effetti indiretti. Ad una radiazione cosmica di energia pari a 10 elevato alla 11 eV, è associata una massa uguale a 10 elevato alla meno 51 Kg. Queste radiazioni hanno un notevole potere ionizzante delle particelle dell'aria fino al livello del suolo, accentuando il campo elettrico atmosferico con le sue implicazioni fisiologiche dell'organismo umano (meteopatie). Ciò implica che la radiazione cosmica potrebbe, almeno in parte, essere costituita da vibrazioni deboli delle stringhe (stringhe bosoniche, in quanto i fotoni, che sono bosoni, sono le particelle costituenti la radiazione cosmica), causa di possibili effetti indiretti sull'organismo.
Effettuiamo esplicitamente il calcolo per una particella avente una massa di 10 elevato alla meno 51 Kg. Avremo che: 10 elevato alla meno 51 Kg = 10 elevato alla meno 51 metri cubi = 10 elevato alla meno 17 metri. Quest'ultima lunghezza d'onda è uguale ad un'energia di 10 elevato alla 11 eV (elettronvolt), un'energia di vibrazione debole di stringa ottimamente correlabile con l'energia associata ai raggi cosmici.
Se la massa della particella, invece, è uguale a 10 elevato alla meno 42 Kg, sempre per il medesimo calcolo, si troverà una lunghezza d'onda pari a 10 elevato alla meno 14 metri, a cui è associata un'energia pari a 10 elevato alla 8 eV, energia correlabile ai raggi gamma.
[I fotoni che costituiscono la radiazione elettromagnetica dei raggi gamma, posseggono l'energia più alta che si possa associare allo spettro elettromagnetico. I raggi gamma sono perciò una radiazione che può penetrare la materia in profondità, e che interagisce con essa secondo processi quantistici, quali, in ordine rispettivamente crescente di energia, l'effetto fotoelettrico, l'effetto Compton e la produzione di coppie elettrone-positrone. Raggi gamma di energia più elevata si formano nel corso delle interazioni fra particelle].
E' inoltre interessante calcolare la densità di questi due valori trovati. Ricordando che la lunghezza di una stringa è uguale a 10 elevato alla meno 33 cm, avremo che:
L = 10 elevato alla meno 33 cm ; V = 10 elevato alla meno 99 cm cubi. Se la massa è uguale a 10 elevato alla meno 42 metri cubi avremo 10 elevato alla meno 36 cm cubi. Dalla relazione densità = Massa / Volume = 10 elevato alla meno 36 / 10 elevato alla meno 99 = 10 elevato alla 63.
Per una massa pari a 10 elevato alla meno 51 metri cubi, con lo stesso calcolo, otteniamo una densità pari a 10 elevato alla 54.
Entrambi i valori trovati per la densità di una vibrazione debole di stringa correlabile alla radiazione cosmica, sono elevati. E' quindi logico concludere che tali stringhe, essendo in numero considerevole, producano una enorme forza attrattiva, e che questo abbia un importante significato cosmologico.
Da quanto precede, possono evidenziarsi alcuni parallelismi fra:
1) La genesi delle manifestazioni spirituali dell'uomo, dovute all'interazione delle onde Fi (superstringhe, quindi stringhe fermioniche e bosoniche) con onde-particelle dell'organismo e le più deboli note vibranti delle stringhe (bosoniche, quindi appartenenti all'insieme F) con dimensioni nascoste nell'uomo;
2)La capacità di interlocuzione, mediante la stessa dimensione nascosta, del sistema nervoso e di quello immunitario nell'uomo;
3)L'entità del corpo, capace di esprimere la propria identità, colloquiando con tutte le sue componenti nel linguaggio della sua dimensione nascosta e la vita biologica stessa dell'organismo, legata alla continua interazione fra il sistema nervoso e quello immunitario.
Il reame del pensante è governato da un'anima che è il prodotto dell'interazione originaria del proprio io con un insieme di radiazioni esterne pregiate (l'insieme Fi, l'azione di superstringa). L'io può scegliere di interagire con le sollecitazioni di un'ampia banda dello spettro di onde, da quelle meno intense fino a quelle pregiate risuonando con queste ultime ed assumere energia infinita, seguendo un'orbita iperbolica, che lo libererà da ogni condizionamento, che tenterebbe di imprigionarlo, conducendolo a seguire un'orbita ellittica o parabolica, tipica dei sistemi chiusi. (Nel caso quindi che segua l'orbita iperbolica assumendo energia infinita, si ha che l'anima, quindi l'onda appartenente all'insieme Fi, raggiunge l'infinito, quindi l'insieme originario F (l'azione di stringa bosonica primordiale) , da identificarsi con l'Assoluto. Viceversa, seguendo l'orbita ellittica o parabolica tipica dei sistemi chiusi, l'anima tende a "ritornare", a "reincarnarsi" fin quando non diviene libera da ogni vincolo).
Alla luce del principio della conservazione dell'energia, riscontrabile in tutti i sistemi naturali, la morte dell'uomo sarebbe una vera e propria contraddizione, un'inspiegabile anomalia. Il principio di conservazione dell'energia giustifica la trasformazione della materia di cui è costituito il corpo; lo stesso principio deve valere per l'energia, che aveva governato prima l'organizzazione del corpo. Da quanto precede, quest'energia è espressa dalle onde esterne, le quali, esaltate per risonanza, lasceranno il corpo sopravvivendogli.
Difatti è cosa certa che un'onda forzata (quella dell'anima) incontri un'onda esterna con la quale possa interagire, essendo elevatissimo il numero di queste ultime (l'insieme Fi, quindi l'azione di stringa supersimmetrica, contenente fermioni e bosoni). E', perciò, possibile ipotizzare che le onde forzate siano assorbite da altre, aventi lo stesso periodo, e presenti ovunque e nello stesso tempo nell'universo.
Riguardo quelle persone dotate di carismi particolari e di grande spiritualità, i santi cioè, sono soggetti che, avendo scoperto di possedere alcuni talenti, li hanno esercitati attraverso la cultura, la preghiera e la pratica delle virtù. La Grazia piovendo incessantemente, attraverso le onde pregiate esterne sempre presenti, (l'insime F, l'azione di stringa bosonica iniziale) ha quindi potuto "risuonare" con le oscillazioni delle microstrutture, sviluppate dall'esercizio delle virtù, ed ha potuto talora compiere prodigi, che appartengono all'amore ed alla logica del Creatore, che chiama ciascuno di noi.
Iddio è stato sempre definito un'entità dinamica in perenne divenire; il Suo Flatus che "soffiò" sul puntino infinitesimale creando la Lux (radiazione elettromagnetica) del Big Bang, ossia le onde dell'universo (l'azione di stringa bosonica iniziale), non poteva esaurirsi lì. Quell'evento iniziale, attraverso l'arricchimento continuo delle sue stesse onde, amplificate mediante l'incontro con i santi e tornate nel suo seno, danno ad esse un fulgore ed una potenza sempre crescente nel tempo senza tempo (l'eternità). Quindi: l'Amore di Dio, attraverso i santi, ritorna a Dio.
Dopo il miracolo della creazione (il Big Bang) il Creatore ne ha compiuto un altro, a distanza di circa 15 miliardi di anni, per mezzo del quale tutta la Sua Potenza si è manifestata nella figura di Gesù di Nazareth. Quando il corpo del Nazareno cessò di vivere, le sue onde forzate (l'anima) non se ne accorsero nemmeno e ritornarono amplificate nell'universo, dove continuano a esistere (l'insieme Fi, l'azione di superstringa) e ad investire le nostre microstrutture, che possono, anche oggi, in qualche occasione, risuonare con loro, diffondendo intensamente onde pregiate di elevata energia (l'insieme F, l'azione di stringa bosonica iniziale), in grado di fluire nel nostro corpo, guarirlo e vitalizzarlo (i miracoli).
A questo punto, per concludere, è utile ripercorrere l'iter seguito dalla natura, partendo dalla famosissima relazione Energia = massa x velocità della luce al quadrato, che lega l'energia E alla massa m, la quale afferma che una massa inerte può derivare da un'onda (una stringa in vibrazione).
L'irraggiamento costituisce la modalità più comune della propagazione dell'energia nell'universo. Campi elettromagnetici indirettamente provocati da radiazioni cosmiche (vibrazioni deboli di stringhe bosoniche) possono interagire indirettamente in maniera risonante con quelli generati dal moto degli ioni nelle sinapsi delle cellule neuronali (anche questi deboli campi elettromagnetici sono correlati a vibrazioni deboli di stringhe bosoniche) amplificandoli.
Particolari interazioni e meccanismi risonanti e diffusivi, che hanno presieduto alla nascita dell'uomo, possono destare in lui reazioni che si manifestano come emozioni, creatività, etc. Il sistema uomo, dotato di un elevatissimo numero di gradi di libertà, ha anche la facoltà di governare queste emozioni, ed abituarsi ad interagire con le onde che le hanno determinate. Se ci si abitua a risuonare con le onde, che hanno destato emozioni di stupore di tipo artistico, scientifico, conoscitivo, contemplativo, allora, 1) si rafforzerà la capacità di quest'interazione, 2) si sarà felici, 3) mentre le onde forzate (l'anima, la Fi, quindi l'azione di superstringa), dotate di enorme energia, derivanti da tale interazione, potranno propagarsi dal corpo, nello spazio vuoto (nell'universo infinito) e per l'eternità (nel tempo senza tempo).
Sarà l'Amore, l'essenza della vita, ad unirci a Lui sin da questa vita ed a concederci di godere un anticipo di Beatitudine su questo pianeta, in attesa di quella piena che le anime (l'insieme Fi, l'azione di superstringa) godranno in eterno nell'Oceano (l'insieme F, l'azione di stringa bosonica iniziale), costituito dall'insieme di tutte le anime, dove sono presenti tutte le forze statiche e dinamiche animate dal soffio di Dio ed illuminato dalla Sua luce.
Michele Nardelli
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Avvicinarsi alla Fede attraverso la Scienza (M. Nardelli ) - parte II - 06:11, 6/27/2005
E' stato recentemente osservato che un fotone, che incontra nel suo percorso un corpo celeste interposto fra la sorgente e l'osservatore, impiega un tempo maggiore di quello di un gravitone. All'inizio, si è opinato che la velocità della luce potesse non essere la massima raggiungibile in natura. Era accaduto qualcosa di diverso: la dimensione "elettromagnetica" non aveva riconosciuto l'oggetto (il corpo celeste) e quindi non aveva potuto interagire, ossia penetrare la massa gravitazionale interposta ed era stata costretta a circuirla, a seguire un percorso più lungo, impiegando pertanto un tempo più lungo. Al contrario, il gravitone, in possesso della stessa dimensione della massa, l'aveva comodamente riconosciuta ed attraversata, oppure più semplicemente, si era propagato in essa. Qualcosa del genere accade alla stringhe. Esse implicano l'esistenza di dimensioni spaziali extra che sono arrotolate in modo da risultare invisibili ai nostri mezzi di osservazione, che non riescono, pertanto, ad intercettarle. Al contrario, le stringhe sono abbastanza piccole da accorgersene, e , nelle loro oscillazioni, sono marcatamente influenzate dalla forma geometrica delle dimensioni extra. Poichè i modi di vibrazioni delle stringhe ci appaiono come le masse e le cariche delle particelle elementari, si deduce che questi parametri fondamentali del nostro universo sono determinati, in larga parte, dalla forma e dall'estensione delle dimensioni compattate.
Le equazioni di questa teoria pongono stretti limiti alla forma che queste dimensioni extra possono assumere. In particolare, P. Candelas, G. Horowitz, A. Strominger ed Ed. Witten, dell'Università di Princeton, mostrarono che una particolare classe di spazi a sei dimensioni riusciva a soddisfare tutti i vincoli della teoria. Si trattava degli "spazi di Calabi-Yau".
Secondo la teoria delle stringhe, in ogni punto dello spazio visibile esistono sei dimensioni inaspettate, strettamente avvolte fino a formare un complicato oggetto geometrico: una varietà di Calabi-Yau.
Al di fuori del gergo, come non si fa fatica ad accettare lo spazio a quattro dimensioni (tre spaziali ed una temporale) che non è raffigurabile in forma geometrica, non dovrebbe, pertanto, essere difficile estrapolare ed accettare l'esistenza di altre dimensioni.
Gli spazi ad n dimensioni erano già stati formulati diversi secoli fa dai matematici. In matematica, una "varietà topologica di dimensione n" è uno spazio nel quale si può definire una misura e nel quale, ogni punto ammette un intorno I, in corrispondenza biunivoca e bicontinua con un punto di un altro spazio. Nel 1951, Eugenio Calabi dell'Università di Pennsylvania, ipotizzò che tutte queste varietà ammettono una metrica la cui curvatura dello spazio-tempo è nulla, proprietà dimostrata più tardi, nel 1977, da Yau, dell'Università di Harvard.
[In fisica, ad una raggio di curvatura nullo corrisponde uno spazio infinitesimo. E' importante sottolineare che, le sei dimensioni extra circolari del più semplice spazio di Calabi-Yau, sono grandi più o meno quanto la lunghezza di Planck. (Lo spazio di Calabi-Yau è quindi uno spazio infinitesimo). Una stringa arrotolata ha una lunghezza minima determinata dalla lunghezza della circonferenza della dimensione circolare e dal numero di volte che essa vi gira intorno. La lunghezza minima di una stringa determina la sua massa minima: dato che la circonferenza è proporzionale al raggio, il minimo della massa dipendente dal modo di avvolgimento di una stringa arrotolata, è proporzionale al raggio della dimensione circolare attorno alla quale si avviluppa. Ricordando l'equivalenza di massa ed energia, possiamo anche dire che l'energia di una stringa arrotolata è proporzionale al raggio della dimensione circolare. (Avremo, quindi, energie di stringa i cui valori vanno da quelli corrispondenti agli elettroni, protoni e neutroni, a quelli corrispondenti alle particelle delle varie interazioni, quindi fotoni, gravitoni, gluoni. Quindi enrgie estremamente basse, basse, medie, alte e altissime. Sicuramente, in questo intervallo di energie è compresa anche quella di 10 elevato alla 11 eV. n.d.a). Il numero di volte che una stringa si arrotola attorno alla dimensione circolare è detto il "numero di avvolgimento" della stringa. L'energia di avvolgimento della stringa, essendo determinata dalla lunghezza della stringa arrotolata, è proporzionale al prodotto del raggio e del numero di avvolgimento. Oltre a questa energia di avvolgimento, la stringa effettua anche movimenti di vibrazione. Dato che le vibrazioni uniformi hanno energie che dipendono in maniera inversamente proporzionale dal raggio, queste sono multipli interi dell'inverso del raggio, che nel nostro caso è uguale ad un decimo della lunghezza di Planck. Questi multipli interi si definiscono "numeri di vibrazione"].
I fondamenti di tale ipotesi si possono trovare nella teoria della relatività generale, secondo la quale, la curvatura dello spazio-tempo è determinata dalla distribuzione della materia e dell'energia dell'universo e viceversa, oppure, più schematicamente, fra il tensore di Ricci, che fornisce la misura della curvatura dello spazio-tempo, e l'energia.
[A questo punto mi sembra utile spiegare in maniera più dettagliata il tensore di Ricci e le sue proprietà. Il matematico Gregorio Ricci Curbastro, aveva concentrato il suo interesse a quel ramo della matematica che prende il nome di geometria differenziale e principalmente allo studio delle "varietà di dimensione arbitraria". Che cosa sono le varietà? Ad esempio, le varietà di dimensione 1 sono le curve (nel piano, nello spazio), le varietà di dimensione 2 sono le superfici. Diciamo che una curva ha dimensione 1, perchè possiamo individuare un punto su di essa con un solo numero (per esempio la distanza da un punto fissato). Invece, per descrivere un punto su una superficie ci occorrono due numeri (pensiamo alla latitudine e alla longitudine sulla superficie terrestre). Con uno sforzo di astrazione possiamo pensare ad oggetti, le varietà appunto, i cui punti possono essere individuati solo da 3, 4, 100 numeri, che chiameremo coordinate del punto. Questi oggetti costituiscono varietà aventi dimensione 3, 4 e 100. Naturalmente non possiamo "vedere" o "disegnare" oggetti di questo genere, perchè non potremo mai "rappresentare" un oggetto a 4 o più dimensioni nel nostro spazio a 3 dimensioni. Lo spazio-tempo della teoria della relatività di Einstein, è, ad esempio, una varietà di dimensione 4: 3 dimensioni per lo spazio, più una per il tempo. Su una superficie (in generale, su una varietà) ci sono infiniti modi di fissare un sistema di coordinate. Pensiamo ad un semplice esempio: sulla superficie della terra le coordinate geografiche dipendono dalla scelta dei poli e del meridiano di Greenwich (meridiano di riferimento), ma nessuno ci vieta di fissare altri poli ed altri meridiani di riferimento, e, quindi, coordinate diverse descriverebbero gli stessi punti. Il problema centrale per Ricci è quello di comprendere la curvatura di una varietà, come cioè una varietà si discosta da un piano. Per descrivere completamente la "curvatura di una varietà", Ricci introduce un nuovo concetto matematico, quello che più tardi verrà chiamato "tensore". Un tensore è un oggetto matematico molto complesso da maneggiare, che descrive simultaneamente il comportamento di numerosi parametri (ad esempio quelli che descrivono compiutamente la curvatura di una varietà). Quello che è fondamentale nella teoria di Ricci è che i tensori che descrivono una varietà cambiano con la scelta di un diverso sistema di coordinate, ma non le loro relazioni: ecco il concetto di quello che viene chiamato "calcolo differenziale assoluto". Tale calcolo è quindi indipendente dal sistema di coordinate scelto, come deve essere una legge fisica che è la stessa, indipendentemente dalle coordinate che utilizziamo per descrivere il mondo (nel caso della relatività, una varietà 4-dimensionale: lo spazio-tempo).
Questo è il linguaggio ed il sistema mentale che Einstein ha utilizzato per la sua teoria della relatività generale, in cui (semplificando al massimo), lo spazio-tempo è una varietà 4-dimensionale, le masse dei corpi modificano la curvatura, e la curvatura rappresenta la gravità. Le equazioni fondamentali di Einstein per descrivere l'universo, contengono precisamente quello che ora viene chiamato "il tensore di Ricci" di questa varietà.
Il tensore di Ricci è una particolare "contrazione" del tensore di Riemann ed è utile per descrivere certe caratteristiche della curvatura di una varietà. Il tensore di Ricci ha solo due indici ed è funzione del tensore metrico e del tensore di Riemann. Il tensore di Riemann, descrive la curvatura di una varietà in un suo punto. Il tensore metrico, determina, contiene in sè, tutte le proprietà metriche della varietà perchè con esso si "costruisce" l'elemento infinitesimo di distanza ds.
Il tensore metrico è simmetrico e contiene in sè solo le coordinate cuvilinee della varietà e non contiene le coordinate dello spazio euclideo che la contiene (la varietà).
L'elemento ds è un invariante, esso, quindi, non dipende dalla scelta delle coordinate curvilinee sulla varietà ed è per questo che la matematica degli spazi curvi fu chiamata dal Ricci "calcolo differenziale assoluto" prima ancora di venire chiamata "calcolo tensoriale".
Contraendo il tensore di Ricci si ottiene uno scalare (una grandezza priva di indici) che è invariante rispetto ad ogni cambiamento di coordinate curvilinee sulla varietà. Si ottiene cioè la cosiddetta curvatura scalare, che è funzione del tensore metrico e del tensore di Ricci. E' importante precisare che, per il tensore di Ricci si ha che se una varietà è piatta, allora esso è nullo, mentre se esso è nullo, non è detto che la varietà sia piatta. Il tensore di Ricci nel vuoto è nullo: questo significa che lo spazio-tempo (quindi la varietà 4-dimensionale) non è necessariamente piatto. L'equazione di Einstein ammette soluzioni per cui, in assenza di materia, la metrica non è piatta.]
In definitiva, secondo la teoria delle stringhe, lo spazio-tempo deve ammettere una metrica la cui curvatura spaziotemporale sia nulla, mentre lo stesso spazio-tempo sarebbe una entità decadimensionale (a dieci dimensioni), ossia le sei dello spazio di Calabi-Yau, più le comuni quattro dimensioni spaziotemporali.
Da quanto precede possono evidenziarsi alcuni parallelismi fra:
a) Gli insiemi di onde Fi ipotizzate nel libro di Palumbo "Dalla Fisica alla Metafisica", dalle quali sarebbero nate le strutture dell'universo e le onde emesse dalle stringhe vibranti generatrici delle particelle molto pesanti, presenti al momento del big bang, dal cui rapidissimo decadimento, sarebbero nate le particelle leggere familiari alla nostra esperienza;
b) La "musicalità" delle onde Fi, e la carica elettrica delle particelle;
c) L'interazione di un'onda di un insieme Fi con un'altra onda avente la stessa energia, ossia la stessa massa, (per esempio due atomi o due molecole) soltanto in presenza di un comune "linguaggio": quello del sincronismo delle vibrazioni, ed il mutuo riconoscimento delle note delle stringhe.
Giunti a questo punto, è utile soffermarsi su questi tre parallelismi, per il proseguimento della ricerca volta al conseguimento di ulteriori ed originali risultati per quanto concerne la teoria delle stringhe.
Analizziamo più in dettaglio la relazione:

Integrale da 0 ad infinito di Fi = F.

F rappresenta l'Anima Universale, l'inizio, il big bang, ossia, l'esplosione del buco nero dal quale si originò l'universo. Dal big bang, si sprigionarono tutte le onde immaginabili F. Al pari delle radiazioni elettromagnetiche, le quali constano di una successione continua di insiemi di onde, anche le radiazioni F sono costituite da insiemi parziali di onde, che designiamo Fi. Il parallelismo tra F con la teoria di stringa nasce dalla constatazione che anche un buco nero è possibile spiegarlo in termini di teoria di stringa.
I fisici teorici Morrison, Strominger e Greene, hanno mostrato che la connessione tra buchi neri e particelle elementari è strettamente imparentata con quei fenomeni che in fisica si definiscono "transizioni di fase". Tali studiosi hanno dimostrato che sussiste una stretta analogia sia fisica che matematica tra queste transizioni di fase e le transizioni attraverso "singolarità coniche"da unospazio di Calabi-Yau ad un altro. In altre parole, il nuovo modo di vibrazione di stringa di massa nulla, generato dalla transizione attraverso una "singolarità conica",è la descrizione microscopica della particella di massa nulla in cui si tramuta un buco nero. Si può cosìconcludere che, nel corso del processo in cui uno spazio di Calabi-Yau subisce una transizione attraverso una "singolarità conica", un buco nero, inizialmente massivo, diventa via via più leggero fino ad avere massa nulla ed è a questo punto che si tramuta in una particella di massa nulla, che, secondo la teoria delle stringhe, altro non è che una stringa eccitata in un particolare modo di vibrazione.
Secondo questa tesi, i buchi neri e le particelle elementari sono, in realtà, due fasi del medesimo substrato di stringhe. Nello stesso modo in cui la temperatura determina la fase in cui si trova l'acqua, la forma topologica delle dimensioni di Calabi-Yau determina se certe configurazioni della teoria delle stringhe appariranno come buchi neri o come particelle elementari. In altre parole, nella fase iniziale - la forma iniziale dello spazio di Calabi-Yau - (l'analogo della fase solida dell'acqua, diciamo) sono presenti certi buchi neri, mentre nella fase successiva - la forma che lo spazio di Calabi-Yau assume dopo la transizione attraverso "singolarità coniche" (la fase liquida dell'acqua) - questi buchi neri si "sciolgono", per così dire, ossia si trasformano in modi di vibrazione di stringa fondamentali. Lo "strappo" che lacera la trama dello spazio permette di passare da una "fase di Calabi-Yau" ad un'altra. Notiamo così che buchi neri e particelle elementari - come ghiaccio e acqua - sono due facce della stessa medaglia. I buchi neri si inquadrano in tal modo perfettamente nel contesto della teoria delle stringhe. (Ricordiamo che una singolarità conica è una transizione che modifica la topologia dello spazio-tempo).
Da questo l'idea che la F possa rappresentare il modo di vibrazione di una stringa fondamentale, e che questa sia bosonica, quindi di massa nulla. In tal caso al posto della F porremo l'equazione che descrive l'azione di una stringa bosonica, il cui modo di vibrazione dia origine ad un gravitone, che è una particella di massa nulla e che riconosce il linguaggio del buco nero. L'equazione può essere perfezionata ulteriormente utilizzando la soluzione di Scherk e Schwarz, i quali trovarono che uno dei modi di vibrazione della stringa rappresentava il gravitone. Al posto della generica azione di stringa bosonica, quindi, possiamo scrivere quella di una stringa la cui vibrazione corrisponde al gravitone. Ma, ricordiamo che l'universo si è andato progressivamente espandendo ed addirittura ora, alcuni studi sperimentali hanno rivelato che è in una fase di accelerazione. E' possibile, quindi, supporre che la F, cioè il modo di vibrazione della stringa fondamentale non sia il gravitone, ma la sua antiparticella, che quindi è alla base della gravità negativa e quindi dell'espansione inflazionaria dell'universo. E' utile anche osservare che già la stessa costante cosmologica di Einstein, prevedeva la gravità negativa, quindi un universo in espansione.
Nella dimensione spirituale, la religione cristiana afferma che il nostro corpo dopo il trapasso, diverrà incorruttibile e ritornerà giovane. La figura del Cristo è un esempio fondamentale di come il corpo possa rimanere giovane in eterno, quindi non soggetto al processo di invecchiamento. Una spiegazione di quanto appena affermato potrebbe essere la seguente. Essendo in una dimensione "senza spazio, senza massa e senza tempo", (al di fuori dello spazio e del tempo) il corpo, quindi le cellule di cui esso è composto, non sono soggette ad invecchiamento. Appare chiaro che sono il gravitone, il quanto della gravità (che, ricordiamolo, è curvatura dello spazio-tempo) e l'istantone (l'ipotizzato quanto del tempo), i responsabili dell'invecchiamento delle cellule, quindi del "trascorrere" del tempo. Da ciò si potrebbe ipotizzare che i quanti della gravità negativa e del tempo negativo, quindi l'antigravitone e l'anti-inflatone fanno in modo che le cellule rimangano "sospese nel tempo", quindi, giovani.
Da questo si può dedurre che la condizione ideale della gravità negativa (dell'antigravitone) è quindi tempo, spazio e massa negativi, che è identificabile con la fase che ha immediatamente preceduto il big bang, durata una frazione infinitesimale di secondo. Ma, come è risaputo, anche una frazione infinitamente piccola di secondo, per una particella che possiede una velocità luminale (cioè pari a quella della luce), può essere paragonabile ad un'eternità (ricordiamo a tale proposito la dilatazione del tempo e quindi il "rallentamento" dello stesso, in presenza di campi gravitazionali molto intensi o di velocità prossime a quelle della luce, prevista e verificata dalla teoria della relatività ristretta di Einstein).
Infine, ci sono molte prove del fatto che la nostra galassia, e quindi l'intero universo, sono immersi in una nube di "materia oscura" la cui natura deve ancora essere stabilita. La teoria delle stringhe ha un certo numero di modi di vibrazione che si candidano al ruolo. Ma visto il parallelismo tra la F, che rappresenta anche l'Anima Universale, e la teoria delle stringhe, è possibile che la materia oscura che permea l'intero universo non sia altro che l'Anima Universale, quindi anch'essa il modo di vibrazione corrispondente ad una stringa bosonica.
Ma F è anche identificabile con la varietà iniziale, cioè con lo spazio-tempo primordiale.
E' utile osservare che, la stringa bosonica richiede uno spazio-tempo a 26 dimensioni, mentre le superstringhe, vivono in uno spazio-tempo che ha solo 10 dimensioni.
Così, la stringa eterotica, che è una stringa supersimmetrica (altro modo di definire una superstringa), è il risultato di una strana ibridazione - eterosi - che prevede che i modi di vibrazione antiorari vivano in 26 dimensioni e quelli orari in 10 dimensioni.
E' stato dimostrato, teoricamente, che le 16 dimensioni extra richieste dalla stringa bosonica devono essere compattificate in spazi molto particolari a forma di "ciambella multidimensionale" e che esistono esattamente due possibilità, che danno luogo alle cosiddette teorie di stringa eterotica, la eterotica-E e la eterotica-O.
Nel nostro caso, ci riferiamo sempre alla varietà decadimensionale, quindi allo spazio-tempo della teoria delle superstringhe. Le 10 dimensioni, rappresentano, quindi, lo spazio-tempo prima dello "srotolamento" delle quattro dimensioni a noi familiari.
[A questo punto è opportuno fare una breve disgressione per chiarire meglio il concetto di superstringa, o meglio, di stringa supersimmetrica. In fisica, si distinguono due grandi famiglie di particelle: i fermioni (quark e leptoni), che sono associati a ciò che chiamiamo materia (ad esempio gli elettroni), ed i bosoni (fotoni, gravitoni, gluoni), che sono in genere associati alla propagazione di radiazione , o alla trasmissione di un'interazione, ad esempio quella elettromagnetica, la cui particella (o quanto) è il fotone. La differenza è data dal valore dello spin (la quantità di moto della particella), semintero per i fermioni (1/2, 3/2, ...), intero per i bosoni (0, 1, 2...). Proprio sullo spin si basa la supersimmetria, la quale lega tra loro le due grandi famiglie di particelle. Infatti, ad ogni tipo conosciuto di particella elementare, la supersimmetria associa quella che viene definita particella supersimmetrica o s-particella, il cui spin differisce di 1/2 rispetto a quello della particella originaria: ad ogni bosone viene quindi associato un fermione, e viceversa.
Le teorie di stringa bosonica, utilizzano uno spazio-tempo di 26 dimensioni. Al fine di essere fisicamente accettabili, in particolar modo per essere adatte a descrivere la materia e le interazioni conosciute, le teorie di stringa devono includere la supersimmetria. Ecco che quindi si parla di "superstringhe", per le quali la coerenza matematica impone un numero di dimensioni pari a 10.
E' interessante notare che, come ogni corpo, anche il nostro organismo è composto da fermioni (elettroni, neutroni, protoni) e da bosoni (interazioni gravitazionali ed elettromagnetiche), quindi da stringhe bosoniche e fermioniche, ossia superstringhe. E' infine importante sottolineare che la vibrazione di una stringa, per la relazione di Einstein, Energia = massa x velocità della luce al quadrato, permette la trasformazione dell'energia risultante in massa, e viceversa].
La Fi, rappresenta le "note" emesse dalle vibrazioni delle varie stringhe e quindi delle particelle del Modello Standard. L'insieme di onde Fi, oltre al contenuto energetico, racchiude anche un messaggio "musicale" che ripete quello più generale espresso dall'insieme originario di F. L'incontro tra insiemi di onde lunghe Fi, avrebbe dato non solo vita a quark e leptoni, ma avrebbe anche trasmesso, o meglio ripetuto loro la "musicalità", e cioè il messaggio universale di F: quello di organizzarsi in strutture atomiche e poi molecolari, secondo le forze gravitazionali, elettrodeboli e nucleare forte, e di conservare la loro identità ed il loro ruolo.
Da questo l'idea che la Fi possa rappresentare il modo di vibrazione di una stringa supersimmetrica, contenente quindi fermioni e bosoni (le particelle costituenti il nucleo atomico, quindi, protoni, neutroni ed elettroni e quelle che mediano le forze gravitazionali, elettrodeboli e nucleare forte, quindi, gravitoni, fotoni, bosoni W+- e Z0 e gluoni). In tal caso al posto della Fi porremo l'equazione che descrive l'azione di una stringa supersimmetrica, i cui modi di vibrazione danno origine a fermioni e bosoni.
Tra le varie equazioni si è preferito scegliere l'equazione che descrive la superstringa eterotica.
Ma, come per la F, anche Fi è identificabile con una varietà n+m, dove n = 6, è la varietà (o spazio) di Calabi-Yau, in cui le 6 dimensioni sono compattate in un complicato oggetto geometrico, mentre m = 4 è la varietà quadridimensionale dell'ordinario spazio-tempo.
Quindi, la relazione definita sopra:

Integrale da 0 a infinito di Fi = F , alla luce di quanto detto, diverrà:


Integrale da 0 a infinito dell'azione di stringa eterotica supersimmetrica =
= - azione di stringa bosonica relativa alla gravità negativa.
Il segno meno, è stato posto per indicare che l'azione di stringa bosonica fondamentale deve essere repulsiva, quindi, il quanto di essa sarà l'antigravitone.

Abbiamo parlato di varietà. Sia lo spazio a dieci dimensioni originario della teoria di superstringa, sia quello di Calabi-Yau delle sei dimensioni extra che si sono compattificate e non estese, sia quello quadridimensionale a noi più familiare, sono delle varietà, cioè degli spazi rispettivamente a 10, 6 e 4 dimensioni.
Per approfondire l'argomento, dobbiamo esprimerci nel linguaggio del Calcolo Differenziale Assoluto, ideato dal matematico Gregorio Ricci Curbastro, che è stato utilizzato anche da Einstein per formulare matematicamente la sua teoria della relatività generale.
Alcuni teoremi, che esporremo ed inerenti le varietà, sono ottimamente correlabili con la teoria delle stringhe e con il parallelismo di questa con ciò che prima abbiamo detto a riguardo della F e della Fi. Difatti, la F, rappresenta la varietà originaria, cioè lo spazio a dieci dimensioni già citato, mentre la Fi, rappresenta lo spazio di Calabi-Yau, quindi lo spazio inerente le sei dimensioni arrotolate. Ricordiamo, inoltre, che lo spazio di Calabi-Yau, scelto come forma delle dimensioni compattificate, porta a modi di vibrazione di stringa corrispondenti alle particelle elementari.
Tali teoremi potranno, quindi, fornire dei metodi originali idonei a ricavare soluzioni alle equazioni della teoria di superstringa.
Prima di esporre i teoremi che ci interessano, richiamiamo alcuni concetti importanti.
Ricordiamo che si definisce "geodetica", la linea più breve che congiunge due punti su una superficie e che, nel caso della geometria spaziotemporale, essa è una curva.
L'elemento lineare (o, equivalentemente, il "tensore metrico") svolge un ruolo centrale nello studio di una varietà riemanniana: da esso, infatti, si possono desumere le principali caratteristiche geometriche della varietà, tra cui le proprietà delle geodetiche e la curvatura. L'elemento lineare è, in altre parole, la distanza tra due punti di una generica varietà n-dimensionale infinitamente vicini tra loro.
Ricordiamo, infine, che un sistema n-1 volte infinito di linee tracciate in una varietà fondamentale è definito "congruenza di linee", o, più semplicemente, "congruenza". Le linee appartenenti alla congruenza di un sistema coordinato controvariante sono "geodetiche" nella varietà fondamentale.
[Per comprendere la controvarianza è utile definire un concetto molto importante usato sia nel linguaggio fisico, sia in quello matematico, quello di "covarianza". Per descrivere i fenomeni fisici, tutti i sistemi di coordinate, riferite ad uno spazio curvo, sono equivalenti, ossia le leggi della fisica devono avere la stessa forma rispetto a sistemi di riferimento arbitrari in cui si usano coordinate riferite ad uno spazio curvo. Le equazioni delle teorie fisiche, quindi, devono essere scritte in una forma che resti invariata quando si passa da un sistema di coordinate ad un altro. Le equazioni delle teorie fisiche devono cioè essere "covarianti". E' logico dedurre che la controvarianza presuppone una variazione quando di passa da un sistema di coordinate ad un altro].
Veniamo adesso ai teoremi veri e propri.
1) Si definiscono varietà geodetiche di una Vn+m (con n = 6 ed m =4), quelle varietà Vn che possono considerarsi "immerse" in Vn+m e che godono della proprietà che ogni linea geodetica di Vn è tale anche per Vn+m. Se una Vn+m contiene una "famiglia" (un insieme) semplicemente infinita di ipersuperfici (cioè superfici ad n dimensioni) geodetiche Vn, le traiettorie ortogonali (che formano cioè un angolo retto) di queste, costituiscono una congruenza principale di Vn+m (quindi un sistema n-1 volte infinito di linee tracciate in una varietà fondamentale, in tale caso in Vn+m). E' facile constatare il parallelismo con la teoria delle stringhe, identificando la varietà Vn con lo spazio-tempo a sei dimensioni di Calabi-Yau (quindi con Fi), il quale è immerso nella varietà Vn+m, cioè nello spazio-tempo decadimensionale originario della teoria di superstringa (quindi F). Nel caso in esame, è importante sottolineare che, al posto di linee e geodetiche si dovranno considerare stringhe aperte e/o chiuse.
2) In una varietà qualunque ad n dimensioni Vn (in questo caso n sarà uguale a 10 ed m a 4), diremo che le congruenze [n-m+1], [n-m+2],..., [n] costituiscono una "emmupla ortogonale" di Vn, se esistono infinite elevato alla m sottovarietà Vn-m di Vn, tali che le linee delle dette congruenze incontrino sotto angolo retto tutte le linee tracciate sopra una Vn-m qualunque. Diremo, inoltre, che le congruenze [1], [2],..., [n-m], costituiscono una (n-m)-upla "geodetica" di Vn, se esistono infinite elevato alla n-m+1 congruenze geodetiche di Vn, le cui linee siano ortogonali a quelle delle congruenze [n-m+1], [n-m+2],..., [n]. Anche in questo teorema è chiaro il parallelismo con la teoria di stringa, identificando la varietà Vn con lo spazio-tempo decadimensionale originario della teoria di superstringa (quindi con F) e le sottovarietà Vn-m di Vn con gli spazi di Calabi-Yau a sei dimensioni (quindi con Fi). Anche qui, al posto di linee e geodetiche si dovranno considerare stringhe aperte e/o chiuse.
Traduciamo ora i due teoremi su esposti, nel linguaggio della teoria di stringa. Per il teorema (1), avremo che: Si definiscono varietà geodetiche di una varietà decadimensionale V10, (lo spazio-tempo decadimensionale originario, quindi l'insieme F) quelle varietà a sei dimensioni V6 (le varietà di Calabi-Yau, quindi l'insieme Fi), che possono considerarsi "immerse" nella varietà decadimensionale V10 e che godono della proprietà che ogni stringa di V6 è tale anche per V10. Se una varietà decadimensionale V10 contiene un insieme infinito di superfici geodetiche a 6 dimensioni V6, le traiettorie ortogonali di queste, costituiscono un sistema infinito di stringhe situate nella varietà fondamentale, quindi in V10, cioè nella varietà decadimensionale originaria.
Per il teorema (2), avremo che: In una varietà qualunque a 10 dimensioni V10 (lo spazio-tempo decadimensionale originario, quindi l'insieme F), diremo che i sistemi infiniti di stringhe situate nelle varietà V7, V8,..., V10, costituiscono una "4-upla ortogonale" di V10, se esistono infinite (elevato alla 4) sottovarietà a 6 dimensioni V6 (gli spazi di Calabi-Yau, quindi l'insieme Fi) di V10, tali che le stringhe dei detti sistemi incontrino sotto angolo retto tutte le stringhe situate in una varietà a 6 dimensioni V6 qualunque. Diremo, inoltre, che i sistemi infiniti di stringhe 1, 2, ...,6, costituiscono una 6-upla "geodetica" della varietà a 10 dimensioni V10, se esistono infiniti (elevato alla 7) sistemi infiniti di stringhe di V10, le cui stringhe siano ortogonali a quelle dei sistemi 7, 8,...,10.

Michele Nardelli
2 Commenti Scrivi Commento
Avvicinarsi alla Fede attraverso la Scienza: i sistemi dinamici, la fisica del caos e la teoria delle superstringhe (M.Nardelli) - parte I - 12:08, 6/5/2005
In una sua recentissima ed interessantissima tesi, il fisico dell'Università di Napoli Federico II,Prof.A.Palumbo afferma:
"Tutte le leggi fisiche sono valide nell'ambito di un ristretto intervallo di definizione,
oltre il quale riservano notevoli sorprese, evidenziate dall'analisi grafica dei sistemi dinamici, come la trasformazione catastrofica di un punto "attrattore" (buco nero) in punti "repulsori" (big bang, repulsione dei quark). Ciò vale anche per l'interazione elettromagnetica che genera e governa i reami del vivente e del pensante". Scopo della presente tesi è quello di descrivere in maniera dettagliata e poi approfondire, l'originale lavoro svolto dal Prof.Antonino Palumbo, descritto in svariati testi quali "Dalla Fisica alla Metafisica", "Origine e immortalità dell'anima", "Il mistero nel fenomenico", "Futuro prossimo". Di questi soprattutto i primi due mi sono stati di grandissima utilità per lo svolgimento della ricerca che descriverò nelle pagine che seguono. Mostrerò il parallelismo esistente tra le ipotesi del Palumbo e la teoria di superstringa, che mi ha condotto alla scoperta di alcune relazioni originali utili per l'ulteriore sviluppo matematico di una Teoria del Tutto.
E' noto che la materia è composta di masse e cariche subnucleari e che la massa è un concentrato di spazio-tempo. Si conosce poco delle cariche e si ipotizza che esse siano riconducibili alle dimensioni non espanse del "superspazio", le cui dimensioni non sono le quattro a noi familiari, ma forse quarantatre. Si presume che le dimensioni nascoste siano "arrotolate" in uno spazio infinitesimo tale da renderle impercettibili, così come lo erano, nei primissimi istanti di vita dell'universo, anche le dimensioni note spaziali e temporali. In un universo con più di tre dimensioni spaziali, la vita sarebbe complicata. Ad esempio, la forza gravitazionale tra due corpi nell'attuale spazio a tre dimensioni diminuisce di un quarto al raddoppiare della distanza; in quattro dimensioni diminuirebbe ad un ottavo, in cinque ad un sedicesimo, e così via. Le conseguenze sarebbero disastrose: le orbite dei pianeti che si muovono intorno al Sole sarebbero fortemente instabili, e la Terra rischierebbe di immettersi su una traiettoria a spirale che la condurrebbe o a precipitare nel Sole, o ad allontanarsi sempre più da esso. Sembra quindi che la vita, così come la conosciamo, possa esistere solo in regioni dello spazio-tempo in cui una dimensione temporale e tre dimensioni spaziali non siano arrotolate in una minuscola "palla", bensì distese. Prigogyne ipotizzò che il non equilibrio potesse essere visto come una sorgente di organizzazione e di ordine. Sempre secondo Prigogyne, la materia, lontana dall'equilibrio, acquisisce nuove proprietà: il non equilibrio porta, dunque, alla non linearità, alla creatività, alla comparsa di proprietà nuove, alla vita.
I successi della fisica sono legati alla capacità della scuola moderna di identificare una forza unica in Natura. Il traguardo non appare lontano, tanto che oggi tutto l'universo subnucleare è spiegato da due sole categorie: i quarks ed i leptoni. Secondo la teoria detta "Supersimmetria", meno di un miliardesimo di secondo dopo il big bang, l'esplosione che diede origine alla struttura cosmica, a meno della gravità, le altre forze fondamentali della Natura (quella elettromagnetica, quella nucleare debole e quella nucleare forte) erano "una cosa sola" e con la stessa densità di energia. L'universo si è formato dalla "luce", che è energia raggiante costituita da uno spettro di lunghezze d'onda che vanno da quelle infinitamente piccole a quelle delle energie sempre meno "pregiate": da quelle dei fotoni, dell'ultravioletto, del visibile, dell'infrarosso, del termico, del sonoro, etc. Con queste onde è partito da un punto infinitesimale il big bang, o più probabilmente "uno" dei big bang della "serie" che ignoriamo, ma che non per questo possiamo escludere. Forse potrebbero essersi verificati in un lontano passato, visto che il tempo non esiste. Difatti, se ci poniamo, come è ragionevole, "fuori del tempo", possiamo parlare di un "eterno presente". Sappiamo che l'energia in natura degrada da quella più pregiata a quella meno pregiata, perciò è possibile immaginare che dalle onde originarie più pregiate del big bang, siano derivate le onde, le masse ed il "caos" primordiale.
Einstein ritenne che, per equilibrare la gravità, che avrebbe finito per contrarre tutti i corpi, dovesse esistere una forza di gravità negativa con effetto opposto (la cosiddetta costante cosmologica). Oggi le osservazioni mostrano che la sua intuizione era giusta: questa forza è presente in tutto lo spazio, nello stesso vuoto capace di creare e distruggere materia ed antimateria. Si tratta di una forza "dominante", rappresentando i 2/3 di quella dell'universo.
Agli inizi di questo millennio un gruppo di astrofisici, tra i quali Paolo De Bernardis dell'Università "La Sapienza" di Roma ed Andrew Lange del "California Institute of Technology", ha captato una radiazione cosmica di fondo, confermando i risultati di Arno Penzias e Robert Wilson. Tale scoperta è stata importante in quanto ha provato che l'universo è stato originato dall'enorme esplosione nota con il nome di big bang.
Infatti, secondo il modello del big bang all'inizio tutto l'universo, materia ed energia, era raggruppato in un solo punto con una densità ed una temperatura al di sopra di ogni immaginazione. Circa 15 miliardi di anni fa, inspiegabilmente, questo punto "esplose" e cominciò ad espandersi, diffondendosi nello spazio circostante ed andandosi continuamente a raffreddare. La radiazione di fondo cosmico è proprio quello che resta, il fossile di questa enorme esplosione iniziale. La scoperta, recentissima, ha dimostrato che questa radiazione non è proprio esattamente "isotropa", vale a dire "non è completamente uguale ovunque si guardi". Da queste piccolissime "disomogeneità" della temperatura di fondo, i predetti ricercatori hanno calcolato la curvatura dell'universo, la sua massa ed il suo destino. La nuova scoperta dimostra che la massa dell'universo è tale che le stelle e le galassie si allontaneranno le une dalle altre sempre di più; si disperderanno in uno spazio sempre più ampio, finchè tutto si disgregherà e tutto tornerà ad essere buio e freddo. Se quest'universo poteva provenire da uno precedente che si sarebbe contratto fino ad un punto, alla luce di quest'ultima scoperta viene da chiedersi da dove abbia potuto avere origine questo universo. Secondo il fisico Stephen Hawking ed altri, un buco nero potrebbe essere un punto di passaggio tra due universi che non comunicano tra loro, a condizione che venga usato il tempo "immaginario", un concetto matematico ben definito.
In fisica i fenomeni vengono classificati in deterministici e "caotici": in realtà i fenomeni naturali possono definirsi "caotico-deterministici", così come proposto da J. Jorkie dell'Università del Maryland, per cui assume spesso significato pratico dedurre dall'evoluzione dei sistemi caotici segnali deterministici, se presenti con elevata significatività statistica ed ampiezze rilevanti. Se fosse possibile risalire tutta la catena che lega un fenomeno dipendente da un primo fenomeno dal quale esso trae origine, si scoprirebbe che questo "primo motore immobile", o attrattore esterno (buco nero), è molto semplice ed ordinato. Il tentativo di ricercare un modello semplice ed unificante della conoscenza è presente nelle più recenti scoperte che ci ripropongono il "fenomenico" governato da pochi principi semplici: questa strada è stata percorsa con successo dalla fisica con la ricerca della "supersimmetria".
Ma andiamo ad analizzare i caratteri generali dei sistemi naturali.
1) Sono retti da un grandissimo numero di parametri stabili, identificabili nei meccanismi interni di controllo che adeguano il sistema alle sollecitazioni esterne in maniera generalmente ciclica (immanenza).
2) Sono caratterizzati da un'autosimilarità spaziale e temporale (tendenza a riassumere la stessa forma ed a ripetere la medesima evoluzione temporale, tipica delle forme frattali) che spiegherebbe l'osservata ripetitività delle forme e l'analogia nell'evoluzione fisiologica tra i diversi sistemi naturali.
3) Sono governati dalle sollecitazioni esterne, indispensabili all'evoluzione dei sistemi che, senza di queste, tenderebbero alla morte termica.
4) Sono designati dall'impredicibilità della loro evoluzione strettamente connessa e dipendente dalle condizioni iniziali (caoticità) e dalla risposta non lineare (complessità) all'azione delle perturbazioni esterne.
5) Sono governati dalla ripetitività della evoluzione ciclica, ma in realtà gli avvenimenti principali si sono verificati in maniera imprevedibile, causati da perturbazioni inattese di eventi esterni di per sè insignificanti, ed in grado di decidere la loro sorte.
6) Sono diversi da quelli presentati dalla Scienza.
7) Sono governati per la maggior parte dal "caos"; tra quelli retti dal cosiddetto "ordine", solo i sistemi "aperti", lontani dall'equilibrio termico, vivono e si espandono.
Il caos ed il non equilibrio generano e sviluppano la vita dei sistemi.
8) Sono quasi tutti impredicibili in quanto anche se organizzati od autoorganizzati, mostrano una evoluzione dipendente dalle fluttuazioni e dai tempi, ignoti ed imprevedibili, nella loro permanenza in diverse condizioni di equilibrio.
Quando il Creatore pronunciò il suo: "Sia la luce", il big bang che circa 15 miliardi di anni fa diede origine all'universo, comparve la "Luce" e "L'inizio". "In principio era il Verbo" (la Parola che pronunciò il "Sia la luce"). Null'altro che il Verbo, una forma astratta non definita di energia infinita e contenuta in uno spazio zero, come il punto di Euclide, "che è ciò che non è", nel senso che pur essendo talmente piccolo quanto l'inesistente, nel contempo esiste. In principio, in effetti, tutto l'universo era proprio contenuto in quel punto immateriale. "In lui era la Vita"; con questa Parola venne creata la vita, e "la Vita era la luce degli uomini". Infatti, nella larga banda dello spettro della radiazione, sono contenute anche quelle radiazioni con le quali sono stati creati gli uomini. "Luce" significa energia raggiante, che deve coprire tutto lo spettro delle frequenze immaginabili e che poi può trasformarsi in massa. Queste onde, che migrano per l'universo, seguono tutte le leggi fisiche della propagazione. Dal big bang partirono "tutte" le onde possibili e queste, a loro volta, si ripartirono in un'infinità di treni d'onda, per diffondere l'energia iniziale del "Sia la luce". Un miliardesimo di secondo dopo l'esplosione del big bang, che diede origine all'universo, si "srotolarono" le forze elettrodebole e nucleare forte. Queste, insieme alle forze gravitazionali, ossia le tre forze fondamentali dell'universo, si espressero attraverso onde di tutte le possibili frequenze, che si propagarono, subendo tutte le modifiche che si conoscono dalla fisica. Onde sincrone, cioè con la stessa frequenza, spesso s'incontrarono tra loro, e trovandosi talvolta in concordanza di fase, entrarono in risonanza. L'energia di un'onda è legata al quadrato della sua ampiezza, sicchè le onde forzate così generate assunsero una notevole energia. L'energia è legata alla massa secondo la relazione di Einstein (Energia = massa x velocita della luce al quadrato); sembra perciò ammissibile che le comuni strutture che osserviamo possano essere derivate da strutture primordiali che si siano potute formare anche dall'incontro di onde sincrone. Ogni struttura ha un proprio periodo di oscillazione e, per la legge di Kirchhoff, è capace di emettere quelle stesse radiazioni (oscillazioni) che è in grado di assorbire. Tutte le strutture dell'universo, dalle galassie agi atomi, sono oscillanti con propri periodi. Si può ipotizzare l'esistenza di altre strutture e altre proprietà di queste, capaci di vibrare e quindi di trasmettere e ricevere messaggi, costituiti da lunghezze d'onda tipiche di energie pregiate come la vita, il sentimento, il pensiero, delle quali si conosce l'esistenza, ma non la genesi, nè si riesce a modellarle da un punto di vista fisico. Dal momento che l'esplosione originaria "F" contiene tutte le frequenze e lunghezze d'onda, ve ne sarà certamente qualcuna, od una ristretta banda Fi, appartenente sempre allo spettro di F, con oscillazioni, più o meno pregiate, sincrone con una o più frequenze delle predette strutture. Queste, a loro volta, investite da Fi, possono entrare in risonanza e dare vita a nuove espressioni emissive.
L'insieme delle onde Fi (l'anima) può vivere e propagarsi solo nel vuoto; la sede dell'anima potrebbe essere il vuoto, che costituisce essenzialmente tutto l'universo; la sua struttura potrebbe essere simile a quella dei neutrini. Assimilando le onde ai gas, è possibile immaginare che l'anima, l'insieme di onde Fi, una volta slegata dal corpo tornerebbe nell'oceano originario di F.
Le onde longitudinali, che si propagano nella stessa direzione del moto, sono più veloci di quelle trasversali, che si propagano nella direzione normale a quella del moto. Il rapporto tra le due velocità è pari alla radice quadrata di 3. Il maggior tempo di propagazione delle onde trasversali è legato al maggior percorso che esse devono seguire per arrivare dal punto di partenza a quello di arrivo. Da tale ragionamento segue che, a parità di ampiezza, più lunga è l'onda trasversale, più essa si approssima a quella longitudinale, e quindi si propagherà più velocemente. Al contrario, minore è la lunghezza, e più essa si avvicina alla forma tipica dell'onda trasversale, che risulterà pertanto più lenta. Ciò è espresso anche dalle relazioni: 1) velocità = lunghezza d'onda/periodo
2) velocità = lunghezza d'onda x frequenza
che legano la velocità alla lunghezza d'onda ed al periodo (oppure alla frequenza), che valgono tanto per le onde longitudinali che per quelle trasversali. La seconda espressione dice che, a parità di frequenza, la velocità cresce con la lunghezza d'onda. In conclusione, in qualche punto dell'universo lontano dal puntino infinitesimale dal quale è partito il big bang, l'incontro di "onde lunghe" avrebbe generato inizialmente quarks e leptoni, che si sarebbero successivamente aggregati in atomi. Gli atomi, investiti da una radiazione con una lunghezza d'onda più breve delle precedenti, avrebbero dato vita alle molecole. Una radiazione ancora più corta avrebbe poi investito due o più molecole per formare composti; le molecole si sarebbero successivamente organizzate in forme sempre più complesse fino a quelle del RNA (acido ribonucleico).
Il Creatore avrebbe originato prima la "Luce" "F", poi avrebbe affidato alle radiazioni della sua F i successivi atti creativi. L'ultimo di essi sarebbe avvenuto dall'incontro tra un insieme di onde Fi, contenute in una ristretta banda di frequenze ed appartenenti ad F, caratterizzate da lunghezze d'onda cortissime, con una ed una sola struttura materiale, vibrante in maniera sincrona con le oscillazioni di Fi: mediante quest'incontro, il Signore avrebbe creato l'uomo.
Gli insiemi Fi sono costituiti da onde contenute in bande ristrette dello spettro emissivo di F e quindi rappresentano un continuum, sia pure contenuto, di lunghezze d'onda. Gli insiemi Fi rappresentano delle individualità, in quanto differiscono tra loro, così come tutte le strutture naturali. Ogni struttura naturale è poi caratterizzata da un periodo di oscillazione proprio. La risonanza tra le onde contenute nello spettro di un insieme Fi e le corrispondenti sincrone oscillazioni delle microstrutture di un organismo, che conferiscono ad esso la vitalità rappresenta pertanto una singolarità. L'emissione risonante e profonda, derivante dall'incontro sincrono tra le oscillazioni proprie intime di un individuo, o le microstrutture interne ad esso e le corrispondenti onde di Fi, conferisce il carattere al soggetto, che esprime così le sue onde portanti, difficilmente modificabili dall'ambiente, le cui perturbazioni possono soltanto sovrapporsi ad esse.
L'insieme di onde Fi, oltre al contenuto energetico, racchiude anche un messaggio "musicale" che ripete quello più generale espresso dall'insieme originario di F. L'incontro tra insiemi di onde lunghe Fi avrebbe non solo dato vita a quarks e leptoni, ma avrebbe anche trasmesso, o meglio ripetuto loro la "musicalità", quindi il messaggio universale di F che si può enunciare come: organizzarsi in strutture atomiche e poi molecolari, secondo le forze gravitazionale, elettrodebole e nucleare forte, conservando la loro identità ed il loro ruolo. Insiemi di onde più brevi, altre Fi, con analoga modalità avrebbero ripetuto alle molecole lo stesso messaggio e queste, organizzandosi, avrebbero dato vita alle strutture pure conservative del RNA e del DNA. Il messaggio trasmesso da altre onde più pregiate e più intense, altre Fi, avrebbe obbedito più, "alla lettera", al motivo del "ricordare" e del "riprodursi" della cellula vivente. Con questa informazione è possibile ipotizzare che altre onde ancora più pregiate ed inesplorate Fi, avrebbero potuto trasmettere un messaggio "catastrofico" a qualche gene della numerosissima popolazione, arricchendolo di nuove e peculiari proprietà che consentono le espressioni dello spirito. In questo modo il Creatore avrebbe creato l'uomo, "a Sua immagine e somiglianza". Il germe della vita spirituale dell'uomo, sarebbe stato creato ad opera delle onde di Fi che poi ritorneranno ad essere energia pura quando si riuniranno all'oceano F con la loro dipartita dal corpo, momento che coincide con il trapasso dell'uomo. Il numero è espressione della frequenza di una nota musicale: le onde Fi sono esprimibili in numeri, perciò in matematica e quindi in musica. La musica di F è riprodotta e trasmessa dagli insiemi Fi, che imprimono, pertanto, alle strutture dei reami dell'inerte e del vivente quei caratteri informativi, che la ricerca ha identificato nel linguaggio matematico.
La velocità della luce è di 3 x 10^10 cm/sec; nell'ipotesi che le onde di Fi avessero la lunghezza pari a 10^-4 cm, ed una frequenza pari a 10^16 (cioè dieci volte maggiore di quella elettromagnetica) il prodotto di questi due ultimi valori, che fornisce la velocità, sarebbe uguale a 10^12 cm/sec, pari a circa cento volte quella della luce. In conclusione, il modello qui proposto, sarebbe accettabile a condizione che la velocità della luce non fosse la massima raggiungibile in natura, così come affermato da Einstein. (Giova a questo punto notare che nel 1967 Feinberg ha osservato che nella fisica quantistica, dove l'energia cambia in modo discontinuo e le particelle possono essere create o distrutte, sono possibili particelle più veloci della luce, i cosiddetti "tachioni". L'esistenza dei tachioni è compatibile con la relatività speciale, purchè si ammetta che essi vengano creati direttamente a velocità iper-c. In questo modo non si pone il problema del superamento della "barriera della luce" dove la massa diventerebbe infinita. Se ci riferiamo ai "buchi neri" della gravitazione si arriva all'interessante risultato, ottenuto dal fisico Giuseppe Arcidiacono con la sua teoria denominata "relatività estesa", che una comune particella con velocità sub-c in caduta libera, al di fuori dell'orizzonte degli eventi, diventerà un tachione all'interno dell'orizzonte. E poichè una particella, per uscire da un buco nero, in cui non può sfuggire nulla neppure la luce, deve avere velocità iper-c, se ne deduce che i buchi neri possono essere "sorgenti" di tachioni. I tachioni si incontrano anche nel campo della fisica delle particelle. Per esempio, nel caso delle interazioni forti, si trova che le particelle cosiddette "virtuali" hanno il vettore quantità di moto di tipo spaziale, e la stessa cosa accade per i tachioni: questo suggerisce che le particelle virtuali possono essere interpretate come tachioni). Dopo questa parentesi è possibile azzardare l'ipotesi che la velocità delle onde Fi sia possibile correlarla alla velocità di un "treno d'onda tachionico".
La densità dell'universo è uguale a 10^-30 g/cm^3 (cioè un centimetro cubo contiene appena un millesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo di materia, che è poi anch'essa "vuota" se si considerano le distanze intra-atomiche). Questo vuol dire che l'universo è essenzialmente "vuoto". Se poi si pensa che anche ciò che sembra pieno (un atomo) in realtà è vuoto, in quanto lo spazio intra-atomico è relativamente abbondante quanto lo spazio Terra-Sole, allora si può praticamente ben dire che l'universo è vuoto. La sede dell'anima (Fi) è il "vuoto" del corpo: non potrebbe vivere nel pieno perchè a causa dell'elevatissima frequenza, le sue vibrazioni si attenuerebbero subito. Nel vuoto del corpo l'anima "eccita" alcune microstrutture capaci di vibrare in maniera sincrona con la sua, generando la vita in modo misterioso. Perciò l'anima (Fi), scintilla di Dio, è nel vuoto tutto, infinito ed incomprensibile e quindi anche nel vuoto del corpo, dal momento che il vuoto non ha soluzione di continuità.
Gli insiemi Fi, nati dopo il big bang, preesistevano all'uomo, erano addirittura già presenti nella mente di Dio perchè erano uniti ad F sin da quando il Creatore "eccitò" il punto (euclideo) nel quale era contenuto tutto l'universo. F non ha presente nè passato; ne consegue che gli insiemi Fi non sono coevi (della stessa epoca) al corpo. Prima della comparsa delle prime microstrutture oscillanti con frequenze sincrone con le onde Fi, queste già esistevano nel cosmo tutto, in quanto facenti parte sostanziale di F, che, come i gas, occupa tutto lo spazio disponibile.
Il vuoto, sede di tutti gli insiemi Fi, è un "continuum" interminabile. Il vuoto è vero perchè lo osserviamo. Il vuoto, inoltre, secondo la fisica, si comporta come la materia, in quanto presenta gli stessi fenomeni, compresa la produzione di particelle. Più che immortale è "eterno" in quanto immanente sede di Lui, il cui solo "Sia" in un certo senso può vedersi come l'integrale da zero a infinito di tutte le Fi, cioè:

Integrale da zero a infinito di tutte le Fi = F = anima universale

Una favilla F di Lui nel corpo "eccita" la vita, così come, a scala più ampia, fa collassare una galassia e fa espandere l'universo. Infine, F vive al di fuori del tempo t = 0 e t = infinito ed occupa da sempre tutto lo spazio vuoto dove si toccano e si perdono i contorni LUI = infinito e NOI = 0.
Per le onde Fi la frequenza delle vibrazioni è così alta, da occupare uno spazio talmente piccolo (il suddetto punto di Euclide), che può confondersi con lo stesso vuoto incontaminato ed incontaminabile. Queste vibrazioni, non soggette in pratica ad attenuazione, sono quindi capaci di propagarsi all'infinito e per l'eternità.
Arno Penzias e Robert Wilson, scoprirono una radiazione diffusa uniformemente nello spazio: la radiazione fossile, eco della grande esplosione avvenuta al momento della nascita dell'Universo. Questa scoperta fu la prima conferma sperimentale del big bang.
Il corpo dell'uomo, eternamente investito dalle Sue vibrazioni, ne recepisce alcune (le Fi) incessantemente create da F, che trasmettono poi ininterrottamente all'organismo la sua energia spirituale pregiata.
Fi, quindi l'anima, appartiene al divenire. In termini scientifici questa favilla F di Dio, deve espandersi per occupare tutto lo spazio in base alla forza di "gravità negativa". Perciò F diffonde ed espande nell'universo intero la Sua "fragranza". E' noto poi che maggiore è la velocità di espansione, maggiore è il successo connesso al raggiungimento del fine e quindi la felicità. Perciò nel vuoto, in assenza di ostacoli all'espansione, la velocità di diffusione sarà la massima possibile e con essa sarà massima la felicità: l'universo tende verso forme sempre più perfette e l'energia va assumendo forme sempre più pregiate. Avremo quindi la seguente sequenza:
Universo abiotico--> biotico--> pensante--> orante--> contemplante--> creante.
Per estrapolazione, infatti, è possibile ammettere l'esistenza di una forma più pregiata dell'Arte e della preghiera contemplativa e silenziosa, forse proprio quella "creante".
E' logico anche dedurre che arrivati alla fine della sequenza, si potrà tornare indietro, quindi: creante-->Universo abiotico-->biotico...etc.
Il modello proposto da Palumbo in breve afferma quanto segue. Se immaginiamo che la totalità dell'energia originaria sia quella raggiante F proveniente dal "Sia fatta la luce" o, il che è lo stesso, dal big bang, allora le ampiezze delle onde F, dovranno essere molto alte e probabilmente dovranno essere state "esaltate" per risonanza. La loro ampiezza non deve aver subito attenuazione. Ciò significa che esse abbiano viaggiato nel vuoto, che poi investe tutto ( o quasi) l'universo. Da queste onde hanno potuto avere origine le strutture primordiali dell'universo, tutte aventi periodi propri di oscillazione. Tutto il creato porta in sè una o più "orme" (onde) universali Fi impresse da F.
Il Creatore ha affidato alle stesse leggi della Natura il compito di governare l'universo. Non stupirebbe che l'Altissimo si sia servito di una piccola banda Fi delle onde F della sua "Luce", del big bang, per trasmettere e dotare le strutture primarie vitali più intime dell'uomo di caratteri eminentemente spirituali, ed alimentarle continuamente con quelle stesse Fi personalizzate. Quindi, dalle F del big bang e dalle Fi sarebbe nata e si svilupperebbe la Natura tutta: l'universo intero e le sue leggi erano contenute in un "puntino infinitesimale". A questo "puntino", ed agli altri che si presume lo abbiano preceduto nella storia evolutiva degli universi, il Creatore ha trasmesso il suo "Sia" F perturbatore, ed esso è divenuto l'universo che vive e si sviluppa autonomamente grazie all'energia ed ai messaggi genetici degli Fi.
La gran parte dei fenomeni naturali sono sistemi dinamici. Una delle scoperte più importanti del ventesimo secolo consiste nell'aver evidenziato che, anche sistemi molto semplici, dipendenti da poche variabili, si comportano in maniera imprevedibile. Il responsabile di tale comportamento è chiamato "caos" dai matematici; il caos si trova anche nei sistemi più semplici e gli scienziati hanno iniziato a studiarne il comportamento, nelle sue forme più elementari, nei sistemi dinamici. Uno degli strumenti usati è l'iterazione. "Iterare" in matematica vuol dire ripetere il calcolo di una funzione più volte di seguito. L'insieme dei risultati delle successive iterazioni è chiamato "orbita" della funzione. Questa può essere agevolmente tracciata mediante l'analisi grafica, che consente anche l'individuazione dei punti caratteristici (repulsori, attrattori, etc.). Quando il valore che assegniamo ad un fenomeno in un certo tempo "t" è collegato a quello osservato in un tempo precedente "t-1", possiamo scrivere: Xt = f (Xt-1), che è definita equazione di una mappa, un altro utile strumento per lo studio del fenomenico. Attraverso lo studio delle funzioni, si è pervenuti a scoperte molto importanti, come quella che sistemi dinamici, anche semplici, possono evolvere in modo complesso, descrivendo orbite, che appaiono del tutto casuali. Consideriamo la semplice funzione
y = x elevato al quadrato. (y = x^2). Osserveremo facilmente che la sua orbita tenderà a zero per x<1,>1, l'orbita della funzione tenderà all'infinito, se, infine, x = 1, l'orbita resterà sempre uguale ad uno. Il punto (0,0) è un attrattore per l'intervallo [0, 1-c], vale a dire qualsiasi orbita originata da un punto dell'intervallo [0, 1-c], dopo un numero sufficiente di iterazioni, si avvicinerà a zero di un "epsilon" piccolo a piacere. Il punto (1-c, 1-c) è invece un punto fisso repulsore in quanto, qualunque orbita generata da un punto appartenente ad un intervallo comunque piccolo, con centro (1-c), escluso il punto fisso stesso, dopo un numero sufficiente di iterazioni si allontana dall'intervallo stesso.(Per chi fosse interessato ad una spiegazione più dettagliata rimandiamo il lettore alla figura n.3 a pagina 31 del libro del Palumbo "Origine e immortalità dell'anima").
I fenomeni naturali sono descritti da relazioni, le quali hanno una validità limitata nei loro intervalli di definizione. Fino ad ora, è stata riservata una scarsa attenzione al comportamento dei fenomeni agli "estremi" di tali intervalli. E' interessante indagare fenomeni e comportamenti proprio ai limiti di questi intervalli, ed in particolare, nell'estremamente piccolo, è utile soffermarsi su questo aspetto, utilizzando anche il semplice strumento dei sistemi dinamici. In tal modo il fisico Antonino Palumbo, dell'Università di Napoli, ha scoperto che, nelle condizioni estreme, i fenomeni esibiscono dei comportamenti del tutto imprevedibili, come la comparsa della già citata gravità negativa, della forza inflazionaria, della trasformazione, nel vuoto, di onde in particelle, la forza di repulsione tra quark nei protoni e la nascita dell'universo da un buco nero.
Abbiamo prima sottolineato che tutte le proprietà dei sistemi elastici sono valide in un determinato campo di definizione. Quando si raggiungono i limiti di quest'intervallo, il comportamento cambia, e si possono verificare delle sorprese. Quando, per esempio, la rigidità si annulla, ossia quando il mezzo è fluido, la sola onda capace di propagarsi è quella longitudinale, la cui velocità è uguale alla radice quadrata del rapporto tra il modulo di incompressibilità (K) e la densità (D). Ricordiamo che il modulo di incompressibilità, rappresenta il coefficiente di proporzionalità fra la pressione esercitata sul corpo e la variazione di volume da esso subita. Questo esprime la reazione del fluido agli sforzi esercitati in direzione normale (perpendicolare, che forma cioè un angolo retto nel punto in cui si interseca) alla propagazione dell'onda. Esaminiamo ora i casi estremi relativi a K e D zero e infinito.
a) Per K che tende a zero, ossia nel vuoto, la velocità si annulla. Ciò significa che l'energia E dell'onda si è trasformata in particella, secondo la notissima relazione Energia = massa x velocità della luce al quadrato. Per D che tende a zero, ossia sempre nel vuoto, la velocità tende all'infinito; il che concorda con la relazione precedente, la quale implica una velocità "c" la massima possibile in natura.
b) Per K che tende all'infinito, ossia nel protone, oppure nel buco nero, la velocità tende all'infinito. Le dimensioni del protone, però, non sono compatibili perchè l'onda si possa propagare, nella sua dimensione infinitesima con velocità infinita. Dobbiamo allora desumere che avvenga qualcosa di diverso: cioè che l'onda venga respinta come particella dopo aver acquistato la velocità della luce. La velocità di propagazione infinita è invece compatibile per il buco nero nel quale viene assorbito persino il fotone. Per D che tende all'infinito, ossia sempre nel buco nero, oppure nel protone, la velocità si annulla. Ciò significa che l'energia E dell'onda si è trasformata in particella, sempre per la relazione già citata Energia = massa x velocità della luce al quadrato. In conclusione, sia nel vuoto, sia nel buco nero o nel protone, l'onda si trasformerebbe in particelle, che si muovono nello spazio alla velocità della luce. Dal punto di vista fisico, ciò significherebbe, che(1) il vuoto "crea" particelle, (2) dal buco nero possono "nascere" particelle, che poi avrebbero creato l'universo, (3) nel protone, i quark, probabilmente originati da onde, dovrebbero respingersi con una velocità e quindi un impulso infinito, così come è confermato dalle teorie attuali. Nel caso del buco nero o del protone, l'orbita della funzione velocità, dal punto fisso P(0,0), verrebbe attratta verso il punto fisso attrattore P(-1, -1).
Anche altri fenomeni, come l'oscillazione del pendolo, il cui periodo T è espresso dalla relazione T = 2pigreco moltiplicato la radice quadrata del rapporto tra l e g (dove "l" designa la lunghezza e "g" l'accelerazione di gravità), è formalmente analoga a quella della propagazione delle onde e può quindi esaminarsi in maniera del tutto analoga. In particolare si nota, che il periodo di oscillazione a) svanisce quando "g" tende all'infinito, come, su di un buco nero, oppure quando la lunghezza diventa piccolissima; b) diventa infinito per "l" tendente all'infinito, oppure quando "g" tende a zero, ossia negli spazi vuoti del cosmo.
E' questo il caso in cui è possibile ipotizzare un "cambiamento di segno", quando fossero superate la soglia minima della lunghezza "l" oppure quella di "g", ossia nell'estremamente piccolo e nel vuoto. Dal momento che il periodo di oscillazione è l'inverso della frequenza, quanto precede significa che, in corrispondenza del punto critico, ossia nel vuoto, la frequenza di oscillazione potrebbe diventare infinita o cambiare direzione. A parità di velocità "v" di propagazione, la frequenza dell'onda cresce con il diminuire della sua lunghezza, dovendo essere:
velocità = frequenza x lunghezza d'onda.
Poichè il pregio di un'onda cresce con il crescere della frequenza ed il diminuire della lunghezza, allora si potrebbe concludere che, in prossimità dell'estremamente piccolo (il vuoto, ossia assenza di corpi) l'energia raggiante diventerebbe estremamente pregiata.
Newton scoprì che due masse M1 ed M2, poste a distanza r, si attraggono con una forza F, data da F = KM1 x M2/r^2, dove K è la costante di gravitazione universale. Formalmente, possiamo scrivere F = K x M^2/r^2. Posto F = y ed M/r = x, essa diventa
y = Kx^2, che è un caso particolare della trasformazione di Mandelbrot y = x^2 + c.
L'orbita della nostra relazione (y = Kx^2), per x<1,>1, viene attratta dall'infinito. L'orbita passa, infine, per il punto di coordinate x =1 ed y = K ed incontra la bisettrice degli assi nel punto di coordinate (1/K, 1/K). Esaminiamo, analogamente a quanto fatto per la funzione velocità di propagazione dell'onda, i tre casi: y = 0, y = infinito ed y<0. Nel primo caso, l'attrazione svanisce col decrescere delle masse ed il crescere della distanza. Il secondo caso, si verifica quando il prodotto delle masse diventa infinito, e quando la loro distanza va ad annullarsi, come nel caso di una stella neutronica che poi diviene buco nero. Il terzo caso è il più interessante, e si verifica quando le masse, oppure la distanza, diventano talmente piccole da superare il limite inferiore dell'intervallo di validità della relazione, e può accadere che la forza F cambi segno, come l'esplosione del buco nero, dal quale si originò l'universo, oppure l'inversione dell'attrazione dei quark in seno al protone, che, invece di presentare la massima attrazione, diviene repulsiva.
Come l'insieme di Mandelbrot, che mostra invarianza di scala, anche la relazione newtoniana, del tutto simile a quella di Mandelbrot, può assumere una configurazione analoga, esibendo la proprietà frattale dell'invarianza di scala, tradotta, nel caso dell'universo, dalla ripetizione dei suoi comportamenti in tutti i suoi sottoinsiemi. Basti pensare all'analogia fra il seme che diviene albero, seguendo l'evoluzione già impressogli nel suo codice genetico evolutivo, che ha previsto la trasformazione del seme in albero, dal quale nasce il frutto, che poi produce un altro seme, ed il buco nero dal quale nacque quest'universo. Come dall'insieme di Mandelbrot si possono ottenere delle raffigurazioni computerizzate, estremamente belle e diversificate, così anche l'universo ha potuto creare e presentare scenari di gran lunga più belli e differenziati, esprimenti tutte le proprietà frattali.
La velocità di un'onda è data dal prodotto della frequenza per la lunghezza. Per un'onda elettromagnetica essa è uguale alla velocità della luce "c", la massima possibile in natura e quindi costante "k". E' possibile quindi definire la relazione:

Lunghezza d'onda per frequenza = c = k, che è del tipo: y x = costante
la quale è l'equazione di un'iperbole. L'orbita di tale funzione passa per i punti fissi: (0, infinito) e (k, 1), in cui, nel nostro caso, k = 3 x 10^5 km/h. Per valori della frequenza maggiori di 1, i punti dell'orbita sono attratti dallo zero; per valori della frequenza uguali a 1, i punti dell'orbita restano fissi nel punto 1, infine, per valori della frequenza minori di 1 i valori dell'orbita sono attratti dall'infinito. Ci troviamo di fronte ad un'orbita che presenta delle analogie con quella dell'equazione di Mandelbrot, e che potrebbe essere rappresentata, sul piano complesso, da una circonferenza di raggio unitario e centro zero, con i punti inferiori ad uno attratti dallo zero, quelli uguali ad uno giacenti sulla circonferenza, e quelli maggiori di uno fuori della circonferenza. L'iperbole descritta sopra è stata ottenuta con valori della lunghezza d'onda e della frequenza, entrambi positivi, rappresentanti un ramo dell'iperbole, quello del primo quadrante, mentre la stessa è ugualmente soddisfatta per valori entrambi negativi, rappresentativi di un ramo di un'altra iperbole. E' utile ricordare che la frequenza è uguale al rapporto tra la lunghezza ed il periodo, quest'ultimo definente l'intervallo di tempo che intercorre tra un'onda e quella successiva. Lunghezze e tempi negativi, descriventi il ramo dell'altra iperbole, nel quadrante (-x, -y) speculare a quello del primo quadrante, indicherebbero un universo, speculare a quello attuale, caratterizzato da uno spazio che si contrae tendendo verso il buco nero ed il vuoto, dalla freccia del tempo invertita che procede dalla morte alla vita, e da onde che si propagano a ritroso, con la velocità della luce.
E' noto che una particella carica, animata da un moto accelerato irradia, cioè genera un campo elettromagnetico, dotato di un particolare spettro di frequenza e di energia. Questo campo elettromagnetico, tipico di ciascun uomo, agente al suo interno ed irradiato anche all'esterno, potrebbe definirsi l'anima dell'uomo. Conviene, a questo punto, richiamare l'equazione dell'iperbole che descrive la funzione velocità "c", data dal prodotto della frequenza per la lunghezza d'onda (lambda). I punti dell'orbita di questa funzione:
lunghezza d'onda (lambda) x frequenza = c = k,
per lambda>1 saranno attratti dallo zero, perdendo tutta la loro energia, per lambda = 1 resteranno a distanza unitaria dallo zero, con un'energia molto esigua, per lambda<1 saranno attratti dall'infinito, con un'energia ed una frequenza elevatissima. E' importante ricordare che la lunghezza d'onda cresce quando la frequenza decresce, e che frequenze elevate significano energia e pregio elevato dell'onda. Il punto (k,1) è pertanto un punto critico, in quanto uno spostamento esiguo da esso può, sia portare l'orbita verso il punto attrattore (k,1 - buco nero), sia verso l'infinito (0, infinito - buco nero). Ciò indicherebbe che l'orbita della funzione onda "anima", per valori positivi, ma inferiori a quello unitario della lunghezza d'onda (energia elevata e pregiata), tende all'infinito. Una volta raggiunto il punto attrattore (0, infinito - buco nero) il valore di lambda potrebbe cambiar segno e si ritroverebbe sull'altro ramo dell'iperbole. Ciò indicherebbe che l'onda "anima", sviluppatasi durante la vita fino a raggiungere valori elevatissimi e pregiatissimi della frequenza e dell'energia, ed infinitamente piccoli della lunghezza, potrà continuare a viaggiare, con velocità infinita, nell'universo speculare a quello attuale (in comunicazione con il nostro per il tramite di una singolarità del tipo "buco nero").
Ritornando alla fisica del caos, è utile sottolineare che l'universo ha impiegato 15 miliardi di anni per evolvere dal caos assoluto iniziale a quello parzialmente ordinato attuale, e ne impiegherà altrettanti miliardi fino ad "annichilire" il caos.
Fu il grande Leonardo da Vinci, pittore, scultore, anatomista, fisiologo, ingegnere e scienziato, che usò per la prima volta il termine "complessità" nel significato odierno, che viene attribuito ad esso dalla fisica del caos. L'opera di Leonardo, inoltre, precorre l'ipotesi di Palumbo secondo la quale, le espressioni dello spirito sarebbero la risposta risonante dei campi elettromagnetici cellulari del cervello all'eccitazione di campi esterni.
Oggi la scienza sta investigando e cercando di modellare i sistemi dinamici naturali. Molte delle equazioni che regolano tali sistemi, sono rappresentate da "orbite", cioè raffigurazioni grafiche dell'evoluzione del sistema dinamico. A volte, queste equazioni contengono dei parametri variabili, che generano orbite diverse e complicate. Le forme computerizzate di equazioni di questo tipo presentano la caratterstica "frattale" dell'autosimilarità, cioè si ripetono all'infinito nei dettagli sempre più particolari delle forme stesse. Nella bellezza di queste rappresentazioni computerizzate e, in generale, nei sistemi dinamici oggi comunemente ammirati, il caos e l'ordine appaiono armonicamente uniti e bilanciati. La combinazione armonica dell'ordine e del disordine, si riscontra in tutti gli oggetti naturali, (nuvole, alberi, cristalli di neve, ecc...) la cui forma è il prodotto di un'evoluzione dinamica, tradotta in tipiche forme fisiche, che compendiano l'ordine (l'immanenza, cioè l'esistenza e la permanenza in natura) ed il disordine (la storicità), che scandiscono i ritmi dell'universo.
L'impressività delle forme frattali è imperiosa, e sembra che esse traducano i concetti di caos e complessità, insiti nel reame del vivente, e nei fenomeni riguardanti l'origine dell'universo e la sua evoluzione.
Sono tre le proprietà delle forme frattali, andiamole ad analizzare.
1) L'autosimiglianza. L'esame attento di alcuni oggetti mostra la "conservazione" della forma nelle sue parti più piccole. Tale proprietà è facilmente osservabile in numerose forme naturali comuni, quali una foglia di felce o la chioma di un pino. Queste semplici disposizioni, allorquando ingrandite, rivelano, infatti, complessità via via maggiori, che però replicano la disposizione in grande. Le forme spaziali che godono di queste proprietà sono dette frattali.
2) La dimensione frattale. La dimensione frattale "D" è compresa tra uno e due: la dimensione propria di una curva, che, da entità ad una dimensione, tende a ricoprire un piano a due dimensioni con il suo andamento "frastagliato".
3) La quasi costanza dei rapporti perimetro/area e superficie/volume. Ciascuna forma frattale è caratterizzata da un proprio rapporto, però con variazioni, al crescere delle dimensioni, molto più contenute, tanto da potersi considerare quasi costante.
Il pensiero scientifico moderno ha scoperto che il sistema "universo" e quasi tutti i sistemi naturali non conoscono il termine "perfetto", ma quello di "perfettibile", ossia di tendenza, perseguita attraverso tentativi ed approssimazioni, con scostamenti evolutivi in un senso e nell'altro, generalmente ciclici e legati, che scandiscono il ritmo.
Tutti i sistemi dell'universo, dal buco nero iniziale, alle stelle neutroniche, ai quark, alle cellule, a seguito di eventi catastrofici, subiscono trasformazioni radicali, accompagnate perfino dall'inversione della freccia dell'evoluzione e del tempo. Ciò è rilevabile dallo studio dei sistemi dinamici, dove si individuano punti di attrazione e di repulsione. Newton ci ha insegnato che due masse si attraggono (per effetto della forza gravitazionale): nei buchi neri questa forza è infinita. Oltre la scienza non sa andare.
Le viene però in soccorso la natura, la quale dimostra che, proprio da queste distanze infinitamente vicine, il punto di attrazione (il buco nero) può diventare punto di repulsione (il big bang). Lo stesso accade per le forze elettromagnetiche. Due cariche aventi lo stesso segno si respingono con una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza, sicchè la forza di repulsione di due cariche omopolari vicinissime è immensa. Come si spiega allora che i protoni, con cariche positive, stiano insieme in seno al nucleo, legati da una forza che è pari a 10 elevato alla 38 quella gravitazionale? I fisici hanno pensato che i neutroni, particelle prive di cariche elettriche, presenti nel nucleo, con qualche meccanismo, riescano a tenere insieme i protoni nel nucleo. Tale ipotesi è nata dall'osservazione che protoni e neutroni (nucleoni) stiano bene uniti tra loro. Un altro esempio è costituito dai quark, particelle ancora più piccole, costituenti i nucleoni (ogni protone è formato da tre quark. In linguaggio fisico si dice da"una terna di quark"). E' noto, che sia la forza di gravità, sia quella elettromagnetica diminuiscono con il quadrato della distanza. La colla (i gluoni, che sono dei bosoni), ossia la forza che tiene insieme i quark, al contrario, aumenta con l'aumentare della distanza fra i quark. Quando i quark si trovano ad una distanza pari ad un decimo di millesimo di miliardesimo di centimetro, la forza di attrazione è già diventata quasi infinita: ecco il motivo per cui un protone non si "rompe". I fisici hanno denominato le forze di questo tipo "non abeliane"; quark e gluoni hanno, pertanto, proprietà non abeliane. I fisici, seguendo la logica dell'indagine sempre più dettagliata, hanno incontrato le "colle" (i "mesoni") che tengono insieme le particelle subatomiche (i "barioni"); poi hanno scoperto miscele diverse di tipi di colla (i "mesoni pseudoscalari" e "vettoriali"), ma sono stati infine costretti a cambiare rotta, immaginando il Supermondo, che nasce da proprietà di simmetria delle leggi fondamentali dell'universo. Ora, se esiste il Supermondo, allora devono esistere le superparticelle la cui massa deve essere superiore a quelle finora osservate. E' certo che questa frontiera sarà superata, perchè l'esistenza del Supermondo è indispensabile alla formulazione dell'unificazione delle strutture e delle forze fondamentali dell'universo. La logica del Supermondo aprirà, inoltre, nuovi orizzonti che potrebbero spiegare fenomeni e realtà inspiegate, come la stabilità della materia, l'esistenza della materia oscura nell'universo, l'origine dello spazio-tempo, ecc...
Lo studio dei sistemi dinamici indica una via più semplice, che conduce agli stessi risultati, senza l'uso dell'alta matematica. L'orbita che descrive l'evoluzione di un sistema dinamico può essere confinata fra il punto attrattore zero e quello critico. Se capovolgiamo la curva, che descrive il grafico di tale orbita, ci accorgiamo, mediante l'analisi grafica, che lo zero è diventato, per semplice simmetria, un punto repulsore.
Il grafico mostra, inoltre, l'esistenza di un punto critico di instabilità, di coordinate (1-c, 1-c) in corrispondenza del quale, l'azione di una perturbazione può sia riportare il sistema verso il punto attrattore, sia verso l'infinito. Questo è quanto si verifica all'interno del nucleo atomico, quando la distanza fra due protoni diventa così piccola da raggiungere il punto critico, in corrispondenza del quale, la forza repulsiva (il punto repulsore) diventa attrattiva (punto attrattore).
Le ipotesi proposte e sostenute per spiegare l'origine dei reami dell'inerte, del vivente e del pensante, hanno alimentato il convincimento, definito "principio antropico", che esse avessero un contenuto intellettuale. L'idea nacque dalla constatazione di molte "coincidenze" come quella dell'uguaglianza dei rapporti fra:
1) La forza elettromagnetica e quella gravitazionale;
2) Il diametro dell'universo osservabile e quello di un nucleo atomico;
3) L'età dell'universo ed il tempo di transito della luce attraverso un elettrone;
tutti uguali a mille miliardi di miliardi di miliardi di miliardi.
Secondo il principio denominato da B. Carter "antropico", l'universo nel quale ci troviamo sarebbe l'unico possibile, in quanto possiede quelle proprietà che hanno consentito lo sviluppo della vita intelligente. Come detto, il principio nasce dalla constatazione che non solo le costanti fondamentali hanno valori particolari, ma che quei valori appaiono "critici", nel senso che, se fossero diversi seppure di poco, non avrebbero assicurato le condizioni necessarie alla nascita della vita. Nel XX secolo, inoltre, la cosmologia ha dimostrato che l'universo non è immutabile, ma è in evoluzione.
Sembrerebbe, dunque, che tutti i fattori che determinano l'equilibrio e l'evoluzione dell'universo, siano diretti al conseguimento della nascita e dello sviluppo della vita e dell'intelligenza sulla Terra, (o , per meglio dire, su tutti quei pianeti dell'universo in cui sono esistite o esistono le condizioni ottimali per lo sviluppo di forme di vita) ossia che esista un "finalismo" nell'universo.
Dal momento che la natura ripete il suo modulo evolutivo in tutti i suoi sistemi, conviene leggere cosa accade nella storia del cosmo, dove si osservano le stelle di massima grandezza collassare su sè stesse buchi neri, dai quali verranno fuori delle nuove stelle, così come accadde 15 miliardi di anni fa, quando, da un buco nero iniziale, probabilmente il punto terminale di un altro universo, nacque quello attuale.
(A questo punto è utile fare una disgressione. Se, negli istanti successivi al big bang, la velocità di espansione del nostro universo tende a diminuire, negli istanti precedenti il big bang la velocità di espansione tende ad aumentare. Nello scenario costruito dal fisico Gabriele Veneziano, il padre della teoria delle stringhe, non esiste una singolarità iniziale, ma solo una "violenta" transizione tra uno stato dell'universo ed un altro. Una transizione che, peraltro, non sarebbe affatto unica nella storia cosmica, ma sarebbe una delle infinite violente transizioni cui il cosmo va incontro nel corso della sua storia eterna. Ciò significa che anche il nostro universo non finirà mai, ma subirà a sua volta una violenta transizione dopo la quale inizierà una "nuova" storia. In tal modo siamo portati a dire che il tempo, il "nostro" tempo, non è che uno degli "intervalli" in cui si divide l'eternità. Quindi, l'ipotesi su cui Veneziano sta lavorando insieme ad alcuni suoi colleghi, è che l'universo non sia iniziato con il big bang, ma che esistesse anche prima. Ci sarebbe stata una fase precedente, un universo grande, freddo e vuoto in cui valevano ancora le leggi della fisica ordinaria. Poi, in alcuni punti, la materia si addensò fino a provocare una specie di collasso, poi un'esplosione, un rimbalzo. L'universo, in questo scenario, si è contratto, ma non fino all'annullamento, per poi espandersi. Quindi il big bang potrebbe non essere stato unico, dato che un collasso gravitazionale, con la formazione di un buco nero, può avvenire in luoghi diversi ed in momenti diversi. Uno degli scenari su cui si è lavorato è quello di un "multiverso", in cui più collassi danno origine a vari big bang e quindi a tanti universi paralleli. In un altro scenario costruito sull'idea di stringa, quello della "conflagrazione" di Steinhardt, universi multidimensionali diversi (brane) possono scontrarsi. Ed ogni scontro, trasformando energia cinetica in materia e radiazione, produce un big bang. Anche in questo secondo scenario, il nostro tempo non è che un intervallo tra una conflagrazione di due brane e l'altra).
Einstein aveva individuato nell'universo una gravità negativa, responsabile dell'espansione ed un'altra positiva, ossia attrattiva, dalla quale sono nate le galassie e noi stessi. La verità andrebbe dunque ricercata nell'equilibrio dinamico fra queste due forze. Una visione atemporale ci consentirebbe di osservare la coesistenza della forza attrattiva e di quella inflazionaria (negativa, quindi repulsiva) nel cosmo: ci accorgeremmo, che senza la mutua azione fra la forza inflazionaria e quella attrattiva, l'universo non esisterebbe. Quindi, l'universo presenta una successione temporale di sistemi sempre più evoluti, nati da altri meno perfetti.
Andiamo ad analizzare adesso, come questa lunga ed originalissima tesi qui esposta, del fisico Antonino Palumbo, può essere correlata alla teoria di stringa, tramite alcune ipotesi originali elaborate dal Nardelli.
Nel tentativo di unificare le forze gravitazionali con quelle elettromagnetiche, sulla base di un'estensione della teoria della relatività generale di Einstein, nel 1919 il fisico polacco T. Kaluza, avanzò un'ipotesi, oggi accreditata, secondo la quale la struttura spaziale dell'universo poteva avere anche un'altra dimensione, ossia una dimensione spaziale extra nello spazio-tempo. In uno spazio-tempo a cinque dimensioni, quattro spaziali ed una temporale, i campi elettrico e magnetico risultano essere componenti della forza gravitazionale che puntano lungo la quarta dimensione spaziale. Questo spazio-tempo può essere rappresentato da un cilindro la cui base corrisponde alla dimensione extra e la superficie laterale contiene le dimensioni ordinarie, compresa quella temporale.
Kaluza con la sua idea, mostrò l'esistenza di un legame profondo tra gravità ed elettromagnetismo, in quanto entrambe le forze curvano e piegano lo spazio. L'unica differenza risiede nel fatto che mentre la gravità ha effetti visibili nelle tre dimensioni familiari, l'elettromagnetismo si manifesta con deformazioni lungo la dimensione nascosta.
Con la scoperta delle forze nucleari forte e debole, la precedente dimensione aggiuntiva di Kaluza, anche se forniva qualche indizio dell'unione fra le due forze (gravità ed elettromagnetismo, come abbiamo appena detto), non era sufficiente. Più forze richiedono più dimensioni. E' così che è nata la "teoria delle stringhe", secondo la quale, le entità fondamentali non sono particelle puntiformi, ma assomigliano a "stringhe", cioè a minuscole corde monodimensionali (ad una sola dimensione). Queste stringhe possono essere chiuse, come cerchi, o aperte, come capelli. Le stringhe sono libere di"vibrare", proprio come le corde di un violino, e le "note" emesse sono tutte le varie particelle che costituiscono il nostro universo. Una qualsiasi particella elementare non sarebbe altro che un particolare stato vibratorio di una stringa, la quale, osservata da una certa distanza si presenta come un corpuscolo puntiforme. Il problema di "visualizzare" le stringhe non può essere affrontato in termini di fisica sperimentale, a causa della estrema piccolezza di tali oggetti, lunghi circa 10 elevato alla meno 33 cm (la cosiddetta lunghezza di Planck). La fisica teorica ha però identificato una stringa il cui modo di vibrazione si identifica con quello di una particella di massa nulla e spin uguale a due (lo spin è il momento di rotazione proprio o momento angolare intrinseco di una particella), caratteristiche queste che sono proprie del gravitone. Come per l'elettromagnetismo, il fotone è il "quanto" (la particella più piccola), così per la gravità, il gravitone è l'elemento fondamentale della forza gravitazionale.
In definitiva, secondo la teoria delle stringhe, l'universo sarebbe costituito da stringhe microscopiche, i cui modi di vibrazione sarebbero all'origine delle masse e delle cariche delle particelle elementari.
Michele Nardelli
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La teoria degli universi di L.Fantappiè (M.Nardelli) - 12:17, 5/24/2005
Per l'approfondimento di tale articolo rimando il lettore ai due interessantissimi e chiarissimi volumi pubblicati da Di Renzo Editore : "La Teoria degli Universi vol.I e vol II" di Giuseppe Arcidiacono, allievo del Fantappiè , "Principi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico" di Luigi Fantappiè, sempre pubblicato dalla Di Renzo editore ed anche, per gli specialisti, "Opere scelte- Luigi Fantappiè vol I e II" Edizioni Cremonese.

Nella cosmologia relativista i vari modelli di universo sono costruiti come soluzioni delle equazioni gravitazionali di Einstein, introducendo un tempo cosmico, e facendo l'ipotesi che la materia sia distribuita uniformemente nello spazio. Nel 1952 il grande matematico italiano Luigi Fantappiè propose una nuova "teoria degli Universi" basata sulla teoria dei gruppi. Egli aveva osservato che se con la parola universo intendiamo un sistema ordinato, cioè retto da leggi, allora una teoria degli universi possibili deve essere essenzialmente basata sul concetto di legge fisica. Una legge fisica è una relazione costante tra le quantità variabili di un fenomeno, e questa relazione vale per tutta una categoria di fenomeni che consideriamo uguali, perchè fenomeni uguali devono essere retti dalle stesse leggi. Nella geometria elementare due figure geometriche A e B si dicono uguali quando è possibile portarle a coincidere con un opportuno movimento rigido (roto-traslazione). Il concetto di uguaglianza viene così ricondotto a quello più semplice di movimento rigido. Ed infatti, alle tre proprietà fondamentali dell'uguaglianza corripsondono altrettante proprietà dei movimenti: 1) La proprietà riflessiva (A = A) ci assicura l'esistenza, tra i possibili movimenti, del movimento identico che muta la figura A in sè stessa. 2) La proprietà simmetrica (se A = B, sarà B = A) ci dice che dato il movimento m che porta A in B, esiste il movimento inverso 1/m, che riporta B in A. 3) La proprietà transitiva (se A = B e B = C, ne segue che A = C), equivale infine ad affermare che, dato il movimento m' che porta A in B ed il movimento m'' che porta B in C, esiste un unico movimento m (che è dato dal prodotto dei due movimenti, cioè m = m' x m'') che porta A in C. Ne segue che i movimenti rigidi formano un gruppo e, quindi, qualsiasi insieme di operazioni che forma un gruppo può essere interpretato come un criterio di uguaglianza fra due figure geometriche. Ad ogni gruppo si può allora fare corrispondere una geometria, concepita come lo studio delle proprietà comuni a figure uguali, cioè quelle proprietà che sono invarianti per le trasformazioni del gruppo dell'uguaglianza. Al gruppo delle roto-traslazioni corrisponde la geometria elementare dello spazio euclideo ad n dimensioni. Passando al gruppo proiettivo si ottiene la geometria proiettiva nella quale due figure sono uguali se si passa dalla prima alla seconda con un numero finito di proiezioni e sezioni. In questa geometria, la circonferenza, l'ellissi, la parabola e l'iperbole si devono considerare uguali perchè si passa dall'una all'altra mediante proiezioni e sezioni. Queste curve sono le coniche ed hanno in comune le proprietà proiettive. Se invece utilizziamo il gruppo delle trasformazioni conformi, otteniamo la geometria conforme, in cui vengono conservati gli angoli. Con le trasformazioni birazionali (cioè razionalmente invertibili), otteniamo la geometria algebrica, ed infine al gruppo delle deformazioni continue corrisponde la Topologia. Queste considerazioni sulla Geometria possono essere estese alla Fisica, nella quale, al gruppo di Galileo a 10 parametri corrisponde la fisica classica, ed al gruppo di Poincarè (ancora a 10 parametri) la relatività speciale. Il significato più profondo di questi due gruppi è quello di definire un criterio di uguaglianza tra due enti o fenomeni fisici. Ad ogni gruppo si può allora far corrispondere un ben definito sistema di leggi fisiche (che risultano invarianti per le trasformazioni del gruppo base), e quindi un possibile universo, le cui leggi possono essere stabilite per via matematica, una volta fissato il gruppo dell'uguaglianza. Nella teoria degli Universi Fantappiè fa corrispondere ad ogni gruppo di trasformazioni a k parametri un possibile Universo. Con la relatività speciale si è scoperto che il gruppo base della fisica è il gruppo di Poincarè, che contiene il gruppo di Galileo come caso limite, quando si considera infinita la velocità c della luce. Fantappiè ha dimostrato nel 1954 che il gruppo di Poincarè risulta caso limite di un altro gruppo, dipendente con continuità da un parametro r, per r tendente all'infinito. Inoltre ha trovato che poichè il nuovo gruppo è semplice se rimaniamo con un gruppo base a 10 parametri e con uno spazio-tempo a 4 dimensioni, esso non può essere più caso limite di altri gruppi. Questo gruppo venne chiamato dal Fantappiè "finale", perchè non solo approssima quanto si vuole il gruppo di Poincarè, ma esaurisce tutte le ulteriori possibili approssimazioni. Ad esso corrisponde allora una nuova "relatività finale" che perfeziona in modo essenziale la relatività speciale di Einstein.
Se una varietà ad n dimensioni ammette un gruppo continuo di movimenti in sè con n(n+1)/2 parametri, essa deve essere a curvatura costante. Il nuovo cronotopo sarà quindi a curvatura costante e dato dal cronotopo di Minkowski (Ricordiamo che nella teoria della relatività generale di Einstein, il cronotopo è lo spazio a quattro dimensioni derivante dall'insieme delle tre variazioni spaziali più il tempo). Resta quindi da considerare il cronotopo di de Sitter a curvatura costante, come soluzione delle equazioni gravitazionali di Einstein, con termine cosmologico, alla condizione che la sua densità materiale sia nulla. Nella teoria degli Universi il cronotopo di de Sitter si ritrova con un ragionamento basato sulla teoria dei gruppi, e quindi non è condizionato dall'assenza di materia. Il cronotopo di Minkowski della relatività speciale si può considerare come caso limite del cronotopo di de Sitter, quando il raggio r tende all'infinito. Il gruppo di Poincarè risulta quindi caso limite, per r tendente all'infinito del gruppo dei movimenti in sè del cronotopo di de Sitter a curvatura costante. Al gruppo di Fantappiè corrisponde la "relatività finale" che estende su scala cosmica la validità della relatività speciale. Infatti nella nuova teoria intervengono due costanti universali (c, r) cioè la velocità della luce ed il raggio del cronotopo, e a partire da esse si possono costruire due nuovi costanti: l'età dell'universo e la costante di Hubble dell'espansione cosmica. Se poi si passa ai gruppi con più di 10 parametri ed agli spazi con più di 4 dimensioni, è possibile ottenere ulteriori perfezionamenti della fisica. Per esempio, introducendo il gruppo conforme-proiettivo a 15 parametri, che è isomorfo (l'isomorfismo è la relazione di equivalenza tra strutture algebriche) al gruppo delle rotazioni dello spazio a 6 dimensioni, otteniamo la relatività conforme-proiettiva in cui intervengono i movimenti uniformemente accelerati. Si arriva così alla conclusione che i gruppi delle rotazioni degli spazi a n+1 dimensioni, con N = n(n+1)/2 parametri hanno particolare importanza in fisica. Essi infatti ci danno i movimenti in sè degli Universi ipersferici n-dimensionali, ognuno dei quali contiene i precedenti ed è contenuto nei successivi, e quindi possono considerarsi come successivi perfezionamenti della fisica. Si ottiene così l'originale teoria degli Universi ipersferici, proposta dal prof. G.Arcidiacono nel 1958.
Nella relatività speciale la velocità c della luce è costante e non può essere superata. In una memoria del 1958, G. Arcidiacono ha dimostrato che nella relatività finale, basata sul gruppo di Fantappiè, sono possibili delle velocità iper-c (quindi superiori a quella della luce). Infatti, su scala cosmica, la velocità della luce pur rimanendo non superabile, è "variabile" e diviene infinita nell'istante iniziale. Nel 1967 Feinberg ha osservato che nella fisica quantistica, dove l'energia cambia in modo discontinuo e le particelle possono essere create o distrutte, sono possibili particelle più veloci della luce, i cosiddetti "tachioni". Infatti, l'esistenza dei tachioni è compatibile con la relatività speciale, purchè si ammetta che essi vengano creati direttamente a velocità iper-c. In questo modo non si pone il problema del superamento della barriera della luce dove la massa diventerebbe infinita. Ne segue che in natura dovrebbero esistere tre tipi di particelle: a) i bradioni e cioè le comuni particelle, con velocità sub-c; b) i luxoni, come i fotoni e i gravitoni, che si muovono alla velocità della luce; c) i tachioni a velocità iper-c, cioè compresa tra la velocità della luce e infinito. Recami e Mignani hanno proposto di ampliare le trasformazioni del gruppo di Lorentz al caso delle velocità iper-c: si ottiene in tal modo la "relatività estesa", che può inserirsi nello schema della teoria degli Universi ipersferici. E' interessante osservare che nella relatività estesa, la velocità della luce rimane ancora una velocità limite. Per esempio, per rallentare i tachioni e portarli alla velocità della luce, si richiede un'energia infinita. Se ne deduce che se la velocità di un tachione tende all'infinito (tachione trascendente), la sua energia tende a zero, in modo da rispettare la condizione che l'energia può essere trasmessa solo a velocità finita.
Mentre un bradione, cioè una comune particella, è rappresentato nello spazio-tempo di Minkowski come "un punto nello spazio, esteso nel tempo lungo una linea", i tachioni liberi appaiono, in particolari riferimenti (detti critici), dotati di velocità infinita, e quindi risultano "punti nel tempo, estesi nello spazio lungo una linea". Nella relatività estesa le antiparticelle si possono considerare come particelle che "si muovono all'indietro nel tempo" in accordo con la teoria di Feynman. Si trova poi che il carattere di materia e di antimateria è invariante per i bradioni, ma dipende dall'osservatore per i tachioni, se ci limitiamo alle trasformazioni di Lorentz sub-c. Se invece passiamo a quelle iper-c, possiamo passare dalle particelle alle antiparticelle, anche nel caso dei bradioni. Se ci riferiamo ai buchi neri della gravitazione si arriva all'interessante risultato che un bradione in caduta libera, al di fuori dell'orizzonte degli eventi, diventerà un tachione all'interno dell'orizzonte. E poichè una particella, per uscire da un buco nero deve avere velocità iper-c, se ne deduce che i buchi neri possono essere "sorgenti" di tachioni. I tachioni si incontrano poi nel campo della fisica delle particelle. Per esempio, nel caso delle interazioni forti, si trova che le particelle virtuali hanno il vettore quantità di moto di tipo spaziale, e la stessa cosa accade per i tachioni. Questo suggerisce che le particelle virtuali possono essere interpretate come tachioni. Nella relatività estesa, se si suppone che il tensore elettromagnetico sia ancora un tensore per il gruppo di Lorentz esteso, otteniamo le equazioni di Maxwell in presenza di correnti-cariche elettriche subluminali e superluminali.
Ne segue che nella relatività estesa esiste un solo tipo di carica, che si comporta come una carica elettrica quando si muove a velocità sub-c e come una carica magnetica quando si muove a velocità iper-c. Possiamo quindi affermare che se passiamo alla relatività estesa il cui gruppo base contiene i movimenti inerziali a velocità iper-c, appare un profondo legame tra bradioni (particelle a velocità subluminale) e tachioni (particelle a velocità iperluminale), tra materia e antimateria e tra cariche elettriche e magnetiche. Nella fisica classica, dove la velocità della luce viene considerata infinita, noi vediamo il presente, mentre il passato non è più e il futuro non è ancora. Poichè due osservatori contemporanei hanno lo stesso passato e lo stesso futuro, noi consideriamo esistenti tutti gli eventi fisici a noi contemporanei in quell'istante. Ne segue che il concetto di esistenza vale per tutti gli osservatori contemporanei in un dato istante. Le cose si complicano notevolmente quando passiamo alla relatività speciale, dove la velocità della luce è finita. E infatti noi vediamo le stelle, le galassie e i quasar come erano migliaia, milioni o miliardi di anni fa, e cioè vediamo oggetti del passato, che in base al comune concetto di esistenza non esistono più. Nel 1947 Fantappiè si propose di perfezionare il concetto di esistenza, in modo da renderlo compatibile con i principi della relatività. Poichè nel cronotopo di Minkowski ogni osservatore ha il suo cono-luce che divide lo spazio-tempo nelle tre regioni di presente, passato e futuro, si vede subito che due osservatori contemporanei non hanno più lo stesso passato e lo stesso futuro. Se vogliamo allora definire un concetto di esistenza, valido per tutti gli osservatori, occorre estenderlo a tutti i punti del cronotopo. Il concetto di esistenza viene allora trasferito dallo spazio fisico tridimensionale in un certo istante a tutto lo spazio-tempo e si arriva così alla "esistenza totale" di Fantappiè, in cui esiste il passato, il presente e il futuro. Nel 1942 Fantappiè proponeva la famosa "teoria unitaria del mondo fisico e biologico", che passiamo ad esporre nelle grandi linee.
E' noto che nella fisica relativistica e quantistica l'Universo ci si presenta con la doppia struttura corpuscolare e ondulatoria; ne segue che per avere l'invarianza relativistica delle equazioni ondulatorie, che descrivono le varie particelle, occorre che i termini di ordine più elevato siano del tipo dell'operatore di D'Alambert. Le soluzioni di queste equazioni ondulatorie, corrispondenti a sorgenti puntiformi sono di due tipi: a) Le soluzioni dei "potenziali ritardati" sono diverse da zero solo nel semicono del futuro uscente dalla sorgente, e quindi rappresentano delle perturbazioni ondose che si propagano per onde sferiche divergenti dalla sorgente che le ha generate, e posta nel passato. b) Le soluzioni dei "potenziali anticipati" invece sono diverse da zero nel semicono del passato, e quindi rappresentano delle perturbazioni ondose che si propagano per onde sferiche convergenti verso la sorgente che le assorbe, nel futuro. Nel 1942 Fantappiè ha dimostrato che alle soluzioni dei potenziali ritardati corrispondono i "fenomeni entropici" che ubbidiscono ai seguenti tre principi: 1) Il "principio di causalità", espresso analiticamente dal fatto che la sorgente si presenta prima del fenomeno da essa generato, e si può quindi considerare come la causa del fenomeno stesso. 2) Il "principio di livellamento entropico", dovuto al fatto che le onde divergenti si mescolano e si sovrappongono al passare del tempo. 3) Il "principio di riproducibilità", in base al quale questi fenomeni si possono riprodurre sperimentalmente. I fenomeni entropici si possono quindi identificare con quelli studiati dalla fisica, e per essi vale un rigido determinismo, perchè sono completamente determinati dalle condizioni iniziali.
Per ottenere le proprietà dei fenomeni rappresentati dalle soluzioni dei potenziali anticipati, che Fantappiè chiama "sintropici", basta fare una inversione del tempo con cui si ottengono i seguenti tre nuovi principi che regolano i fenomeni sintropici: 1) Il "principio di finalità", espresso analiticamente dal fatto che la loro sorgente si presenta dopo il fenomeno, e in essa viene assorbito. 2) Il "principio di differenziazione", perchè al passare del tempo si ha un aumento della differenziazione e della complessità. 3) Il "principio di irriproducibilità", perchè questi fenomeni hanno la sorgente nel futuro, e quindi si sottraggono alla nostra azione causale. Fantappiè identifica i fenomeni sintropici con quelli più tipici e misteriosi della vita, perchè è nei viventi che osserviamo una tendenza verso l'ordine e la complessità, come per esempio nello sviluppo di un essere vivente a partire dall'embrione. Più in generale si possono considerare sintropici i processi costruttivi di formazione delle molecole o delle stelle e galassie. Fantappiè propone un nuovo paradigma nella scienza, in base al quale nei fenomeni naturali si ha la doppia tendenza verso l'ordine e verso il disordine. L'importanza della sintropia sta nel fatto che essa è una necessaria conseguenza della fisica relativistica e quantistica.
Un perfezionamento della teoria unitaria del mondo fisico e biologico è stato fatto dal prof. Salvatore Arcidiacono nel 1957. Egli ha osservato che in ogni fenomeno, sia fisico che biologico, sono sempre presenti una componente entropica ed una sintropica. Ne segue che in natura ci sono tre tipi di fenomeni: a) I fenomeni entropici, nei quali prevale la componente entropica. Questi fenomeni sono di tipo "disgregativo", perchè soggetti al livellamento entropico, e in essi si osserva il passaggio da stati più complessi a stati sempre più semplici. Fenomeni di questo tipo, ad esempio, sono i processi di disgregazione atomica e l'esplosione delle stelle. b) I fenomeni sintropici, nei quali prevale la componente sintropica. Questi fenomeni sono di tipo "costruttivo" e tendono a realizzare stati più complessi, a partire da stati più semplici. Essi presentano una certa "spontaneità" caratteristica, cioè una certa indipendenza dai fattori causali esterni. Sono tali, ad esempio, i processi di fusione nucleare, quelli di sintesi atomica e molecolare ed il collasso gravitazionale. c) I fenomeni di "equilibrio stazionario", in cui le due componenti entropica e sintropica sono in equilibrio. Questi tre tipi di fenomeni ubbidiscono ai seguenti tre principi: 1) Il principio di causalità-finalità, in base al quale ogni fenomeno è provocato da cause e tende verso certi fini. 2) Il secondo principio generalizzato, per il quale la componente entropica è soggetta al livellamento e quella sintropica tende alla differenziazione. 3) Il principio di riproducibilità, secondo il quale noi possiamo riprodurre i fenomeni agendo sulla loro componente entropica, mentre quella sintropica si sottrae alla nostra azione.
Otteniamo così un Universo a "struttura cibernetica", nel quale viene superato il determinismo perchè in esso lo svolgimento dei fenomeni dipende non solo dal passato (condizioni iniziali) ma anche dal futuro. In ogni istante occorre allora fare una "scelta" tra varie possibilità, in base alla "informazione". Ne segue che l'Universo è formato da "sistemi" più o meno complessi che scambiano con l'ambiente materia, energia ed informazione, è formato cioè da "sistemi decisionali". L'idea del matematico Luigi Fantappiè è che nell'Universo operano due opposte tendenze: una verso l'ordine (sintropia), l'altra verso il disordine (entropia). Secondo la nuova versione della teoria unitaria di S. Arcidiacono, questa doppia tendenza dei fenomeni si riscontra a tutti i livelli: microfisico (creazione e annichilazione di coppie di particelle), astrofisico (esplosione e collasso di stelle) e cosmologico (esplosione-collasso dell'Universo).

La relatività speciale proiettiva.

La fisica classica è basata sul modello di Universo di Newton in cui lo spazio è infinito, il tempo è infinito e la velocità della luce è infinita. I suoi movimenti in sè sono quelli del gruppo di Galileo e le leggi della meccanica sono invarianti per tale gruppo. Invece la relatività speciale è basata sul modello di Universo di Minkowski con struttura a coni-luce. Introducendo il "tempo immaginario", eliminiamo i coni-luce ed otteniamo un iperspazio euclideo a 4 dimensioni, che ci permette di adoperare la geometria degli iperspazi. I movimenti in sè dello spazio-tempo sono dati allora dal gruppo di Poincarè e cioè dalle roto-traslazioni dello spazio-tempo a 4 dimensioni. Come ha dimostrato Fantappiè nel 1954, i modelli di Universo di Newton e di Poincarè possono essere perfezionati in modo "univoco" nel modello di Universo ipersferico S4 di De Sitter con raggio r. Esso ammette come movimenti in sè il gruppo delle rotazioni dello spazio a 5 dimensioni, a 10 parametri. L'Universo ipersferico S4 è a "tempo immaginario ciclico" e le sue sezioni spaziali, ortogonali al tempo ciclico, sono le ipersfere S3 di raggio r. Questo modello di Universo non è in espansione, è privo di singolarità ed ha la massima simmetria. Se passiamo al tempo assoluto infinito, otteniamo il modello di De Sitter, con struttura a coni-luce ed in contrazione-espansione. In questo modello vale il principio cosmologico di Milne, limitato alle sezioni spaziali ipersferiche S3, con raggio variabile prima da infinito a r e poi da r a infinito. Nella nuova teoria occorre distinguere l'Universo "assoluto" ipersferico, dagli infiniti Universi "relativi" e cioè gli spazi tangenti nei quali ogni osservatore localizza i fenomeni. L'Universo relativo P4 dell'osservatore O è dato dalla rappresentazione geodetica di Beltrami dell'Universo S4 di De Sitter, nella quale alle geodetiche di S4 corrispondono le rette di P4. Otteniamo così lo spazio-tempo "proiettivo" formato dai punti dello spazio P4 esterni all'assoluto di Cayley-Klein. Ne segue che i movimenti in sè dell'Universo ipersferico S4 inducono nello spazio tangente P4 le proiettività che mutano in sè l'assoluto di Cayley-Klein, e che formano il "gruppo di Fantappiè".
A partire dal 1955 il Prof.Giuseppe Arcidiacono, discepolo del Fantappiè, ha sviluppato la relatività finale nella sua versione proiettiva ed in questo modo ha ottenuto la "relatività speciale proiettiva" (RSP) che perfeziona in modo univoco la relatività speciale di Einstein e ne estende la sua validità su scala cosmica. Si ottiene in tal modo una nuova "cosmologia proiettiva", a tempo finito, la quale, data la sua univocità, è in grado di ottenere tutti i risultati delle precedenti teorie cosmologiche.
L'osservatore O localizza gli eventi fisici nel suo spazio tangente P4, chiamato il "cronotopo di Castelnuovo". In esso dal punto O dove si trova l'osservatore escono tre tipi di rette, e cioè le rette spaziali che non incontrano l'assoluto, le rette isotrope (di genere luce), che sono tangenti all'assoluto e che formano il cono-luce uscente da O, e le rette temporali che lo incontrano in due punti, e delle quali si devono considerare solo le parti esterne alla quadrica. Lo spazio-tempo tangente P4 interseca il cronotopo di De Sitter nei punti del cono-luce uscente da O. In questi punti si ha la coincidenza dello spazio-tempo assoluto con quello relativo, ed una falda di tale cono è l'Universo visibile dell'osservatore O. Nella relatività speciale proiettiva occorre quindi distinguere lo spazio-tempo assoluto S4 (a curvatura costante) da quelli relativi tangenti. Di conseguenza viene introdotta nel modo più semplice e naturale una doppia scala sia spaziale che temporale, a seconda che le misure vengono riferite al cronotopo di De Sitter o a quello di Castelnuovo. Nell'Universo di De Sitter lo spazio è "finito" ed il tempo è "infinito". Nel cronotopo di Castelnuovo accade invece tutto il contrario, perchè lo spazio risulta "infinito" mentre il tempo è "finito". E' possibile quindi affermare che adoperando la scala delle misure assolute l'Universo risulta infinito nel tempo e finito nello spazio; invece con le misure relative l'Universo risulta infinito nello spazio e finito nel tempo. La velocità della luce aumenta se ci avviciniamo alla singolarità iniziale e finale e diventa infinita in esse. Ne segue che nell'istante iniziale ed in quello finale sia la velocità di espansione cosmica che quella della luce sono infinite. Nella relatività speciale proiettiva la costante universale c non si può più identificare con la velocità della luce, e quindi la distinzione tra bradioni, luxoni e tachioni, non può essere più basata sulla velocità c. Nella relatività speciale proiettiva una particella è un bradione se la sua linea oraria è di genere tempo, è un luxone se la sua linea oraria è di genere luce, ed è un tachione se la sua linea oraria è di genere spazio. Nella cosmologia standard del Big Bang l'Universo si espande a partire da uno stato iniziale iperdenso, puntiforme e con densità infinita (singolarità iniziale). Nella nuova cosmologia proiettiva basata sull'Universo di De Sitter e sul gruppo di Fantappiè, vale una nuova meccanica, e la massa varia non solo con la velocità, ma anche con la distanza spazio-temporale. Ne segue che la massa si annulla sull'assoluto, e cioè nella singolarità iniziale e finale, mentre diventa infinita sul cono-luce. Da tale "legge di variazione della massa", tenendo conto della legge di espansione cosmica, consegue che inizialmente la massa dell'Universo era nulla, poi aumenta con il tempo e con il momento polare d'inerzia (creazione continua), e assume il suo valore massimo per
t = 0 (presente). Dopo abbiamo un collasso, con diminuzione della massa (annichilazione continua), ed essa si annulla nell'istante finale. In altri termini, nell'istante iniziale e finale abbiamo una "singolarità nuda" cioè senza l'orizzonte degli eventi.
Ne segue che nella nuova "cosmologia proiettiva" alla esplosione-collasso dell'Universo è associato un processo di creazione-annichilazione di materia. Nell'istante iniziale la velocità di espansione era infinita e viene creato lo "spazio piatto"; dopo appare la materia, che si condensa in particelle, galassie, stelle e pianeti. Il principio di conservazione della massa-energia nella cosmologia proiettiva, viene generalizzato in quello della conservazione del momento lineare ed angolare, perchè vale la nuova legge di equivalenza massa-momento polare di inerzia.
Nel cronotopo di Castelnuovo, che rappresenta un Universo in esplosione-collasso, il cono-luce uscente dal punto P ha apertura variabile, perchè è dato dalle tangenti all'assoluto condotte da P. Questo permette di superare il "problema degli orizzonti" e quindi non occorre più la cosmologia "inflazionaria". Nella relatività speciale proiettiva, inoltre, il campo elettromagnetico ( a 6 componenti) e quello idrodinamico ( a 4 componenti) vengono fusi nel campo magnetoidrodinamico con 10 componenti. Esiste un profondo legame tra la struttura del gruppo base ed il problema dell'unificazione dei campi fisici. Infatti, passando dalla fisica classica a quella relativistica, le rotazioni spaziali ed i moti inerziali vengono fusi tramite la costante universale c nelle rotazioni cronotopiche, mentre le traslazioni spaziali e temporali vengono fuse nelle traslazioni cronotopiche. Passando alla relatività speciale proiettiva, le rotazioni e le traslazioni cronotopiche vengono fuse, tramite la costante universale r, nelle rotazioni 5-dimensionali. In modo analogo, passando dalla fisica classica a quella relativistica, il campo elettrostatico E e quello magnetostatico H vengono fusi nel campo elettromagnetico H(ik), mentre il campo idrodinamico C e quello scalare C(0) vengono fusi nel campo idrodinamico relativistico C(i). Infine, passando alla relatività speciale proiettiva questi due campi vengono unificati nel campo magnetoidrodinamico H(AB) a 10 componenti, cioè tante quanti sono i parametri del gruppo di Fantappiè. Si ottiene così nel modo più semplice e naturale una teoria unitaria della materia e dell'elettricità, su basi gruppali, la quale è strettamente connessa alla cosmologia. Infatti è possibile affermare che, condizione necessaria e sufficiente per unificare il campo elettromagnetico con quello idrodinamico, è che si passi ad un Universo in esplosione-collasso.

La Relatività Generale Proiettiva.

Passando alla relatività speciale proiettiva i coni-luce sono ad angolo variabile, e la costante c si può identificare con la velocità della luce solo localmente, oppure sul cono-luce dell'osservatore (Universo visibile). Una volta costruita la relatività speciale proiettiva basata sull'Universo ipersferico di De Sitter e sul gruppo di Fantappiè, si può sviluppare in modo univoco la relatività generale proiettiva, in cui valgono le equazioni di Einstein generalizzate. In esse abbiamo la metrica 5-dimensionale ed il tensore energetico del campo magnetoidrodinamico. La relatività generale proiettiva fornisce una generalizzazione del campo gravitazionale, in cui il tensore metrico (con 15 componenti) è legato al tensore energetico del campo magnetoidrodinamico. Per costruire una teoria unitaria del campo magnetoidrodinamico e del campo gravitazionale di Newton, occorre passare all'Universo ipersferico a 5 dimensioni S5 che ammette come movimenti in sè il gruppo delle rotazioni R6 dello spazio a 6 dimensioni, a 15 parametri. La relatività generale proiettiva può essere sviluppata nel modo più semplice se si suppone che la distribuzione materia-elettricità produce una curvatura-torsione locale, che non intacca la struttura ipersferica globale dell'Universo di De Sitter: si ottiene in tal modo un Universo S'(4) globalmente ipersferico e localmente a curvatura-torsione variabile.

La teoria degli Universi ipersferici.

La relatività speciale proiettiva, basata sul gruppo di Fantappiè a 10 parametri, è l'unico perfezionamento della fisica classica e relativistica, se si ha a che fare con uno spazio-tempo a 4 dimensioni e con un gruppo a 10 parametri. La geometria dello spazio a 4 dimensioni può essere costruita in modo univoco se si analizza in che modo si passa dalla geometria piana (2 dimensioni) a quella spaziale (3 dimensioni). In modo analogo è possibile costruire una solida teoria cosmologica analizzando come si passa dalla fisica classica a quella relativistica. Essa inoltre permette di unificare in modo semplice e immediato le leggi della materia (campo idrodinamico a 4 componenti) con quelle dell'elettricità (campo elettromagnetico a 6 componenti). Si ottiene in tal modo il campo magnetoidrodinamico, a 10 componenti, e cioè tante quanti sono i parametri del gruppo di Fantappiè. A livello cosmologico e microfisico sorge il problema della superabilità della velocità della luce, sia perchè l'espansione cosmica può avvenire a velocità iper-c, e sia perchè nella materia iperdensa sono "possibili" tali velocità. Nella relatività speciale proiettiva i coni-luce sono ad apertura variabile, e allora la velocità della luce pur rimanendo insuperabile, non è più costante. Ne segue che la costante universale "c" si può identificare con la velocità della luce solo "localmente" oppure sul cono-luce dell'osservatore (universo visibile).
Il prof. G.Arcidiacono sostiene che l'universo reale è approssimabile con una serie infinita di modelli di Universo ipersferici a 4, 5,..., n dimensioni. Per n = 4 si ottiene la relatività speciale proiettiva mentre per n = 5 si ha la relatività conforme-proiettiva. In un Universo ipersferico n-dimensionale i suoi movimenti in sè sono dati dal gruppo delle rotazioni dello spazio a n+1 dimensioni, con k=n(n+1)/2 parametri, che sono i suoi gradi di libertà. Poichè le leggi fisiche sono invarianti per tale gruppo, esse saranno date dalle equazioni di Maxwell (n+1)-dimensionali, quindi, la teoria di Maxwell può essere generalizzata in n+1 dimensioni.
Gli Universi ipersferici Sn ammettono come movimenti in sè i gruppi delle rotazioni nello spazio a (n+1)-dimensioni. Ad ognuno di tali gruppi corrisponde una relatività speciale proiettiva (n+1)-dimensionale, in cui le leggi fisiche sono date dalle equazioni di Maxwell generalizzate che descrivono un campo con N = n(n+1)/2 componenti, tanti quanti sono i parametri del gruppo (numeri triangolari di Pitagora). Il fatto interessante è che il passaggio da un gruppo al successivo porta ad una maggiore unificazione dei campi. Infine, si ha un profondo legame tra la struttura del gruppo e quella del campo. Se poi si vuole costruire una relatività generale proiettiva (n+1)-dimensionale, occorre utilizzare la geometria di Riemann a n+1 dimensioni ed introdurre una metrica. Si hanno allora le equazioni di Einstein generalizzate, che stabiliscono il legame tra la curvatura riemanniana dello spazio a n+1 dimensioni ed il tensore energetico del campo. Per trascrivere le equazioni generalizzate nel linguaggio fisico è opportuno limitarsi al caso in cui la curvatura "locale" dell'Universo non intacca la sua struttura "globale" ipersferica, e cioè considerare degli Universi globalmente ipersferici S'n. Ne segue che la relatività speciale proiettiva a n+1 dimensioni fornisce il tensore energetico necessario per scrivere le equazioni di Einstein generalizzate.

Gli Universi ipersferici e la fisica quantistica.

Ad ogni modello di Universo ipersferico Sn in cui valgono le leggi di Maxwell ad n+1 dimensioni, corrisponde un Universo S'n globalmente ipersferico le cui leggi sono quelle di Einstein ad n+1 dimensioni. In modo analogo, ad ogni Universo Sn corrisponde una fisica quantistica. All'Universo di Minkowski corrisponde, ad esempio, la teoria quantistica relativistica con le equazioni di Dirac. Ad ogni particella è infatti associata un'onda definita in tutto lo spazio tempo: ne segue che tale onda è strettamente connessa alla sua struttura geometrica globale, e quindi passando da un gruppo al successivo occorre perfezionare la corrispondente meccanica ondulatoria.
Uno dei più interessanti problemi della fisica è quello di costruire una "cosmologia quantistica" in modo da tenere conto dell'espansione cosmica e dell'esistenza della singolarità iniziale in cui l'Universo era ridotto ad un punto e con densità materiale infinita. E poichè l'Universo era inizialmente molto piccolo si impone una descrizione quantistica dello spazio-tempo a livello della scala di Planck che è di 10^-33 cm e di 10^-43 secondi. Negli anni '60 J.A. Wheeler e B. De Witt proposero un'equazione d'onda dell'Universo che è l'equivalente cosmologico dell'equazione di Schrodinger. Per risolvere questa equazione occorre stabilire condizioni al contorno tali da ottenere dalla funzione d'onda cosmologica l'Universo con le caratteristiche che conosciamo. Una interessante condizione per la funzione d'onda cosmologica è stata proposta da Stephen Hawking e J.B. Hartle ed è quella dell'Universo senza limiti (o dell'assenza di contorno), a "tempo immaginario". Una seconda condizione suggerita da Linde e Vilenkin utilizza l'effetto tunnel della fisica quantistica. Queste ricerche sono state fatte entro lo schema della cosmologia standard del big-bang in cui si introduce il "tempo cosmico" e quindi si fa una netta separazione tra spazio e tempo. Ne segue che subito dopo il big-bang l'Universo aveva delle dimensioni piccolissime, cosa che giustifica l'uso della fisica quantistica. Esso ha quindi avuto origine per effetto tunnel da una fluttuazione del vuoto. Se invece ci mettiamo dal punto di vista della teoria dei gruppi otteniamo la "cosmologia quantistica proiettiva" basata sul gruppo di Fantappiè. Introducendo il "tempo immaginario ciclico", lo spazio ed il tempo diventano indistinguibili, l'Universo non è in espansione ed è privo di singolarità. Possiamo allora scrivere le equazioni di Dirac 5-dimensionali invarianti per il gruppo di Fantappiè mediante gli "spinori" di Cartan. Se passiamo alla loro trascrizione 4-dimensionale e cioè al cronotopo di Castelnuovo, appariranno la singolarità iniziale e finale: inizialmente lo spazio era piatto mentre la materia si sarebbe condensata in un secondo momento, per effetto dell'espansione cosmica, in accordo con la cosmologia inflazionaria. Secondo I. Licata, nella nuova versione della cosmologia quantistica, il ruolo delle dimensioni di Planck è quello di individuare tra le possibili fluttuazioni quella critica che ha rotto la simmetria originaria. Di conseguenza la radiazione di fondo di 2,7° K può essere interpretata come "fluttuazione del punto zero" del vuoto quantistico.

Gli universi quantistici di Fantappiè.

Nella sua "teoria degli Universi fisici", Fantappiè faceva corrispondere ad ogni gruppo di Lie a k parametri un modello di Universo. Questo gruppo definisce un criterio di uguaglianza tra due enti o fenomeni fisici, e ad esso corrisponde un sistema di leggi invarianti per il gruppo. Secondo Fantappiè, in un Universo quantistico definito su un gruppo base, il campo naturale di definizione delle funzioni di stato "fi(x)" è il gruppo topologico (a 10 dimensioni), formato da tutti i punti x immagini delle trasformazioni del gruppo. In questo spazio dei punti x , il gruppo base con cui si passa da una entità fisica ad un'altra entità uguale, subordina il gruppo parametrico destro x'' = x * a , mentre il gruppo obiettivo che descrive gli apparenti cambiamenti dei fenomeni, dovuti ai cambiamenti di posizione dell'osservatore, subordina il gruppo parametrico sinistro x' = a * x. Poichè ogni operatore fisico K dovrà rimanere invariante per questi due gruppi, esso può essere determinato per via matematica, a partire dalla struttura del gruppo base. E' noto che nello spazio rappresentato dalle funzioni f(x) la grandezza corrispondente all'operatore K ha un valore esatto "lambda", che è un autovalore dell'operatore K, mentre (x) è una autofunzione. Ma non tutti gli operatori funzionali lineari possono rappresentare delle grandezze fisiche, perchè ogni grandezza che abbia un significato fisico deve soddisfare le due condizioni stabilite da Fantappiè: a) deve essere osservabile, cioè rilevabile mediante operazioni esattamente definite (definizioni operative); b) deve avere carattere obiettivo, e cioè deve risultare indipendente dagli osservatori. Queste due esigenze si traducono per l'operatore K in due condizioni. La prima traduce l'esigenza dell'osservabilità, e esprime che l'operatore K si ottiene applicando un funzionale lineare puro F alla funzione "fi(x)", nella quale si sia effettuato un generico cambiamento di coordinate, in quanto tale funzione dipende dai parametri di questa trasformazione e non dalle coordinate x del punto, che si considerano costanti.
La seconda condizione traduce invece l'esigenza che la grandezza abbia significato obiettivo, e esprime che l'operatore K deve essere invariante (e quindi permutabile), rispetto a tutte le trasformazioni del gruppo base, che definisce il criterio dell'uguaglianza nell'Universo. L'operatore K può essere caratterizzato dalla sua indicatrice proiettiva p(t), e tale indicatrice deve essere un invariante del gruppo duale del gruppo aggiunto. Come ha dimostrato Fantappiè, in base alla sua "teoria dei funzionali analitici", questa condizione risulta necessaria e sufficiente. La determinazione degli invarianti del gruppo duale dell'aggiunto risulta immediata nel caso in cui il gruppo base sia semplice, come per esempio accade per il gruppo di Fantappiè (isomorfo al gruppo delle rotazioni dello spazio a 5 dimensioni) a 10 parametri.
L'equazione caratteristica del gruppo delle rotazioni ha come coefficienti dei polinomi omogenei di grado s, nei parametri canonici, che si determinano con calcoli algebrici a partire dalle costanti di struttura del gruppo, e risultano invarianti del gruppo aggiunto del gruppo base. Se poi si adoperano parametri canonici ortogonali, tutti gli invarianti del gruppo aggiunto, e in particolare tutti i coefficienti dell'equazione caratteristica, risultano anche invarianti del gruppo duale. Il numero degli invarianti indipendenti è dato dal rango h del gruppo (se esso è semplice), e quindi un sistema completo di tali invarianti è già dato da h coefficienti dell'equazione caratteristica, mentre tutti gli altri invarianti sono delle funzioni arbitrarie di tali polinomi. Fantappiè giungeva così alla interessante conclusione che in un "Universo quantistico" si avranno in corrispondenza a questi h polinomi invarianti altrettanti operatori lineari, e cioè solo h "grandezze quantiche fondamentali". Applicando questi risultati al gruppo di Fantappiè della relatività finale, in cui si ha h= 2, si trovano due invarianti fondamentali del gruppo aggiunto o del suo duale. Il primo è dato da una forma di secondo grado nei parametri canonici, legato alla massa e si ottiene allora la generalizzazione dell'equazione di Schrodinger della fisica quantistica. Il secondo invariante è invece una forma di quarto grado nei parametri, cui corrisponde un nuovo operatore legato allo spin. Fantappiè si proponeva di sviluppare la teoria degli Universi fisici utilizzando la sua teoria dei funzionali analitici e la teoria dei gruppi topologici. Pochi anni dopo, nel 1964, tale idea è stata ripresa da F. Lurcat, il quale è giunto indipendentemente ad analoghe conclusioni, sia pure limitate al solo gruppo di Poincarè della relatività speciale. E' però da ricordare che nel 1954 E.P. Wigner aveva accennato alla possibilità di usare i 10 parametri del gruppo topologico, per descrivere sia la massa che lo spin delle particelle. Ora noi sappiamo che una particella, potendosi considerare come un solido molto piccolo, ha 6 gradi di libertà, e quindi occorre prendere come spazio delle configurazioni una varietà a 6 dimensioni, che è isomorfa al gruppo delle roto-traslazioni dello spazio euclideo tridimensionale. In modo analogo, nella fisica relativistica occorre utilizzare una varietà a 10 dimensioni, isomorfa al gruppo di Poincarè a 10 parametri. Solo così si può descrivere in modo completo sia la massa che lo spin della particella. Il Lurcat propone di sostituire lo spazio-tempo di Minkowski con il gruppo topologico di Poincarè (o meglio con il suo gruppo di ricoprimento P'). La teoria dei campi che così si ottiene dovrà risultare invariante per il gruppo di Poincarè dello spazio di Minkowski (trasformazioni attive), anche rispetto ai cambiamenti di riferimento (trasformazioni passive). La distinzione tra invarianza attiva e passiva corrisponde all'invarianza rispetto ai due gruppi base e obiettivo, introdotti da Fantappiè nel 1952. I campi fisici saranno quindi definiti sul gruppo P', una volta scelto un riferimento standard, e si ottiene così una semplice caratterizzazione gruppale dei campi di Bose, a spin intero, (bosoni) e di Fermi, a spin semintero (fermioni). Se poi indichiamo con U(g) una rappresentazione unitaria del gruppo P', essa ci dà una rappresentazione degli operatori "momento lineare" Pi e "momento angolare" Mik (dove i, k = 1, 2,..., 4), che sono le trasformazioni infinitesime del gruppo P'. Queste trasformazioni possono essere rappresentate mediante operatori di differenziazione destra agenti sul gruppo topologico. In questo modo, secondo Lurcat, viene eliminata ogni ambiguità nelle equazioni d'onda, perchè per ogni tipo di particella abbiamo una coppia di equazioni univocamente definita.

Relatività conforme e gravitazione.

La relatività speciale proiettiva basata sul gruppo di Fantappiè a 10 parametri può essere perfezionata passando all'Universo ipersferico S5, i cui movimenti in sè sono dati dal gruppo delle rotazioni dello spazio a 6 dimensioni, a 15 parametri. Si ottiene allora la "relatività speciale conforme". Poichè nel gruppo base ci sono i movimenti uniformemente accelerati, essa fornisce nel modo più semplice e naturale la "teoria unitaria" del campo magnetoidrodinamico e del campo gravitazionale di Newton. Per costruire tale teoria su basi gruppali, occorre passare all'Universo ipersferico a 5 dimensioni. La nuova teoria può essere sviluppata nel modo più semplice introducendo le sei coordinate proiettive: le leggi fisiche sono date allora dalle equazioni di Maxwell a 6 dimensioni. Ne segue che il campo magnetoidrodinamico-gravitazionale ha 15 componenti (6+4+4+1), cioè tante quanti sono i parametri del gruppo conforme. Se ci si pone nello spazio proiettivo P5 tangente all'ipersfera S5 e si introducono le 6 coordinate proiettive (metrica proiettiva), queste permettono di sviluppare la relatività speciale conforme con il formalismo tensoriale 6-dimensionale. Passando alla relatività generale conforme, la metrica proiettiva su menzionata, rimane invariante per un movimento uniformemente accelerato. Ne segue che le equazioni di Einstein generalizzate allo spazio a 6 dimensioni non contengono il campo gravitazionale di Newton, che è stato assorbito dalle equazioni di Maxwell a 6 dimensioni. Questa teoria quindi descrive un campo legato alla variazione dell'accelerazione. E' possibile quindi concludere che man mano che viene ampliato il gruppo base, dalle equazioni tipo Einstein scompaiono i campi che sono successivamente inseriti nelle equazioni tipo Maxwell.

Michele Nardelli
2 Commenti Scrivi Commento
La Teoria del Tutto e alcune ipotesi sul suo formalismo matematico (M.Nardelli) - 05:08, 5/23/2005
Con l'esperimento Boomerang, gli scienziati scoprirono tra le pieghe delle radiazioni di fondo cosmico, dei fossili di antichi "suoni": i suoni armonici prodotti dalle onde d'urto dell'espansione inflazionaria dell'universo. Tale scoperta rilanciò il modello standard della cosmologia scientific, il modello del cosiddetto Big Bang caldo (hot Big Bang) nella versione inflazionaria che è stato elaborato all'inizio degli anni '80 dal russo Andrei Linde e dall'americano Alan Guth. Ma ha rilanciato anche l'idea metafisica dell'armonia cosmica. Viviamo davvero in un universo informato e quasi modellato da un ordine matematico così armonioso da somigliare ad una sinfonia? Secondo la Teoria delle superstringhe, in principio fu la "corda" che subito iniziò a "vibrare". E la sua musica, una sinfonia cosmica in 10 (o 11) dimensioni, diede corpo e forma a tutte le cose dell'universo. L'universo che i fisici teorici propongono alla fine del ventesimo secolo è un universo geometrico, con tutta la delicatezza melodiosa dell'universo di Pitagora e con tutta l'eleganza astratta, dell'universo di Platone. E' un universo in cui l'armonia ritorna come essenza fisica.
Da almeno tre quarti di secolo la fisica teorica è dominata da due grandi teorie. Una, la relatività generale, che descrive il comportamento dell'universo a grande scala. L'altra, la meccanica quantistica, che descrive il comportamento dell'universo a livello microscopico. Entrambe sono teorie molto precise, che ambiscono a definirsi teorie generali e, quindi, "ultime". Eppure la relatività generale e la meccanica dei quanti risultano, tra loro, incompatibili. Cosa significa tutto questo? Che forse la realtà sfugge ad ogni possibilità di essere descritta in modo unitario? I fisici teorici sono convinti di avere finalmente intrapreso la strada giusta, dopo decenni di sforzi alla ricerca della teoria in grado di "unificare" la fisica. Grazie a due svolte decisive realizzate, rispettivamente, nel 1968 e nel 1995. La prima dovuta ad un italiano, Gabriele Veneziano, e ad una sua brillante idea. Poniamo che la realtà ultima dell'universo, sosteneva (e sostiene) il fisico torinese, non sia costituita da
particelle puntiformi, ma da stringhe, da piccole "corde", infinitamente piccole, che si estendono nello spazio ad una dimensione. Applichiamo a queste stringhe le leggi della meccanica quantistica e vediamo cosa succede. Quelle stringhe iniziano a "vibrare", a suonare come le corde di un violino, e ad ogni modo di vibrazione, ad ogni nota di quelle corde del violino cosmico, corrisponde una particella o una forza della natura. Esistono stringhe bosoniche, le cui vibrazioni corrispondono a quelle particelle subatomiche denominate bosoni (che obbediscono alla statistica di Bose-Einstein), quali sono per esempio i fotoni ed i gravitoni. Esistono le stringhe fermioniche, le cui vibrazioni corrispondono a quelle particelle note come elettroni, protoni e neutroni (queste ultime costituite da terne di quark) e denominate fermioni(che obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac). La musica delle stringhe è la forza creatrice dell'universo e questa sinfonia sembra realizzare, finalmente, l'attesa riconciliazione tra relatività generale e meccanica quantistica. Ma i fisici teorici riescono a descrivere solo con equazioni "approssimate" l'universo delle stringhe. E, inoltre, nel corso degli anni vengono scoperte ben cinque diverse teorie di stringa (o meglio di superstringa): tipo IA, tipo IIA, tipo IIB, eterotica -O, eterotica-E. La teoria di stringa di tipo I, prevede l'esistenza sia di stringhe aperte, che hanno cioè i due estremi liberi, sia di stringhe chiuse, che hanno la forma di un cappio chiuso, di un anello deformabile. La teoria di stringa di tipo IIA, studia stringhe chiuse i cui modi vibrazionali destrorsi e sinistrorsi sono simmetrici. Quella di tipo IIB, studia stringhe chiuse i cui modi vibrazionali destrorsi e sinistrorsi sono asimmetrici. Le teorie eterotica-E ed eterotica-O, descrivono stringhe chiuse, le cui vibrazioni antiorarie assomigliano a quelle delle stringhe di tipo II, mentre quelle orarie sono simili alle vibrazioni delle stringhe bosoniche (i cui modi di vibrazione sono tutti bosoni). Queste ultime due teorie differiscono in maniera sottile ma importante l'una dall'altra. La nuova svolta avviene nel 1995, quando il fisico americano Edward Witten dimostra che le cinque teorie di stringa ed un'altra teoria, quella della gravità quantistica, sono espressioni diverse di una medesima e più fondamentale teoria soggiacente: la teoria che egli definisce Teoria M o M-6. L'universo di M-6 ha undici dimensioni, dieci spaziali ed una temporale, e in esso vibrano non solo "corde" unidimensionali, ma anche oggetti estesi chiamati membrane (o "brane") a due, tre e più dimensioni. Una particella puntiforme che si muove nello spazio-tempo traccia in esso una linea che in fisica si definisce "linea d'universo". Similmente una stringa chiusa che evolva nel tempo traccia una superficie bidimensionale, il suo "foglio d'universo". Sia in meccanica classica, che in meccanica quantistica la dinamica di un oggetto si deriva da un funzionale di azione: esso è una qualche regola che associa un numero reale ad ogni possibile traiettoria dell'oggetto in questione. Per una particella puntiforme il funzionale di azione è semplicemente la lunghezza della sua linea d'universo, non casualmente il funzionale di azione per le stringhe è l'area del loro foglio d'universo. Quando le cinque teorie vengono analizzate in un regime di accoppiamento forte, le differenze scompaiono e si scopre che ciascuna di esse descrive, ad accoppiamento debole, la fase di accoppiamento forte di un'altra teoria dello stesso insieme. (Vi è un numero che determina la probabilità che una stringa si divida in due a causa della momentanea comparsa di una coppia di stringhe virtuali, in un modo analogo a quello in cui nel vuoto improvvisamente compaiono coppie di particelle virtuali, dovuta alle fluttuazioni quantistiche. Questo numero si chiama "costante di accoppiamento di stringa": esso descrive quanto strettamente sono correlate - accoppiate - le fluttuazioni quantistiche delle tre stringhe, la stringa iniziale e le due stringhe virtuali in cui si divide. Il formalismo matematico mostra che quanto più grande è la costante di accoppiamento di stringa tanto maggiore è la probabilità che le fluttuazioni quantistiche facciano sì che la stringa iniziale si divida in due (per poi formare nuovamente una stringa unica); quanto più piccola è la costante di accoppiamento di stringa, tanto minore è la probabilità che si crei una coppia di stringhe virtuali. Se la costante di accoppiamento di stringa vale meno di 1, allora la probabilità che si creino coppie di stringhe virtuali diventa tanto minore quanto maggiore è il numero di tali coppie. Al contrario, se la costante di accoppiamento di stringa è maggiore o uguale a 1, la probabilità che irrompano sulla scena coppie virtuali diventa tanto maggiore quanto maggiore è il numero di tali coppie. Il già citato Witten argomentò che partendo con una stringa di tipo IIA ed aumentando la sua costante di accoppiamento da un valore molto minore di 1 fino ad un valore molto maggiore di 1, la fisica che si viene ad analizzare ha un'approssimazione a basse energie che è la supergravità in undici dimensioni).
Man mano che ci si inoltra nella fase di accoppiamento forte si scopre che vi sono altri oggetti estesi nella teoria, oltre a quelli unidimensionali. Tali oggetti vengono definiti, come prima accennato, "brane" e si parla di una p-brana per indicarne una di dimensione p. Una p-brana è un oggetto esteso di dimensione p (una ipersuperficie) che evolve nello spazio-tempo e traccia un p+1-dimensionale "volume d'universo". (Notiamo come per una particella che traccia una linea nello spazio-tempo abbiamo usato la notazione "linea d'universo", per una stringa chiusa che evolva nel tempo tracciando una superficie bidimensionale, la notazione "foglio d'universo". Da ciò è logico dedurre che per una p-brana, che è una ipersuperficie, adotteremo la notazione "volume d'universo"). Anche per le p-brane esiste un funzionale d'azione: esso è essenzialmente l'estensione del loro volume d'universo.
La teoria M-6 indica che forse i fisici hanno intrapreso la strada giusta verso la teoria in grado di fornirci una visione unitaria e coerente dell'universo. Ma si tratta di una strada lunga e ancora tutta da percorrere. Le equazioni di M-6 sono ancora tutte equazioni approssimate, e, soprattutto, M-6 è un'elegante costruzione matematica che non fa ancora previsioni verificabili sperimentalmente. L'universo di M-6 è una sinfonia suonata da un'orchestra ad infinite dimensioni. Quindi, la M teoria (come solitamente viene chiamata M-6) unifica tra di loro le varie teorie consistenti di superstringa scoprendo un'undicesima dimensione. Non casualmente undici è la massima dimensione in cui una versione supersimmetrica della gravità einsteniana è formulabile. Che fare dunque delle dimensioni addizionali se a noi sembra di vivere in un universo con tre dimensioni spaziali ed una temporale? In verità non esiste conflitto tra le predizioni della teoria e la nostra esperienza sensibile se le dimensioni aggiuntive sono "compatte" (nascoste). In maniera approssimativa si può dire che uno spazio è compatto se qualunque curva in esso contenuta ha lunghezza finita e non può estendersi infinitamente. Il prototipo di uno spazio compatto è il cerchio. Le teorie di superstringa e la teoria M richiedono dimensioni aggiuntive: si tratta di immaginare che tali dimensioni siano "arrotolate" in cerchi (o nella generalizzazione dei cerchi a più alte dimensioni, le varietà compatte che in matematica si definiscono "tori"). La forma delle dimensioni compatte è molto importante. Infatti la geometria delle dimensioni compatte determina le proprietà delle particelle elementari che noi osserviamo in quelle estese. Se la teoria con dimensioni compatte contiene p-brane, molte cose interessanti possono avvenire. Le brane possono "arrotolarsi" sui "manici" delle dimensioni compatte: ad esempio, è facile per le stringhe arrotolarsi attorno ai tori (Ricordiamo che il toro è una superficie ad anello generata dalla rotazione di una circonferenza intorno ad una retta complanare ed esterna ad essa. Il toro è la "riemanniana", cioè l'immagine reale di una curva ellittica considerata nell'insieme dei suoi punti reali e complessi). Questo implica che molte proprietà delle particelle che noi osserviamo nelle dimensioni non compatte (estese), praticamente nel nostro spazio-tempo quadridimensionale, possano essere interpretate come lo "stato di arrotolamento" delle brane nelle dimensioni compatte (nascoste).
Se, come abbiamo detto in precedenza, l'universo descritto dalla teoria M è una "sinfonia" suonata da un'orchestra ad infinite dimensioni, è dallo studio degli "spazi ad infinite dimensioni" che potrebbe scaturire una teoria matematica rigorosa in grado di definire alcune importanti soluzioni delle equazioni inerenti una eventuale Teoria del Tutto. La teoria generale delle funzioni pseudo-analitiche e rappresentazioni pseudo-conformi delle superfici riemanniane (collegata alla teoria degli spazi ad infinite dimensioni) sviluppata dal matematico napoletano Renato Caccioppoli, potrebbe fornire uno strumento matematico idoneo ad ottenere soluzioni delle equazioni della teoria di campo unificato, sul modello della "stringa chiusa ad anello", prive di singolarità.
Giunti a questo punto è utile fare una breve disgressione.
Il compito scientifico che Einstein si era dato nell'ultimo periodo della sua vita si imperniava su tre obiettivi: l'unificazione della gravitazione e dell'elettromagnetismo, la deduzione della fisica quantistica da una teoria casuale, e la descrizione delle particelle come soluzioni prive di singolarità di campi continui. Einstein era profondamente fiducioso in una descrizione dell'universo basata esclusivamente su campi ovunque continui; spiegare quindi anche le particelle elementari della natura per mezzo di campi continui. Vi era infatti la convinzione che non è possibile tenere l'uno accanto all'altro i concetti di campo e di particella come elementi della descrizione fisica. Il concetto di campo richiede che non vi siano singolarità, mentre il concetto di particella (come concetto elementare) è una singolarità del campo. Il concetto di campo, tuttavia, sembra inevitabile, poichè senza di esso sarebbe impossibile formulare la teoria della relatività generale, e quest'ultima è l'unico mezzo per evitare l'irreale sistema inerziale. Per questo motivo non si vede nella situazione attuale altra via possibile se non una pura "teoria del campo", la quale ha davanti a sè il compito gigantesco di dedurre il carattere atomico dell'energia. Le equazioni gravitazionali dello spazio vuoto sono il solo caso razionale ben fondato di una teoria di campo che possa pretendere di essere rigorosa. Tutto ciò conduce al tentativo di giungere ad una "teoria di campo totale" generalizzando la teoria della gravitazione di Einstein per lo spazio libero. Einstein aveva stabilito delle equazioni generalizzate di campo (unificando gravità ed elettromagnetismo), ma i tempi non erano ancora maturi. Il suo risultato era quindi ben lontano dall'essere sufficiente, soprattutto in seguito alla scoperta delle forze nucleari debole e forte, in quanto non si conosceva alcun metodo per ottenere soluzioni di un tale sistema di equazioni prive di singolarità. E' stato dunque necessario un progresso decisivo nei metodi matematici (teoria delle superstringhe), affinchè fosse possibile paragonare il contenuto di una teoria di campo non lineare con l'esperienza. Dall'applicazione della teoria di analisi funzionale, sopra menzionata, alla teoria delle stringhe, da me sviluppata in termini matematici, sembra conseguire un importante risultato e cioè che soltanto per soluzioni infinite, il campo unificato ammette soluzioni continue, prive quindi di singolarità. E' quindi un universo ad infinite dimensioni quello che si va delineando applicando l'interessantissimo lavoro matematico del Caccioppoli all'attualissima teoria fisica delle superstringhe.


Qui i seguito i link che trattano delle connessioni matematiche tra la Teoria delle Stringhe e la Teoria dei Numeri

http://150.146.3.132/679/01/NardLanBin02.pdf
http://150.146.3.132/647/01/NardTurccp.pdf

Questo è invece il link del Database CNR di matematica e fisica teorica dove sono pubblicati tutti i miei articoli sulla Teoria delle Stringhe

http://150.146.3.132/perl/user_eprints?userid=36

Michele Nardelli
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Universo fisico e Universo psichico: tra Scienza e Fede (M.Nardelli) - 04:36, 5/22/2005

William James ha postulato l'esistenza di un "continuum" di coscienza cosmica che è un universo a substrato sostanzialmente psichico. In termini più semplici è possibile parlare di "universo delle forze psichiche", che potrebbe benissimo sussistere accanto all'universo della materia e dell'energia. La mente può allargarsi indefinitamente oltre le esperienze personali, fino ad includere nella propria sfera un passato che non gli appartiene ma che diviene accessibile in virtù della chiaroveggenza retrospettiva, una sorta di viaggio mentale nel passato. E' possibile che il passato abbia una sua esistenza reale ed imperitura. L'orientalista Pietro Silvio Rivetta afferma:" tutto ciò che è accaduto, esiste realmente, ossia "è", soltanto le limitazioni dei sensi ci impediscono di avere coscienza attuale di tale persistente realtà". Se il passato esiste, non può trovarsi che nella dimensione infinita del tempo, che racchiude l'intero universo materiale nel suo divenire, secondo il concetto relativistico del continuum spazio-temporale. E' in questa dimensione che si inoltra la mente di un soggetto sensitivo, seguendo una linea cronotopica (cronotopo=riferito allo spazio-tempo quadridimensionale, nel caso della teoria della relatività generale) che si dipana nel continuum spazio-temporale. Il concetto di esistenza non è valido per la coscienza supertemporale che appartiene all'io segreto e che è stato definito "coscienza di eternità", una dimensione eterna ed immutabile dove il passato non fugge e dove il futuro non è inaccessibile al pensiero presente. Il continuum è un grande, immobile panorama che si estende nelle due direzioni del tempo. L'esistenza dei due fenomeni simmetrici di retrocognizione e precognizione ci dice che in una dimensione superiore a quelle spaziali, e cioè nel continuum spazio-temporale, esistono tutto il passato e tutto l'avvenire. Attribuire il requisito dell'esistenza solo alle situazioni presenti, sarebbe come considerare esistenti i fotogrammi di una pellicola nell'attimo in cui essi vengono illuminati da un proiettore cinematografico, trascurando il fatto che esistono anche i fotogrammi già passati e quelli che devono ancora arrivare. Resta da vedere entro quali limiti una simile concezione può trovare riscontro nei modelli d'universo proposti da fisici e matematici. Hinton parlava di "un meraviglioso insieme nel quale tutto ciò che è esistito, o esisterà, coesiste". Vi è inoltre lo schema più moderno detto di "esistenza totale" del grande matematico Luigi Fantappiè. In tale quadro la possibilità della precognizione è un piccolo spiraglio che si apre qualche volta sul panorama del futuro, vale a dire su ciò che esiste in una dimensione superiore o supertemporale. L'uomo sembra apparire un essere a più di tre dimensioni, che può spaziare mentalmente lungo la dimensione del tempo, ben oltre i limiti fissati dall'origine e durata del suo corpo. Il futuro esiste e ciò non vieta che da una dimensione superiore si possa conoscere quale sarà la futura e libera espressione della nostra volontà. In punti ancora lontani del continuum spazio-temporale, esistono già le "conseguenze" dei nostri liberi atti di volontà dei quali l'io cosciente non sa ancora nulla, perchè non è ancora arrivato a "viverli". Tutto ciò che noi sappiamo, presentiamo o indoviniamo, non ci appartiene direttamente; esso non è che il riflesso di qualcosa che esiste sotto forma imponderabile e assolutamente inconcepibile, nella "centrale della conoscenza", un luogo dell'intelligenza suprema ed universale, situato oltre le quattro dimensioni del nostro universo. Emerge quindi l'autonomia e la sovranità della "psiche", che appare capace di estendere l'io, con tutte le sue facoltà e prerogative anche fisiche, oltre ogni limite di distanza e di tempo. Esiste cioè un certo piano della realtà al quale si può accedere solo in particolari stati di coscienza; un luogo "dove il tempo e la distanza non contano", la dimensione iperspaziale dell'universo. La via d'accesso alla "dimensione psichica" passa attraverso l'inconscio. Scrive Jung che quando l'anima prende contatto con l'inconscio viene a trovarsi in un certo senso in rapporto con la collettività delle anime passate, presenti e future e con la dimensione ad essa associata. In questa dimensione attingono le proprie "visioni" tutti coloro che intrattengono un dialogo attivo ed aperto con il proprio inconscio e cioè i sensitivi, la cui mente va e viene da quella dimensione evocandone i contenuti. La natura è retta da leggi più ampie di quelle dell'universo sensibile; la realtà investigata dalla scienza non è che un settore di quella globale. Tirrell è convinto che i fenomeni paranormali "non costituiscono fatti insoliti e privi di legami con altri fenomeni naturali, nè infrangono le leggi fisiche dell'universo"; essi dimostrano semplicemente "l'esistenza di una vita e di un universo al di là di quelli investigati dalla scienza". Non meno esplicita è la posizione del matematico Fantappiè: "appare chiaro che non tutta la realtà si esaurisce nello spazio-tempo dell'universo sensibile. Per poterla spiegare in tutta la sua completezza, bisogna dunque cercare uno schema più ampio al di là di questo". Fantappiè ha cercato e trovato questo schema. Dopo aver elaborato un modello matematico dell'universo alquanto più complesso di quello proposto a suo tempo dal de Sitter, si è dedicato al compito di ricercare e definire per via matematica tutte le categorie degli "universi possibili", secondo certe premesse geometriche che la "teoria dei gruppi" permette di stabilire per ogni tipo di realtà fisica, in dipendenza dei possibili "gruppi di trasformazione" che caratterizzano ciascun universo. (Ricordiamo che nell'universo di de Sitter, lo spazio è finito ed il tempo è infinito. Infatti, come osservava Eddington, partendo da "qui" - dimensione spaziale - si finirà con il tornare "qui", mentre partendo da "ora" - dimensione temporale - non si tornerà più a "ora". Quindi adoperando la scala delle misure assolute, l'universo risulta infinito nel tempo e finito nello spazio). Non si tratta di pure e semplici astrazioni concettuali; tali universi potrebbero esistere e "forse esistono veramente", sarebbero anzi "inclusi l'uno dentro l'altro, presentando così una inesauribile varietà di forme e di possibilità, pur nell'unità organica da cui essi tutti derivano". La conclusione importante a cui giunge il Fantappiè è che "quanto sembra inesplicabile in un universo, può invece trovare la sua logica sistemazione in un altro universo associato ad un gruppo di trasformazioni più ampio e quindi ad un numero maggiore di gradi di libertà". L'esempio che egli porta in proposito si basa su quel piccolissimo universo rappresentato dall'atomo di idrogeno. Secondo le notazioni dello studioso, esso corrisponderebbe all'universo "numero uno della categoria B". A volte gli atomi di idrogeno si trovano ad essere urtati da fotoni (quanti di energia luminosa) e fanno, in conseguenza, un balzo da un livello di energia ad un altro. Un fenomeno come questo risulterebbe assolutamente inesplicabile per un osservatore di quel mondo infinitesimo, dato che il fotone non appartiene al suo "universo"; ma ciò non toglie che esso sia manifestazione di una realtà più ampia. Allo stesso modo, osserva il grande matematico, "molti fenomeni inesplicabili del nostro universo, potrebbero essere interpretati in termini di un altro universo più ampio". E' come dire che questo "universo più ampio o più complesso", è l'unica cornice possibile per tutti quei fenomeni paranormali che sembrano contraddire alle leggi del mondo fisico, ma che potrebbero essere benissimo spiegati ricorrendo ad ulteriori "dimensioni" ed a leggi più vaste, di cui quelle a noi note sarebbero soltanto casi particolari. I "gradi di libertà" sono molti se ci riferiamo al nostro "io" trascendente, che non è vincolato al condizionamento psichico. Fantappiè sostiene che "noi, grazie al nostro io spirituale, apparteniamo a tutta la catena degli universi" e, conseguentemente, siamo potenzialmente anche liberi di spaziare in essi. Tale tentativo permette di collegare la pura speculazione matematica alla fenomenologia collegata ai poteri trascendenti della psiche, e sulla naturale ambientazione di quest'ultima in un quadro cosmico caratterizzato da dimensioni che non possiamo neppure immaginare. Scrive ancora Fantappiè: "se vogliamo conoscere la realtà dei fenomeni psichici, dobbiamo muoverci nell'universo psichico e secondo tutti i gradi di libertà di quell'universo; questo vale in particolare per i fenomeni paranormali". Secondo lo scienziato gli eventi paranormali, come del resto tutti i fenomeni della vita, appartengono alla categoria dei fenomeni "sintropici", i quali, almeno apparentemente, si evolvono in deroga ad una delle leggi più generali dell'universo fisico: quella cioè che comporta un progressivo e fatale "livellamento" dei potenziali di energia (legge dell'entropia).
Dio e la scienza.
Dio è amore; Egli è trascendente come l'infinito, Dio trascende anche sè stesso. L'anima è "generata" non creata della stessa sostanza di Dio. Il corpo è creato, l'anima è generata, è parte di Dio, è un microcosmo di Dio. L'infinito è dentro ognuno di noi, il pensiero non si ferma mai, non ha limiti, è infinito. Noi siamo eterni nel tempo e nello spazio come esseri coscienti, come era nel principio (passato), ora (presente) e sempre (futuro). Il pensiero "anticipa" l'evento; da qui la spiegazione di come gli scienziati del calibro di Galilei, Newton ed Einstein, hanno anticipato in via puramente speculativa teorie che molti anni dopo sono state confermate o che hanno permesso ulteriori sviluppi nel campo delle tecnologie.
La coscienza di ognuno di noi è gia preesistente, sin dall'inizio del tempo (Big Bang). L'uomo è microcosmo perchè è costituito dagli stessi elementi di cui è costituito l'universo, è microstoria perchè fa parte integrante dell'intera storia del genere umano, cioè da quando è stata generata la coscienza iniziale del primo essere pensante. Ma perchè è nato l'universo? In base alle possibilità infinite esistenti in natura, il nostro universo sembra essere il migliore possibile per lo sviluppo di vita intelligente. Inoltre, se l'anima sopravvive dopo la morte in una dimensione superiore (e sappiamo che esistono dimensioni "invisibili", cioè quelle dimensioni dell'infinitamente piccolo, le cosiddette dimensioni "arrotolate" o "compattificate" di cui si occupa la teoria delle stringhe), in quello che viene definito il superspazio, cosa se non l'amore di una grande Intelligenza Divina ha fatto in modo che noi gradualmente ci potessimo sviluppare, in varie esistenze, in incarnazioni sempre più perfette, fino allo scopo ultimo di arrivare alla Perfezione Divina e di essere un tutt'uno con Essa? Cosa se non l'amore ha fatto in modo che l'universo si sviluppasse in maniera così armoniosa ed intelligente e che l'uomo potesse essere originale nei più svariati campi (artistico, musicale, scientifico...), fino a chiedersi la provenienza di tutta quest'armonia meravigliosa? Allora, perchè l'universo esiste? Se, per il secondo principio della termodinamica, ogni cosa procede verso il disordine, e l'universo è destinato a "spegnersi" o a "ricollassare" ed esplodere in un nuovo Big Bang (universo ciclico: Big Bang - Big Crunch...), perchè è nato? E' nato perchè il nostro vero "io" cioè l'anima, la mente, il pensiero, sopravviva al trascorrere del tempo ed alle sue conseguenze sulla materia, in altre dimensioni in cui potremo svilupparci e perfezionarci ulteriormente fino a identificarci con il Creatore. E questo perchè Egli ci ama. E' quindi l'amore il perchè, il fine dell'esistenza di ogni cosa. Per la teoria della relatività speciale, la velocità della luce è una velocità limite, è cioè una quantità che si definisce "invariante". Avvicinandoci sempre di più alla velocità della luce, andiamo incontro ad effetti relativistici del tipo "dilatazione del tempo" e "contrazione delle lunghezze". Se si potesse superare questa barriera sarebbe possibile viaggiare a ritroso nel tempo. Ammettiamo, per ipotesi, che ciò sia possibile. Secondo la tesi della "molteplicità degli universi" della meccanica quantistica, non è detto che viaggiando nel passato si debba giungere necessariamente nel passato di "questo" universo. E' possibilissimo, cioè, che si giunga nel passato di uno qualsiasi degli infiniti universi possibili. Per il futuro vale lo stesso ragionamento: un viaggio nel futuro, quindi, non conduce necessariamente nel futuro del nostro universo, ma nel futuro di uno qualsiasi della molteplicità degli universi. Ci sono però delle fenomenologie paranormali che non sembrano inquadrarsi in tale contesto. Come esempio prendiamo la tragedia del Titanic. Se il futuro è ancora incerto (non è già scritto), come è possibile che alcuni soggetti altamente sensibili hanno avuto la visione precognitiva di ciò che sarebbe successo di lì a vari giorni? L'unica spiegazione plausibile è che il Titanic era già destinato ad affondare e quindi che nell'universo il futuro è già segnato. Ciò fa nascere delle interessanti constatazioni alla tesi della molteplicità degli universi. Se il futuro non è ancora stabilito, come sono riuscite le menti di tali soggetti ad ottenere la "visione" di un evento futuro che si è poi correttamente verificato? Sembrerebbe che il futuro sia già scritto e se ciò è reale, passato, presente e futuro di "ogni universo" sono già stabiliti dall'inizio del tempo. Secondo tale tesi, quindi, quello che mi accadrà domani era già delineato in forma embrionale, sin dall'inizio del tempo. Ma ciò non contraddice la tesi della molteplicità degli universi se si adotta la seguente spiegazione: gli universi possibili sono infiniti e quindi gli "eventi" possibili sono infiniti. Sono gli eventi di ogni universo ad essere già determinati all'inizio del tempo di ognuno. Allora, se tutto è destinato, se la linea temporale di ogni evento in ogni universo è già stabilita a priori, e ogni essere vivente che è esistito, che esiste e che esisterà è già destinato ad evolversi in un determinato modo, ciò significa che alla base di tutto esiste una "causa", non la casualità, che interviene soltanto in un secondo momento, in un modo simile al noto "libero arbitrio" della religione. Essendo il nostro, tra gli infiniti universi possibili, un universo idoneo alla nascita della vita intelligente, la "causa prima" deve necessariamente essere un'Intelligenza cosmica Divina.

Michele Nardelli.
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Viaggi nel tempo: illusione o realtà? (M. Nardelli) - 12:07, 5/13/2005

Quando si parla di viaggi nel tempo, bisogna anzitutto distinguere tra viaggi nel futuro e viaggi nel passato. I primi sono sicuramente possibili, difatti, spiega il fisico Kip Thorne: "le leggi della relatività dicono che lo scorrere del tempo dipende da dove ci si trova e da come ci si muove nell'universo". Einstein, infatti, dimostrò che tempo e spazio non sono entità ben distinte e assolute, ma una sorta di proiezioni di un "tessuto" a quattro dimensioni. Osservatori diversi vedono, in genere, proiezioni diverse della stessa realtà, anche se questi effetti si manifestano solo ad altissime velocità o in presenza di intensi campi gravitazionali. Spiega Thorne: "se viaggiassimo a velocità prossime a quella della luce o se ci avvicinassimo al bordo di un buco nero, il nostro orologio andrebbe molto più lentamente di quello dei nostri amici e parenti rimasti sulla Terra. Potremmo tornare dopo un'ora e constatare che sulla Terra sono trascorsi un milione di anni". Negli acceleratori di particelle tale fenomeno si verifica normalmente. Difatti, particelle come gli elettroni, sono veloci quasi quanto la luce ed il loro tempo scorre fino ad un milione di volte più lentamente del nostro. Secondo la relatività, anche i viaggi nel passato sarebbero possibili: la gravità può "distorcere" lo spazio-tempo al punto da cambiare la direzione del tempo fino ad invertirla. Il problema che nasce non è dovuto al fatto che il tempo si "curvi", ma dai paradossi che potrebbero nascere: se tornassimo nel passato, per esempio, potremmo involontariamente (o volontariamente) uccidere un nostro antenato e rendere quindi impossibile la nostra stessa esistenza. Secondo molti scienziati, però, tali paradossi si possono risolvere. Il fisico David Deutsch dell'Università di Cambridge, sostiene che la storia possa "ramificarsi" e creare universi "paralleli" al nostro (che è come dire "percorsi" alternativi). Cosa succede se io viaggio nel passato attraverso una sorta di "macchina del tempo" e uccido mio nonno? La meccanica quantistica risolve il "paradosso del nonno" ipotizzando l'esistenza degli universi paralleli (e quindi delle storie alternative). Io così non uccido mio nonno nel mio universo di origine, ma in un "altro". In tal modo non blocco la mia nascita: impedisco solo al mio "doppio" di nascere nell'altro universo. Questo tipo di paradosso è detto di incoerenza. C'è poi un altro tipo di paradosso da analizzare, ed è quello che viene definito di conoscenza. In quest'altro caso il viaggiatore nel tempo porta con sè nel passato la Divina Commedia e la regala a Dante prima che lui l'abbia scritta. Anche tale "paradosso di conoscenza" può venire evitato: idee, opere d'arte, invenzioni e scoperte possono essere "esportate" liberamente in altri universi, perchè in uno di essi hanno comunque avuto origine. Per risolvere, quindi, questi tipi di paradossi, gli scienziati sono ricorsi alla fisica quantistica, secondo la quale qualsiasi particella esiste contemporaneamente in tutti gli stati possibili fin quando non viene osservata. Si può allora pensare che ad ogni stato corrisponda realmente un diverso universo. Esisterebbe dunque un numero sterminato (forse infinito) di universi paralleli, determinati da tutte le possibili combinazioni di stati e di particelle. Ne consegue che quando si apre un passaggio temporale, si crea un ponte fra due universi: il crononauta non va nel passato del proprio universo (dove a quell'epoca non esisteva), ma nel passato di un universo parallelo. Egli è allora libero di modificarne la storia (compiendo anche nonnicidi), perchè nessuna delle sue azioni avrà conseguenze sul suo universo di origine e quindi su di lui. Peccato che le leggi della meccanica quantistica impediscano anche di ritornarci, nel proprio universo (ritornando cioè al proprio tempo, quindi viaggiando nel futuro, il crononauta giungerà in uno degli infiniti futuri possibili). C'è però un altro modo, ritenuto da molti più plausibile, di risolvere i paradossi: ammettere l'esistenza di "anelli temporali", in cui il passato avviene solo perchè avviene il futuro e le vicende si susseguono ciclicamente secondo un destino immutabile. Per chiarire questo concetto, John D. Barrow docente dell'Università di Cambridge, fa un esempio: "Immaginate di viaggiare indietro nel tempo e di prepararvi a sparare a voi stessi in braccio a vostra madre. Sparate, ma una vecchia lesione alla spalla, dovuta al fatto che quando eravate bambini vostra madre vi ha lasciato cadere, vi fa sbagliare mira. Il colpo è però sufficiente a spaventare vostra madre che lascia cadere il bambino, il quale si fa male ad una spalla". A questo punto andiamo ad approfondire la fisica dei viaggi nel tempo, sia dal punto di vista della meccanica quantistica, sia dal punto di vista classico (relatività generale).
Esistono tre dimensioni dello spazio attraverso cui ognuno può muoversi liberamente. Il tempo è semplicemente una quarta dimensione, identica alle altre in ogni sua caratteristica, tranne il fatto che la nostra coscienza è obbligata a percorrerla ad un'andatura regolare. Se fosse possibile piegare le quattro dimensioni dello spazio e del tempo, per esempio scambiando la lunghezza con la durata, allora sarebbe possibile percorrere le vie della storia con la stessa facilità con cui si viaggia in macchina. Per funzionare in modo coerente con quanto appena detto, una macchina del tempo dovrebbe ruotare in una nuova configurazione della struttura spaziotemporale. Di conseguenza, chi assiste alla partenza della macchina, la vedrebbe ruotare vertiginosamente prima che essa scompaia nella storia, mentre il viaggiatore proverebbe un senso di vertigine indotto dalla forza centrifuga e dalla forza di Coriolis, nonchè l'impressione di essere catapultato fuori dalla macchina. Nel viaggiatore, la sensazione di ruotare verrebbe contraddetta dall'illusione di essere seduto immobile nel posto di guida intanto che il tempo scorre all'esterno della macchina, perchè si tratta di una rotazione all'esterno del tempo e dello spazio stessi.
La velocità della luce nel vuoto è estremamente elevata, di circa 300.000 km/sec, però si tartta di un numero finito, quindi di una costante. Michelson e Morley dimostrarono che si tratta di una velocità "isotropica", che presenta cioè le stesse proprietà fisiche in tutte le direzioni. La luce nel viaggiare attraverso lo spazio, non si comporta come un oggetto materiale, come per esempio un treno. La velocità della luce, misurata da un sistema di riferimento, sia che quest'ultimo la raggiunga, sia che la incontri, è esattamente la stessa. Si deve quindi considerare la velocità della luce come una quantità fissa, e le dimensioni come quantità variabili. L'universo si organizza in maniera tale da rendere costanti le nostre misurazioni della velocità della luce. Tutto ciò può essere espresso geometricamente come una torsione delle dimensioni. Trovandoci in una struttura a quattro dimensioni e immaginando di poterla ruotare in modo che la lunghezza venga a trovarsi al posto dell'ampiezza, e quest'ultima al posto dell'altezza, ma, soprattutto, la durata viene a trovarsi al posto di una dimensione spaziale, otterremo il principio su cui si basa il funzionamento della macchina del tempo. Essa torce intorno a sè lo spazio ed il tempo, trasformando quest'ultimo in una dimensione spaziale, in modo tale che ci si può recare nel passato o nel futuro con la stessa facilità con cui si viaggia in automobile.
E' possibile concepire le diverse versioni di storia come "corridoi" (universi) paralleli, ciascuno dei quali esiste indipendentemente dagli altri. Una macchina del tempo consentirebbe di percorrerli avanti e indietro. Osservando da un punto qualsiasi all'interno di un corridoio, si può vedere un "flusso storico" completo e coerente, senza essere consapevoli dell'esistenza di altri corridoi. E i corridoi non possono influenzarsi a vicenda; in alcuni di essi, però, le condizioni possono cambiare: persino le leggi fisiche possono essere diverse. Il funzionamento della macchina, abbiamo detto, dipende da una torsione dello spazio e del tempo, che trasforma il viaggio temporale in un viaggio spaziale. Immaginiamo un universo in cui la torsione spaziotemporale sia molto accentuata, un universo in cui la rotazione fa parte della struttura stessa di esso. La rotazione sarebbe intrinseca ad ogni punto dello spazio e del tempo. Un sasso scagliato da qualunque punto seguirebbe una traiettoria a spirale: l'inerzia (la resistenza di un corpo a cambiare il suo stato di moto o di quiete) agirebbe come un compasso, ruotando intorno al punto di lancio. Secondo alcuni scienziati, il nostro stesso universo potrebbe essere sottoposto ad una tale rotazione, ma ad una velocità estremamente lenta: 100.000 milioni di anni per compiere una singola rotazione. Il principio dell' "universo rotante", venne avanzato per la prima volta dal matematico Kurt Godel. In un universo rotante, è possibile muoversi nello spazio, ma viaggiando nel passato o nel futuro. Anche il nostro universo ruota, però tanto lentamente che un viaggio simile sarebbe di 100.000 milioni di anni luce, e richiederebbe quasi un milione di milioni di anni. Se ci immaginiamo invece un universo molto più denso del nostro, così denso in qualsiasi punto quanto il nucleo di un atomo di materia, un tale universo per una rotazione completa impiegherebbe poche frazioni di secondo. L'ipotesi sarebbe che per poche frazioni di secondo la macchina del tempo si dovrebbe spostare rapidamente avanti e indietro fra il nostro universo ed un altro universo ultradenso, sfruttando ad ogni passaggio la torsione assiale della realtà per viaggiare lungo una serie di "pieghe" (curvature spaziotemporali) nel passato o nel futuro. Il crononauta si muoverebbe quindi "a spirale" attraverso il tempo. In un viaggio nel passato il crononauta proverrà da un futuro, tra un'infinità di varianti possibili. Sarebbe infatti razionalmente possibile che la macchina del tempo cambi il corso della storia, e generi nuove e diverse serie di eventi. Il principio stesso del suo funzionamento potrebbe cioè fondarsi sulla sua capacità di "estendersi" in un'altra "storia parallela" (in un corso della storia di un universo parallelo). Secondo il concetto della "molteplicità", non è possibile garantire alcunchè a proposito del passato, non è possibile cambiare la storia (di un universo): è però possibile generare nuove versioni.
La meccanica quantistica è la teoria che ci consente di comprendere la molteplicità della storia, l'interpretazione della moltiplicità degli universi. Con l'avvento di tale disciplina è stato scoperto che non si può mai stabilire "esattamente" dove sia una particella, nè dove sia diretta. Esiste un limite invalicabile alle misurazioni, stabilito da quello che viene definito "principio di indeterminazione". Per quanto riguarda il mondo, dobbiamo dimenticarci di qualunque natura precisa, di qualunque determinatezza: dobbiamo pensare in termini di probabilità, cioè la possibilità di trovare un oggetto fisico nel luogo tale, alla velocità tale, e così via. Analizziamo adesso un tipico "paradosso temporale". Ho 30 anni e invento la macchina del tempo, ritorno nel passato munito di un'arma e ammazzo me stesso da giovane a 17 anni. Questo sarebbe un classico, semplicissimo, paradosso causale. Se morissi a 17 anni, non costruirei la macchina del tempo, non diventerei trentenne, età in cui ho inventato la macchina, quindi non potrei tornare nel passato a compiere l'omicidio. Ma se l'omicidio non fosse commesso, potrei costruire la macchina e tornare nel passato a uccidere me stesso più giovane, e allora non costruirei la macchina e l'omicidio non potrebbe essere commesso... Sarebbe, da come è facile notare, un circolo vizioso interminabile; ma se il principio della molteplicità dei mondi è corretto, allora non esiste nessun paradosso. La storia si dirama in due corsi: in uno io sopravvivo, nell'altro muoio. Io, cioè, come viaggiatore temporale, sono semplicemente passato dall'uno all'altro corso di storia (da un uiniverso all'altro). L'esistenza reale di altri universi, implica un significato che travalica la nostra breve esistenza. Le verità matematiche hanno un'esistenza indipendente dalle menti in cui trovano ricetto: tali verità sono "schegge" del pensiero di qualche "Mente Superiore". Le nostre vite qui sulla Terra, hanno soltanto un significato dubbio, dunque il loro vero significato deve risiedere fuori di questo mondo. Il concetto secondo cui tutto al mondo ha un significato ultimo è l'analogo esatto del principio secondo cui tutto ha una causa, un principio su cui si basa tutta la scienza. Ne consegue che da qualche parte, oltre la nostra storia, esiste il "mondo assoluto" in cui tutto il significato si risolve. Il viaggio temporale, per sua stessa natura, provoca perturbazioni nella storia e dunque la generazione o la scoperta di altri universi oltre il nostro. Il compito di un viaggiatore temporale potrebbe quindi essere quello di cercare il "mondo assoluto" fino a trovarlo o a "crearlo". Se si potesse disporre di una macchina del tempo, o "veicolo di dislocamento cronotico", sarebbe forse possibile tornare all'alba della creazione e, potendo la storia essere cambiata, cambiare tutto dalle origini, che è come dire, scegliere tra le infinite varianti il migliore universo possibile, quindi l'universo con la mogliore storia possibile.
Una cronomacchina (macchina del tempo) provoca "biforcazioni" più ampie, che generano nuove "storie", alcune delle quali sarebbero impossibili senza l'intervento della macchina stessa. Consideriamo una persona fisica, ad esempio me stesso. Se in un dato momento "aggiungo" una copia di me stesso, che può essere "assente" perchè ho viaggiato nel passato o nel futuro, e poi "sottraggo" ogni copia "doppiamente presente" perchè uno di noi ha viaggiato nel passato, scopro che la somma totale rimane costante: esiste in realtà un solo individuo, a prescindere dal numero di volte in cui viaggia avanti e indietro nel tempo. Quindi esiste una sorta di conservazione della materia, anche se, in qualunque momento di qualunque storia, può sembrare che le leggi della conservazione siano violate, a causa dell'improvvisa compresenza, o assenza, di due di noi. Il paradosso, cioè, esiste soltanto se si considera una storia singola, scompare, invece, se si pensa in termini di molteplicità. A livello macroscopico è possibile l'esistenza di storie multiple e divergenti, presupposta l'esistenza di una cronomacchina. E' possibile immaginare situazioni in cui la molteplicità della storia è nulla, singola o plurale. E' nulla, se la storia è impossibile, cioè non è coerente con sè stessa; è singola, nella situazione in cui un singolo corso di eventi ha origine da un singolo punto nel tempo, e si svolge coerente e immutabile. Ora, più una cronomacchina viaggia nel passato, più le molteplicità generali tendono all'infinito, più aumenta la "divergenza" fra le nuove copie del corso della storia: da ogni evento si formano molte storie, forse un numero infinito di storie possibili (concetto della molteplicità della storia plurale). Dal punto di vista tecnico presumiamo che gli operatori quantici siano "lineari". Tuttavia potrebbe esistere un modo per porre in comunicazione le "storie", se, a qualche livello fondamentale, esse rimanessero "intrecciate", se, quindi, negli operatori quantici esistesse una quantità di "non linearità" tanto piccola da essere quasi non individuabile. Le non linearità si manifestano a livello infinitesimale, come nel caso dell'interazione non lineare tra la rotazione dell'atomo ed il suo campo magnetico. Immaginiamo di eseguire la misurazione della rotazione di un atomo: l'universo si divide in due, naturalmente, a seconda dell'esito dell'esperimento, dopo il quale si permette all'atomo di attraversare il proprio campo non lineare. Questo è l'operatore quantico anomalo. Ebbene, è possibile organizzare le condizioni in maniera tale che l'azione compiuta in una storia dipenda da una decisione presa nella seconda storia. L'universo contiene un meccanismo atomico dinamico, in cui le configurazioni delle connessioni e degli atomi mutano in permanenza, gli atomi cioè sono connessi gli uni agli altri da quella che schematicamente potrebbe essere rappresentata come una "rete di fili di luce".
Nell'universo intero, ogni atomo, ogni piccolo aggregato gassoso, è pervaso di struttura e di significato. Nulla è casuale nell'orientamento degli atomi, nella direzione della loro rotazione, nelle loro interconnessioni. E' come se tutto l'universo fosse una sorta di biblioteca in cui è immagazzinata la saggezza ed in cui ogni minima particella di materia è stata esaminata, sfruttata e catalogata. L'immane struttura della materia è pervasa di "coscienza"; la "mente" permea il tessuto stesso dell'universo, il "pensiero" e la "consapevolezza" ne fanno parte integrante. Nell'universo la mente opera al livello dell'infinito. L'universo è infinito nel tempo e nello spazio, e la mente, anch'essa infinita nel tempo (eterna), oltre a controllare tutta la materia e tutte le forze, immagazzina un'infinità di informazioni. La mente è quindi onnisciente, onnipotente e onnipresente. Nella molteplicità esistono tutti gli universi possibili, l'uno adiacente all'altro, in un catalogo infinito di possibilità: ogni universo possibile, con tutto il suo "carico" di mente, di amore e di speranza, esiste da qualche parte nella molteplicità. La mente può sfidare il "finito", può raggiungere e superare il confine del tempo (eternità), può insediarsi in tutti gli universi della molteplicità (infiniti).
La meccanica quantistica potrebbe imporre la presenza di quelle che si definiscono "linee di tempo chiuse" (closed timelike curve o CTC). Benchè rare a grande scala, queste strutture potrebbero essere abbondanti a livello submicroscopico, dove predominano gli effetti quantistici. Lo spazio-tempo pur apparendo uniforme a grandi scale, avrebbe una struttura submicroscopica "spugnosa" contenente molti cunicoli e CTC che condurrebbero a circa 10^-42 secondi nel passato. E' possibile che le particelle subatomiche compiano continuamente "viaggi nel tempo". Più importante è il fatto che la meccanica quantistica può risolvere i paradossi del viaggio nel tempo. Nel parlare di meccanica quantistica ci si riferisce a quell'interpretazione che viene definita "a molti universi", proposta nel 1957 da Hugh Everett III. Secondo Everett, se qualcosa può fisicamente accadere, allora accade (in qualche universo). La realtà fisica consiste in una "collezione" di universi, alla quale talvolta si dà il nome di "multiverso". Rimanendo in tema di particelle elementari, il decadimento di un neutrone, ad esempio, può avvenire in ogni momento, anche se certi istanti sono più probabili di altri. Secondo l'interpretazione a "molti universi", per ogni istante in cui il neutrone potrebbe decadere, esiste un universo in cui decade in quell'istante.
Se lo spazio-tempo classico contiene CTC, allora, secondo la meccanica quantistica, gli universi del multiverso devono essere collegati in maniera peculiare. Si ha cioè un unico spazio-tempo convoluto costituito da molti universi connessi. Questo collegamento costringe me trentenne a trasferirmi in un universo che è identico a quello da me lasciato fino al momento del mio arrivo, ma diviene a questo punto differente a causa della mia presenza. Allora io posso impedire o no la mia nascita? Dipende da quale universo si considera. In quello che lascio, ossia quello in cui sono nato, il matrimonio fra i miei nonni è avvenuto, perchè mio nonno non ha ricevuto nessuna visita da me. Nell'altro universo, quello in cui io arrivo nel passato, mio nonno non sposa la stessa donna (o non si sposa affatto) quindi io non posso nascere. Perciò il fatto che io viaggio nel tempo non pone vincoli alle mie azioni. Secondo la meccanica quantistica, una limitazione non sarebbe possibile dal momento che, anche in presenza di linee di tempo chiuse, il principio di autonomia è sempre rispettato. Approfondiamo a questo punto il viaggio nel tempo dal punto di vista della fisica classica. Le equazioni di campo della relatività generale prevedono che corpi massicci come una stella o un buco nero distorcano lo spazio-tempo e curvino le linee universali. In questo modo ha origine la gravità: la linea universale della Terra compie una spirale intorno a quella del Sole, la quale a sua volta spiraleggia intorno a quella del centro della Galassia. Supponiamo che lo spazio-tempo diventi così distorto che alcune linee universali formino cappi chiusi, pur continuando a rimanere linee di tempo per tutta la loro lunghezza. Localmente esse rispetterebbero tutte le familiari proprietà dello spazio e del tempo, ma sarebbero dei veri e propri "corridoi" verso il passato. Se cercassi di seguire esattamente una linea di tempo chiusa (CTC) per tutta la sua lunghezza, andrei ad urtare contro me stesso nel passato e a causa di quest'urto verrei estromesso dal mio stesso passato; seguendo invece solo una parte di una CTC tornerei nel passato e potrei partecipare agli eventi che vi si svolgono: potrei stringere la mano ad una versione più giovane di me stesso o, addirittura, se il cappio fosse abbastanza grande, far visita ai miei antenati. Il matematico Kurt Godel trovò una soluzione delle equazioni di Einstein che incorpora le CTC; in questa soluzione l'intero universo deve però ruotare su sè stesso. John A.Wheeler ha proposto una sorta di scorciatoia nello spazio-tempo, un cosiddetto "cunicolo" (wormhole), e Kip S.Thorne ed altri, hanno mostrato come si potrebbero spostare le estremità di un cunicolo per formare una CTC. Secondo alcuni calcoli eseguiti da Richard Gott, una "stringa cosmica" (un altro costrutto teorico che potrebbe o no esistere in natura) che passasse rapidamente accanto ad un'altra stringa genererebbe CTC. Non è da escludere che tali linee di tempo chiuse diventino accessibili ad una civiltà del futuro, che potrebbe allora tentare di creare ed esaminare i paradossi con il viaggio nel tempo. E' interessante a questo punto, esaminare più da vicino i paradossi in questione per vedere quali principi il viaggio nel tempo potrebbe eventualmente violare secondo la fisica classica. In base alla fisica classica, non vi è dubbio che al mio arrivo nel passato io debba compiere le azioni che la storia documenta come compiute da me. La fisica classica, in assenza di CTC, diviene deterministica: ciò che accade ad un dato istante è totalmente determinato da ciò che accade ad ogni istante precedente (o successivo). Pertanto tutto ciò che io faccio è una conseguenza inevitabile di ciò che è accaduto ancora prima che venissi concepito. Il nocciolo del paradosso del nonno sta nella violazione di un principio fondamentale che sta alla base sia della scienza sia della logica di tutti i giorni: quello che si chiama "principio di autonomia". Secondo questo principio, è possibile creare nelle nostre immediate vicinanze qualsiasi configurazione di materia permessa localmente dalle leggi fisiche, senza fare riferimento a ciò che può accadere nel resto dell'universo. In presenza di CTC la fisica classica si comporta diversamente da quella quantistica, a causa di quello che Friedman ed altri chiamano "principio di autoconsistenza o di coerenza intrinseca". In base ad esso, possono manifestarsi localmente solo le configurazioni di materia che sono globalmente autoconsistenti. Secondo la fisica classica la storia è una sola e quindi, per quanto io possa sforzarmi di fare diversamente, il principio di autoconsistenza mi impone di recitare la mia parte nello svolgimento degli eventi. Ritorniamo per un attimo al paradosso del nonno. Immaginiamo che ho usato la macchina del tempo per far visita a mio nonno, proprio nell'anno e nel momento in cui era tutto intento a corteggiare la futura moglie (mia nonna). Io, accennando a segreti di famiglia che mio nonno non aveva ancora riferito a nessuno, l'ho convinto della mia identità, cioè di essere suo nipote e di provenire dal futuro. Naturalmente mio nonno è rimasto a dir poco sbalordito, ma il peggio deve ancora accadere. Quando mio nonno, recandosi a cena con la sua ragazza, ha esordito: "ho appena incontrato mio nipote!", la donna si è trovata nel dilemma fra il temere per la sanità mentale di mio nonno e il risentirsi profondamente per la temeraria impertinenza (l'aver cioè raccontato una sciocchezza così assurda). Il risultato è stato, quindi, che la serata è miseramente naufragata, i miei nonni non si sono mai sposati e non hanno quindi mai avuto il bambino che sarebbe divenuto mio padre.
Secondo la fisica classica posso far visita a mio nonno, e quando egli racconta alla mia futura nonna ciò che gli è accaduto (il fatto di aver incontrato il nipote proveniente dal futuro col tramite di una macchina che permette di viaggiare nel tempo), lei si preoccupa per il suo stato di salute. Commosso, mio nonno le propone di sposarlo e lei accetta. Non solo tutto ciò potrebbe accadere: secondo la fisica classica "deve" accadere. In tal modo, invece di alterare il passato, io ne divento parte attiva. Secondo la fisica classica, "qualcosa" deve impedirmi di modificare ciò che è già accaduto. Non che si debba necessariamente trattare di un evento mirabolante: è sufficiente un banale contrattempo. Il principio di consistenza impone che quello di autonomia venga meno. Il radicarsi di convinzioni preconcette che siano prive di evidenze sperimentali o del supporto logico di una teoria, può inibire in modo sensibile lo sviluppo della conoscenza. Una di queste convinzioni è che i viaggi nel passato siano impossibili perchè permettono di creare situazioni causalmente inconsistenti. L'esempio più diffuso è quello già discusso di un esploratore che si porti nel suo passato fino ad incontrare uno dei propri nonni ancora nella sua infanzia o adolescenza e quindi lo uccida o comunque agisca in modo da impedire a sè stesso di divenire. Sebbene ovvia e difficilmente confutabile, la contraddizione che emerge da questo argomento è il frutto di una indebita proiezione della nostra esperienza e dell'intuizione comune in una realtà fisica diversa e ancora sconosciuta quale è quella in cui sono possibili viaggi nel passato. Può accadere infatti che, in presenza di condizioni così estreme, l'esploratore sia nell'impossibilità di compiere azioni che creino paradossi insolubili come quelli che si ottengono troncando la sequenza causale degli eventi. Un risultato in questa direzione, che emerge non come mera congettura, ma come implicazione di un'analisi matematica rigorosa, è stato ottenuto da Igor Novikov e dai suoi collaboratori. Essi hanno dimostrato che in una dinamica classica, in cui siano state contemplate traiettorie spazio-temporali chiuse, il ben noto principio di azione estrema, che descrive il comportamento naturale di oggetti fisici, è anche il principio di autoconsistenza, nel senso che esso assicura come possibili "soltanto" quelle traiettorie che, pur violando la cronologia (cioè permettono viaggi nel passato), non violano la causalità se non in modo "marginale", cioè senza indurre contraddizioni. Tali traiettorie sono dette "autoconsistenti". Non è ancora chiaro come l'autoconsistenza di un sistema locale sia imposta dalla struttura globale dello spazio-tempo, cioè come quest'ultima condizioni il comportamento dell'ipotetico osservatore dell'esempio discusso in precedenza. E' possibile tuttavia supporre che ciò avvenga in modo non dissimile da come le leggi fondamentali della natura ci impediscano di essere diversi da come siamo.
Michele Nardelli
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Viaggi nel tempo: possibilità, implicazioni e paradossi. (M. Nardelli) - 05:00, 5/7/2005

Uno dei temi più fecondi della fantascienza, probabilmente il più affascinante, è quello dei viaggi nel tempo, con le relative implicazioni. Con una "cronomacchina" sarebbe possibile trasferirsi istantaneamente nel futuro più lontano, oppure recarsi nel passato, magari con l'intento di modificare e riscrivere a proprio piacimento la storia del mondo, o anche semplicemente la propria storia. Secondo una teoria fisica il tempo è "quantizzato", ed è quindi rappresentabile più che come un "flusso", come una serie di punti. Noi non possiamo percepire la natura discreta del tempo perchè i punti, come i fotogrammi di un film, scorrono rapidamente. Per sfruttare tale tesi un eventuale "crononauta", potrebbe escogitare un sistema per rallentare il flusso temporale di un tale numero di ordini di grandezza, che i singoli punti di tempo e i singoli spazi divengano "palpabili". Riguardo ai viaggi nel tempo tramite i "wormholes" (letteralmente, "tane di verme" o "cunicoli" che pare esistano al centro dei buchi neri rotanti e che sono dei veri e propri tunnel spaziotemporali), nell'aprile 2000 la rivista britannica "News Scientist" diffuse la notizia secondo cui un fisico russo S. Ktasnokov, avrebbe individuato, a livello teorico, un nuovo tipo di cunicoli compatibili con lel leggi della fisica, stabili e senza limiti di dimensione. E a proposito di "stabilità" che è il problema fondamentale riguardo l'utilizzo dei cunicoli (difatti, secondo la fisica relativistica, un tunnel temporale subirebbe una repentina e catastrofica dispersione di energia provocata dalla radiazione che retroagisce su sè stessa attraverso il tunnel), secondo un ricercatore di Pechino, Li-Xing Li, sarebbe possibile evitare la retroazione collocando uno "specchio" sferico nelle vicinanze del tunnel.
Analizziamo adesso un esempio di paradosso del rapporto di causa-effetto (tipo paradosso del nonno). Sul nodo della "causalità" si sono costruite migliaia di storie. Fra le più celebri c'è un brevissimo racconto di Fredric Brown, "Esperimento", in cui si narra cosa accade quando un certo professor Johnson mostra a due sue colleghi come funziona il suo modello sperimentale di macchina del tempo. Il marchingegno è simile, nell'aspetto, ad una comune "bilancia pesa-lettere, con in più due quadranti da orologio fissati sotto il piattello". Il professore invia, come prima dimostrazione, un piccolo cubo di metallo cinque minuti nel futuro. Lo posa sul piattello, regola uno dei due orologi sul tempo prefissato ed il cubo sparisce. Cinque minuti esatti più tardi, il cubo riappare sul quadrante. L'imprevisto, però, si verifica quando Johnson vuole inviare il cubo cinque minuti nel passato. Ma vediamo come viene descritto l'esperimento dall'autore del racconto:" - Mancano sei minuti alle tre, spiegò Johnson, alle tre in punto, posando il cubo sul piattello, azionerò il meccanismo. Di conseguenza, alle tre meno cinque il cubo dovrà sparire dalla mia mano e comparire sul piattello: cinque minuti prima di avercelo messo! Ma, chiese uno dei colleghi, se scompare, come potrete poi mettercelo? Alle tre, risponde il professore, quando avvicinerò la mano, il cubo sparirà dal piattello e apparirà nella mia mano per essere ridepositato sul piattello". L'esperimento si avvia, come previsto, e alle tre in punto il cubo scompare dal piattello materializzandosi nella mano di Johnson, affinchè questi ve lo riponga. Ma qui giunti, uno dei colleghi muove l'obiezione-chiave: e se Johnson non mettesse più il cubo sul piattello? "Non si avrebbe, in questo caso, una specie di paradosso causa-effetto?" "- Idea molto interessante..., disse il professore, non ci avevo pensato! Ma proveremo subito. Dunque ecco: sono le tre, e io non... Non ci fu nessuna specie di paradosso, il cubo rimase. Ma il resto dell'intero Universo, professori e tutto, sparì". In tale esempio il manifestarsi di una tale sorta di "paradosso causa-effetto", avrebbe conseguenze deleterie, nientemeno che la scomparsa del nostro Universo. Andiamo ad analizzare un'altra fenomenologia possibile legata ai viaggi nel tempo: le "modifiche dal passato". E' evidente che chi fosse in grado di spostarsi lungo l'asse del tempo per modificare a proprio piacere certi eventi chiave, avrebbe un potere quasi divino. A rifletterci, non è da escludere che in futuro non si costruisca realmente una cronomacchina, se è vero, a quanto sembra, che il viaggio nel tempo non è impossibile almeno da un punto di vista teorico. Addirittura è possibile ipotizzare che i crononauti esistono e magari hanno visitato e continuano a visitare il nostro tempo senza lasciare tracce. Tracce cancellate proprio con manipolazioni del nostro contesto.
Nel noto romanzo "Rumore di tuono" di Ray Bradbury, grazie ad una agenzia di cronoviaggi, cinque uomini partono verso l'epoca dei dinosauri. Essi lasciano un mondo politicamente e socialmente instabile; è stato appena eletto il presidente Keith, prevalso di stretta misura su Deutscher, un candidato di ispirazione fortemente autoritaria. I crononauti giungono nelle foreste del Giurassico; qui dovranno muoversi con estrema circospezione e camminare solo sul "sentiero", un largo nastro metallico che si snoda sollevato a sei piedi da terra. Ma Eckels, il protagonista, spaventato dalla irruzione di un Tirannosauro, fugge per alcuni metri scendendo dal "sentiero", calpestando erba e fango. Poco dopo, comunque, i cinque rientrano nel "presente". Eckels ha un soprassalto rileggendo un cartello appeso nei locali dell'agenzia. Comprende che qualcosa è cambiato, che il presente in cui è giunto non è lo stesso che si è lasciato alle spalle nel momento in cui è partito per il cronoviaggio. Difatti, rovistando pazzamente nel fango rappreso ai suoi stivali ne trae un grumo di terriccio tremando. Semisepolta nel fango, nera e scintillante di colori verde e dorato, c'era una farfalla, bellissima e morta. La farfalla è il segnale di ciò che Eckels poco prima aveva solo sospettato. Preso da un dubbio chiede chi ha vinto le elezioni presidenziali il giorno prima. E qui lo stupore e insieme il terrore: il candidato Deutscher e non Keith era l'attuale presidente, un uomo di fegato, autoritario e con polso fermo. Con un "effetto valanga", una variazione minima, l'uccisione involontaria di una farfalla, si è "amplificata" nel corso di sessanta milioni di anni fino a coinvolgere l'intero assetto sociopolitico del futuro.
Secondo un'altra versione di questa ipotesi, al rientro nel "presente", nella mente dei partecipanti al viaggio temporale e di tutti coloro che comunque ne sono al corrente, svanisce in breve tempo ogni memoria di quegli eventi e di quanto ad essi collegato. Si avrebbe cioè, una insolita azione di auto-aggiornamento della storia, per cancellare nel nostro Universo una contraddizione non sostenibile. Secondo un'altra ipotesi molto suggestiva, sarebbe possibile persino "rimontare il film della Storia". Lo stupendo romanzo "La fine dell'Eternità" di Isaac Asimov, presenta una infinita serie di escursioni temporali con vistose manomissioni della realtà senza provocare, sostanzialmente, alcun paradosso. Com'è possibile ciò? Occorre aprire una parentesi e soffermarsi su un concetto ricorrente nella storia della nostra cultura, secondo il quale passato, presente e futuro esisterebbero "contemporaneamente", il che ha strette analogie con l'antica idea di "eternità". Il "nostro" tempo è simile più ad una pellicola cinematografica, dove tutti i singoli avvenimenti (i fotogrammi) sono logicamente ordinati e compresenti, anche se di ciò potrebbe avere cognizione completa solo chi riuscisse a portarsene all'esterno. (Questo è forse ciò che accade a quelle persone dotate di poteri di precognizione, che riescono a proiettare il loro "corpo astrale" in una dimensione "superiore", quella dimensione in cui non esistono barriere spaziotemporali). Nel romanzo su citato Asimov immagina una organizzazione creata dagli uomini (l'Eternità nel titolo) in pratica onnipotente, situata al di fuori dell'ordinario dipanarsi del tempo, benchè gli uomini che la compongono (gli Eterni) vivessero biologicamente una normale esistenza. Il vantaggio era che, stando nella Eternità, si poteva osservare dal di fuori l'intero spaziotempo, o continuum quadridimensionale, quasi fosse un film: dagli inizi della Storia al più lontano futuro. Asimov descrive il procedimento basilare con cui gli Eterni modificavano la Storia: essi dovevano conseguire il "Massimo Risultato Ottenibile" (MRO) intervenendo mediante un "Mutamento Minimo Necessario" (MMN). Insomma, alterare un dettaglio-chiave apparentemente insignificante dei fatti quotidiani doveva condurre negli anni, per uno studiato processo di concatenazioni, alle conseguenze auspicate. Il "Mutamento Minimo Necessario", secondo Asimov, obbedirebbe anche a quell'universale "principio di economia" che è uno dei cardini della stessa Natura. Ma come può "la fine dell'Eternità" descrivere colossali manomissioni temporali del mondo senza provocare paradossi? La risposta è evidente: gli Eterni sono al di fuori della nostra realtà, e "tagliano e incollano" (similmente a quello che possiamo fare con il nostro computer) a loro piacimento i fotogrammi di quello sterminato film che è la Storia. A questo punto, gli eventi che accadono sulla Terra vengono a perdere ogni nesso di causa/effetto: sono tutti emanazioni del potere degli Eterni, la cui unica preoccupazione è conservare una sequenza logica dei "fotogrammi". Sotto questo aspetto, il romanzo di Asimov, è un modo elegante e radicale per eludere i paradossi.
I problemi connessi con i cronoviaggi sono tali, che l'astrofisico inglese S. Hawking nel 1992 propose una sorta di "crono-protezione", detta "teoria del censore cosmico", secondo la quale l'Universo troverebbe sempre il modo di evitare "naturalmente" che si verifichino eventi "paradossali". Riguardo ancora ai paradossi, ha scritto il fisico Paul Davies: "le leggi dell'Universo devono descrivere una realtà coerente. Il paradosso viene aggirato se gli anelli causali sono coerenti. In questo caso, le azioni del viaggiatore nel tempo sarebbero già incorporate nell'intreccio deterministico che lega passato e presente. Il viaggiatore che schiaccia un insetto e modifica l'evoluzione, lo fa in modo tale da produrre esattamente le circostanze biologiche del mondo da cui proviene. Questo sembrerebbe porre forti restrizioni al libero arbitrio, ma non sembra esservi nulla di discutibile da un punto di vista logico, riguardo alla possibilità di "anelli causali" che uniscano in maniera coerente passato e futuro". Il racconto di Paul Levinson, "Niente fuori posto", esemplifica una situazione alternativa e più diplomatica al "censore" di Hawking. Jeff Harris è un uomo del 2084. Viene spedito nel 1985, pochi mesi prima della nota catastrofe del Challenger, il quale esplose circa un minuto dopo il lancio dal Kennedy Space Center, uccidendo sette astronauti. La missione di Harris è prevenire il disastro: questo salverebbe alcune vite umane ed eviterebbe la lunga battuta di arresto che subirono i progetti spaziali conseguentemente all'evento. Senonchè tutto sembra andargli storto: invece di approdare nel 1985 si materializza nel 1963, il giorno prima che uccidano John Fitzgerald Kennedy a Dallas. Bloccato in un tempo che non è il suo, Jeff decide che almeno cercherà di agire per salvare il presidente. Tuttavia qualcuno attenta alla sua vita, per cui non può recarsi a Dallas. La narrazione prosegue con una lunga serie di eventi, tutti in contrasto con le iniziative di Jeff per modificare gli avvenimenti. Sembra che qualcosa all'interno della storia resiste ad ogni tentativo di cambiamento: in pratica, non esistono sequenze temporali "intatte", specie nel caso di eventi che coinvolgono numerosa gente, come può accadere nei delitti di risonanza storica. I tentativi di modificarli o falliscono del tutto o cambiano gli avvenimenti solo in parte o, addirittura, possono creare le stesse cause scatenanti.
Tutte queste ipotesi che abbiamo analizzato riguardo ai viaggi nel tempo non sono altro che "diverse" soluzioni ad un'unica equazione che è appunto quella che lega il cronoviaggio alla legge di causa/effetto prima menzionata. Di sicuro è che se un giorno l'uomo riuscirà in un futuro più o meno remoto a realizzare questo sogno ambizioso, dovrà certamente prestare la massima attenzione nel momento in cui proverà a modificare il corso della storia. In questo sono più propenso a credere ad una soluzione del tipo quella descritta da Asimov nel suo racconto "La fine dell'Eternità" e che cioè siano possibili sono "mutamenti minimi" ma che, a differenza di quanto scritto dall'autore, non si conosce fino a che punto possano modificare il corso naturale della Storia. Inoltre, sia che la risposta al cronoviaggio sia deterministica (e quindi soggetta alle leggi della fisica classica), sia che sia quantistica (e quindi soggetta al principio di indeterminazione di Heisenberg ed alle altre leggi della meccanica quantistica), sembrerebbe la macchina del tempo l'oggetto dell'onnipotenza. Mi spiego meglio: ammettiamo l'ipotesi quantistica dei molti mondi. Se la macchina del tempo non esistesse le storie dell'Universo (e l'Universo stesso) non si "diramerebbero" consentendo le diverse soluzioni ad un determinato evento. E' la macchina del tempo stessa a creare le condizioni per cui ciò diviene possibile. Viaggiare nel tempo sembrerebbe quindi possibile, complesso ma anche altamente rischioso per via delle innumerevoli incognite che il viaggio stesso preserva. Secondo il mio punto di vista, il futuro è in un certo modo già stabilito, con questo si spiegherebbe il motivo per cui alcune persone dotate di un'accentuata sensibilità riescono a percepire, o meglio, "visualizzare" eventi che debbono ancora accadere (fenomeni di precognizione, come quelli che hanno avuto alcune persone che dichiarano di aver "visto" in anticipo, anche di giorni, affondare il transatlantico Titanic). Ma anche il passato non si può modificare e l'esempio più originale ci è dato dal film "The Time Machine" di Simon Wells. In tale storia, il crononauta, in seguito ad un tragico incidente accadutogli insieme alla fidanzata, e precisamente una rapina, in cui essa muore, si catapulta nel passato qualche minuto prima dell'evento che dovrà accadere, ma, con sua grande meraviglia e rabbia allo stesso tempo, riesce ad evitare quel tipo di evento (la rapina) ma non la morte della fidanzata che, a quanto ci è dato di capire, è qualcosa che deve accadere "necessariamente", che praticamente è destinato nella storia di questo Universo (nel film, infatti, essa muore per una seconda volta, investita da una carrozza). Ora, se il passato non si può modificare, tantomeno è possibile cambiare il futuro. Ecco perchè i mistici, come Padre Pio, potevano guarire solo chi era destinato ad esserlo, ma non chi non lo era. Infatti in alcuni casi i mistici hanno anticipato la morte a persone ancora in vita (lo stesso Padre Pio, ad esempio, la predisse ad un giovane carabiniere).
Quindi, passato, presente e futuro di ogni cosa, di ogni essere vivente, dalla più piccola particella, al più grande insieme di galassie, all'Universo medesimo, sono già "stabiliti" nell'attimo in cui l'Universo ha avuto origine.
Michele Nardelli

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Sulla funzione zeta di Riemann e connessioni con la teoria di superstringa (M.Nardelli) - 05:44, 5/2/2005

Nel suo recente libro "L'enigma dei numeri primi", il matematico dell'Università di Oxford Marcus Du Sautoy, presenta con chiarezza esemplare le principali questioni risolte e irrisolte del mondo dei numeri primi, spiegando quale sia la loro importanza attuale in svariati campi tra cui la fisica quantistica. Tra di esse quelle che andremo ad analizzare in detettaglio è la famosa "Ipotesi di Riemann", il più grande mistero della matematica- come viene definito dallo stesso Sautoy.
Il matematico Riemann scoprì una formula che esprimeva un collegamento diretto fra i numeri primi e gli zeri: essa era intesa come un modo per comprendere i numeri primi attraverso l'analisi degli zeri. Montgomery ribaltò la formula, usando le conoscenze sui numeri primi per dedurre il comportamento degli zeri lungo la "retta di Riemann". La sua analisi sembrava indicare che quando si procedeva verso nord lungo la retta di Riemann, gli zeri, a differenza dei numeri primi, tendessero a respingersi. Montgomery si rese presto conto che, al contrario di quanto accadeva con i numeri primi, ad uno zero non seguivano mai altri zeri in rapida successione. I risultati ottenuti da Montgomery suggerivano la possibilità che gli zeri si distribuissero in maniera totalmente uniforme lungo la retta di Riemann. Per rappresentare il campo di variazione teorico della distanza fra zeri adiacenti, Montgomery costruì un diagramma che prende il nome di "grafico di correlazione di coppia". In esso sull'asse orizzontale è riportata la distanza fra coppie di zeri, mentre l'asse verticale misura il numero di coppie per ogni data distanza. Quando Montgomery espose quello che pensava potesse essere il comportamento degli intervalli che separano coppie di zeri, menzionando il suo grafico di distribuzione di quegli intervalli, il fisico Freeman Dyson gli riferì che era esattamente lo stesso comportamento degli autovalori delle matrici casuali hermitiane. Queste sono entità matematiche che vengono usate dai fisici quantistici per predire i livelli energetici nel nucleo di un atomo pesante quando lo si bombarda con neutroni a bassa energia. Montgomery, prendendo una sequenza degli zeri di Riemann e mettendola accanto a quei livelli energetici misurati per via sperimentale, poteva vedere immediatamente una chiara somiglianza. Sia gli intervalli fra gli zeri, sia quelli fra i livelli d'energia, si susseguivano in maniera molto più ordinata che se fossero stati scelti a caso. Le configurazioni da lui previste nella distribuzione degli zeri erano identiche a quelle che i fisici quantistici stavano scoprendo nei livelli energetici dei nuclei di atomi pesanti. Questo poteva significare che la matematica insita nei livelli quantistici d'energia nei nuclei degli atomi pesanti è la stessa matematica che determina la posizione degli zeri di Riemann. Negli anni '20 del novecento i fisici compresero che la matematica che descrive le frequenze del suono emesso da un tamburo poteva essere usata anche per calcolare i carateristici livelli energetici a cui vibrano gli elettroni in un atomo. In questo senso, atomo e tamburo sono fisicamente equivalenti: forze presenti nell'atomo controllano le vibrazioni delle particelle subatomiche. Nell'atomo gli elettroni vibrano solo in modi ben definiti: quando un elettrone viene eccitato, comincia a vibrare ad una nuova frequenza. Ciascun atomo della tavola periodica ha un proprio caratteristico insieme di frequenze a cui i suoi elettroni prediligono vibrare. Finchè non lo si osserva, sembra che un elettrone possa essere in due posti diversi allo stesso tempo, o che possa vibrare a molte frequenze diverse, a cui corrispondono diversi livelli energetici. Prima che lo osserviamo, un elettrone vibrerà, come un tamburo, in base ad una combinazione di frequenze diverse, ma all'atto dell'osservazione tutto quello che percepiamo è l'elettrone che vibra ad una singola frequenza. Secondo Montgomery e Odlyzko, gli zeri del paesaggio di Riemann avevano lo stesso aspetto delle frequenze di un tamburo quantistico: gli zeri, cioè, derivavano dai colpi di un tamburo matematico casuale le cui frequenze si comportano come i livelli energetici della fisica quantistica. Odlyzko tracciò il grafico relativo agli zeri di Riemann e lo confrontò con il grafico corrispondente che si otteneva dall'analisi delle frequenze di un tamburo quantistico casuale. Osservando l'andamento dei due grafici si accorse che, se all'inizio c'era una corrispondenza molto buona, ad un certo punto i dati relativi agli zeri di Riemann si discostavano bruscamente dal grafico delle frequenze teoriche dei tamburi quantistici casuali. Il grafico non seguiva più l'andamento statistico delle distanze fra zeri successivi, così come accadeva all'inizio, ma quello delle distanze fra l'n-esimo e l'(n+1000)-esimo zero. Odlyzko si era imbattuto negli effetti prodotti sul paesaggio di Riemann dalla "teoria del caos".
Il termine "caos" si utilizza quando un sistema dinamico è molto sensibile alle condizioni iniziali. Quando una minima variazione nel modo in cui si appronta un esperimento produce una drastica differenza nei risultati che si ottengono, questa è la firma inconfondibile del caos. Una delle manifestazioni della matematica del caos si ha nel gioco del biliardo. Su un normale tavolo da biliardo rettangolare non si manifesta alcun comportamento caotico nella traiettoria seguita dalla biglia. Essa è perfettamente prevedibile, ed un leggero cambiamento nella direzione iniziale del tiro non la altera in maniera sensibile. Ma su un tavolo da biliardo di forma simile a quella di uno stadio le traiettorie delle biglie assumono un aspetto completamente diverso: la fisica di un tavolo da biliardo a forma di stadio è "caotica".
Quando i fisici analizzarono l'andamento statistico dei livelli energetici, scoprirono che esso variava a seconda che il tavolo da biliardo producesse traiettorie caotiche oppure normali. Se gli elettroni erano confinati in un'area rettangolare, in cui tracciavano traiettorie normali, non caotiche, allora i loro livelli energetici si distribuivano in modo casuale. In particolare, i livelli energetici risultavano spesso ravvicinati. Quando, invece, gli elettroni erano confinati in un'area a forma di stadio, in cui le traiettorie sono caotiche, i livelli energetici non erano più casuali. Seguivano difatti un andamento molto più uniforme, in cui non comparivano mai due livelli ravvicinati. I biliardi quantistici caotici producevano lo stesso andamento regolare già osservato da Dyson nei livelli energetici dei nuclei di atomi pesanti e da Montgomery e Odlyzko nell'ubicazione degli zeri di Riemann. Fu il Prof.M.Berry il primo a comprendere che gli scostamenti notati da Odlyzko fra i grafici della varianza degli zeri di Riemann e dei tamburi quantistici casuali indicavano che un sistema quantistico caotico poteva offrire il migliore modello fisico per il comportamento dei numeri primi.
Se il segreto dei numeri primi è davvero un gioco di biliardo quantistico, allora i numeri primi sono rappresentati da traiettorie molto speciali sul tavolo del biliardo. Alcune traiettorie fanno ritornare la biglia al punto di partenza dopo un certo numero di passaggi sul tavolo, dopodichè si ripetono uguali a sè stesse. Sembra che siano proprio queste traiettorie speciali a rappresentare i numeri primi: ad ogni traiettoria corrisponde un numero primo, e tanto più una traiettoria si estende prima di ripetersi, tanto più è grande il numero primo corrispondente. La nuova svolta impressa da Berry potrebbe portare ad un'unificazione di tre grandi temi scientifici: la fisica quantistica, il caos e i numeri primi. Forse l'ordine che Riemann aveva sperato di scoprire nei numeri primi è descritto dal caos quantistico.
E la teoria di superstringa? E' possibile trovare delle correlazioni tra essa e ciò che abbiamo appena menzionato?
Un elettrone è una particella con spin pari a metà di un numero dispari (1/2). Una tale particella viene chiamata "fermione". I "bosoni", invece, sono particelle aventi spin intero (1,2). Un esempio di bosone è il fotone, la particella mediatrice della forza elettromagnetica. Tutte le particelle materiali hanno spin pari a quello dell'elettrone. Questo fatto si riassume affermando che le particelle hanno spin 1/2, dove il valore 1/2 fornisce, più o meno, una misura di quanto veloce in senso quantomeccanico la particella sta ruotando. Per essere più precisi, spin 1/2 significa che il "momento angolare" dell'elettrone, dovuto alla rotazione, è pari a h/2.
Nel contesto della teoria delle stringhe, lo spin, così come la massa e la carica, è associato ad un particolare modo di vibrazione di una stringa. L'elettrone è quindi rappresentabile da una stringa fermionica il cui modo di vibrazione origina una particella avente spin 1/2.
Affermare quindi che la funzione zeta di Riemann correla il moto orbitale degli elettroni in un atomo di numero atomico arbitrario, è come dire che la funzione zeta correla il modo di vibrazione di una stringa fermionica in un atomo avente numero atomico arbitrario. La funzione zeta di Riemann, e i teoremi ad essa correlati, sono quindi correlabili ad una stringa fermionica il cui modo di vibrazione origina una particella avente spin 1/2, quale è appunto l'elettrone.
In un mio lavoro sono arrivato a nuovi sviluppi matematici inerenti la teoria delle superstringhe e la funzione zeta di Riemann. Ho infatti ottenuto delle interessanti correlazioni, assumendo l'ipotesi di Riemann, tra il lemma 3 del Teorema di Goldston-Montgomery, un teorema del valor medio riguardante la funzione zeta di Riemann, ed alcune soluzioni solitoniche in teoria di campo di stringa. La parte matematica che ho approfondito, riguardo l'ipotesi di Riemann, è trattata nel lavoro: "La congettura di Goldbach" del Prof. A.Languasco e precisamente nella sezione intitolata "Teorema di Goldston-Montgomery". Anche in alcune formule contenute nell'importantissimo lavoro di Perelli e Pintz: "On the exceptional set for Goldbach's problem in short intervals", ho trovato delle connessioni con le soluzioni solitoniche sopra citate. Per quanto concerne il teorema del valor medio, esso è trattato nel capitolo 7 par.12 del volume di E.C.Titchmarsh "The Theory of the Riemann Zeta-function". Riguardo, infine, alla teoria di stringa, il lavoro che ho consultato ed approfondito è :"Soluzioni solitoniche in teoria di campo di stringa", e precisamente le appendici A e D, una tesi pubblicata dalla Dott.ssa V. Puletti.
Andiamo ad analizzare più in dettaglio tale lavoro.
Già tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, si era visto che i vari modelli di teoria di stringa ammettevano diversi tipi di "solitoni", che sono oggetti estesi: non semplicemente stringhe, ma "membrane" di dimensioni spaziali p, comunemente dette p-brane. Verso la metà degli anni '90 Polchinski, associò agli estremi della stringa aperta ulteriori tipi di solitoni, le Dirichlet p-brane (Dp-brane) sulle quali di fatto i capi sono confinati, identificando anche le cariche che garantiscono la stabilità delle brane e rese possibile definire una teoria di stringa in presenza delle D-brane per mezzo di un semplice cambiamento di condizioni al contorno agli estremi della stringa. Le brane possono essere caratterizzate da una tensione, massa per unità di volume, e da una carica; il loro spettro a bassa energia comprende anche campi di gauge. Sia i campi di gauge che i campi scalari nascono dal fatto che le stringhe aperte terminano sulle brane e sono infatti associati alle fluttuazioni della stringa rispettivamente trasversalmente o longitudinalmente alla brana stessa. La loro dinamica è estremamente complessa, ma nel limite di accoppiamento debole, si comportano proprio come dei muri rigidi. Poichè per un accoppiamento arbitrariamente grande questi oggetti possono diventare arbitrariamente leggeri, più leggeri infatti delle stringhe stesse, il loro comportamento domina la fisica delle basse energie, rendendole le vere protagoniste della teoria di stringa. In generale la massa del solitone è inversamente proporzionale alla costante di struttura fine tipica, così nella regione perturbativa è un oggetto classico, mentre nel limite di accoppiamento forte è del tutto simile ad un ordinario quanto. Le più recenti comprensioni di effetti non perturbativi nella teoria di stringa, quali l'instabilità della D-brana, ha permesso di dare un nuovo senso fisico alla presenza dei tachioni, particelle di massa quadrata negativa, nello spettro della stringa bosonica. Nel 1999 le congetture di Sen, legarono l'instabilità delle brane ed il fenomeno della condensazione tachionica, indirizzando il loro studio alla "teoria di campo di stringa" (SFT). L'esistenza del tachione di stringa aperta viene interpretata come l'instabilità della D-brana che supporta la stringa aperta e tale instabilità scompare nel vuoto tachionico in cui la brana decade. Inoltre il convincimento che le D-brane siano soluzioni solitoniche della teoria di stringa, trova un ulteriore conferma: una teoria di campo tachionica su brane instabili inclinate nello spazio ha brane di dimensioni più basse come soluzioni solitoniche.
Il lavoro della Puletti, affronta la problematica della condensazione tachionica nella "teoria di campo di stringa al contorno" (BSFT) ma procedendo con una funzione beta "non lineare", l'unica che permetta di trovare nuove soluzioni dell'equazione dei punti fissi del Gruppo di Rinormalizzazione (RG), consentendo così uno studio alternativo della relazione sul disco tra dinamica della stringa e flusso del RG. I punti fissi del RG, ottenuti dopo aver costruito funzioni beta non lineari, valide nell'ipotesi di profili tachionici lentamente variabili al secondo e terzo ordine dell'espansione in piccole derivate del campo tachionico, sono stati poi interpretati come solitoni della SFT per la relazione di proporzionalità tra l'azione effettiva e la beta non singolare nel caso di una metrica non degenere, rappresentando così una configurazione di D25-brana e di due D-brane. Si è infatti voluto affrontare lo studio di possibili cambiamenti di background, che una volta evidenziati, sosterrebbero l'indipendenza dal background della teoria di campo di stringa. Con questa tesi la Puletti dimostra che è possibile andare da un vuoto con una D-brana ad un vuoto con due D-brane così come andare da un vuoto con una D-brana al vuoto "vuoto". In particolare si è trovato che certi backgrounds sono soluzioni della teoria di campo di stringa aperta, ottenendo un background con brane multiple (una configurazione con due brane) partendo con un background con una D-brana.
Poichè la teoria di stringa è una teoria quantistica relativistica che include la gravità, ed essendoci, secondo il fisico Berry, alla base degli zeri di Riemann un sistema quantistico con un omologo classico, moderatamente semplice ma caotico, è comprensibile la connessione trovata tra le formule inerenti le soluzioni solitoniche in teoria di campo di stringa e le formule inerenti le congetture di Montgomery e Goldbach contenute nei lavori di Languasco e Perelli.
A questo punto penso che sia possibile ampliare la mia ricerca, approfondendo le interessantissime tesi sui sistemi dinamici caotici applicate all'evoluzione dell'universo, del Prof.A.Palumbo, fisico dell'Università di Napoli, ed applicandole alla cosmologia di stringa. Brevemente, lo scienziato napoletano ipotizza che gli insiemi Fi (insiemi di onde), nati dopo il Big Bang, erano già presenti nella mente di Dio in quanto erano uniti ad F (insieme originario) sin da quando il Creatore "eccitò" il punto (euclideo) nel quale era contenuto tutto l'universo.
Nel caso della cosmologia di stringa, le Fi rappresenterebbero gli spazi di Calabi-Yau che danno origine alle proprietà fisiche dell'universo che ci circonda (essi sarebbero delle varietà in cui le dimensioni extra sono compattificate, "arrotolate", come in un gomitolo di lana), mentre F il campo unificato iniziale, in cui tutte le dimensioni sono completamente simmetriche ed arrotolate in un granellino multidimensionale (il punto euclideo prima menzionato) delle dimensioni di Planck. Quindi, le Fi costituirebbero l'insieme di stringhe che vibrando danno luogo ai vari tipi di particelle (fermioni e bosoni, quindi stringhe fermioniche e bosoniche). La F è identificabile con il big bang, quindi con l'esplosione del buco nero che ha dato origine all'universo (ricordiamo che, in teoria di stringa, un buco nero si tramuta in una particella di massa nulla, ad esempio un gravitone, che secondo la teoria delle stringhe altro non è che una stringa eccitata in un particolare modo di vibrazione). La prima rottura di simmetria (casuale) si produsse, più o meno, al tempo di Planck (10^-43 secondi dopo il Big Bang), quando le tre dimensioni spaziali iniziarono ad espandersi, mentre le altre conservarono la loro estensione originaria. Queste tre dimensioni spaziali sono identificate con quelle la cui evoluzione è descritta dal modello cosmologico inflazionario. Sarà scopo di un prossimo articolo quello di descrivere in dettaglio tale applicazione, che certamente avallerà entrambe le tesi, la mia, che ha trovato le su citate relazioni tra teoria di campo di stringa e zeri di Riemann, quindi tra teoria di stringa e un sistema quantistico con un omologo classico, moderatamente semplice ma caotico, e quella del Palumbo, sui sistemi dinamici caotici applicati al sistema universo.

Qui i seguito i link che trattano delle connessioni matematiche tra la Teoria delle Stringhe e la Teoria dei Numeri

http://150.146.3.132/679/01/NardLanBin02.pdf
http://150.146.3.132/647/01/NardTurccp.pdf

Questo è invece il link del Database CNR di matematica e fisica teorica dove sono pubblicati tutti i miei articoli sulla Teoria delle Stringhe

http://150.146.3.132/perl/user_eprints?userid=36

Michele Nardelli


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Nuovi sviluppi sull'origine dell'universo connessi con la teoria delle D-brane. (M. Nardelli) - 11:52, 5/1/2005

Alcune versioni delle teorie di stringa ipotizzano che l'universo sia in realtà un "mondo di brane". Il fisico Marc Lachieze-Rey nel suo interessantissimo libro "Oltre lo spazio e il tempo", fornisce un'esauriente spiegazione di tale tesi. Anche il celebre Stephen Hawking, fisico di fama mondiale, nel suo recente e bellissimo testo "L'universo in un guscio di noce", tratta l'argomento nel capitolo intitolato "Nuovo mondo brana". Scopo del presente articolo è analizzare le tesi inerenti la teoria delle D-brane in maniera più dettagliata e fornire dei personali contributi.
Le stringhe evolvono nell'iperspazio (o varietà) a D dimensioni (dieci nella maggior parte dei casi), una delle quali rappresenta il tempo. Le estremità delle stringhe aperte sarebbero tuttavia confinate a particolari regioni limitate dell'iperspazio, delle specie di membrane immerse nella varietà. Le D-brane (abbreviazione di "membrane di Dirichlet") o più semplicemente brane, sono dunque delle varietà di dimensione inferiore a D, delle ipersuperfici che rappresentano il luogo geometrico su cui si possono muovere le estremità delle stringhe aperte. Si tratta di oggetti dall'aspetto piuttosto tecnico, che potrebbero tuttavia avere un ruolo importante in fisica teorica e in cosmologia. Ci sono le 0-brane (puntiformi), le 1-brane (filiformi), le 2-brane (superfici) e così via. Nei lavori recenti si parla soprattutto di 3-brane, la cui evoluzione temporale disegna una varietà quadridimensionale che si confonde con il nostro universo. Secondo alcune versioni della teoria delle brane, solo una parte dell'iperspazio a D dimensioni ci sarebbe accessibile, e cioè una 3-brana che coinciderebbe con il nostro spazio tridimensionale. Solo la gravità sarebbe in grado di propagarsi anche all'esterno della 3-brana. Essa sarebbe in pratica rappresentata da stringhe chiuse che avrebbero accesso a tutto il volume multidimensionale. Le particelle (la materia) e le interazioni, sarebbero rappresentate dagli estremi delle stringhe aperte, vincolate per definizione a rimanere sulla brana: tale confinamento identificherebbe la brana con il nostro mondo.
Le brane sono soggette a fluttuazioni quantistiche, che le possono far apparire e sparire spontaneamente. Il principio di indeterminazione consente ai mondi brana di apparire dal nulla come bolle: la brana costituisce la superficie della bolla e l'interno è lo spazio a più elevata dimensionalità. Bollicine minuscole tenderanno a collassare di nuovo fino a scomparire, mentre una bolla che cresce per fluttuazioni quantistiche oltre una certa dimensione critica, continuerà probabilmente a crescere. Secondo l'ipotesi di Hartle-Hawking dell'assenza di contorni, la creazione spontanea di un mondo brana avrebbe nel tempo immaginario una storia simile ad un "guscio di noce": in altre parole, sarebbe una sfera quadridimensionale come la superficie della terra, ma dotata di due dimensioni extra. Nel nuovo modello del mondo brana, il "guscio di noce" è pieno: nel tempo immaginario, la storia della brana in cui viviamo sarebbe una sfera quadridimensionale che costituirebbe il confine di una bolla pentadimensionale con le restanti cinque dimensioni arrotolate fino ad essere molto piccole. Quindi, nello scenario del mondo brana, la sfera quadridimensionale leggermente appiattita è "riempita" da una quinta dimensione. La storia della brana nel tempo immaginario determina la sua storia nel tempo reale. Nel tempo reale la brana si espanderebbe in maniera inflativa accelerata. Le storie nel tempo immaginario, che non sono perfettamente lisce e sferiche, hanno probabilità un poco più scarse, ma corrispondono nel tempo reale ad una brana in cui ad un'espansione inflativa iniziale seguirebbe un rallentamento. Ed è durante tale rallentamento che si sono potute formare le galassie ed evolversi la vita intelligente.
La visione cosmologica convenzionale non permette di interpretare il nostro spazio-tempo come immerso all'interno di qualcos'altro: lo spazio-tempo costituisce la totalità assoluta e completa di ciò che esiste. Nelle concezioni branarie la 3-brana identificata con il nostro spazio è invece immersa in qualcosa di più grande: il volume multidimensionale (bulk), una sorta di "retrouniverso". Il quadro così allargato offre la possibilità di un nuovo punto di vista cosmologico: lo spazio-tempo in cui viviamo rappresenta solo una piccola parte della totalità dell'universo, identificata con il bulk. Ciò permette di parlare dell'origine dello spazio-tempo, dato che un tempo ed uno spazio fisici sono definiti anche al di fuori di esso. Tale origine potrebbe essere vista come un "evento" nell'ambito dell'iperspazio. Le categorie di causalità e di origine potrebbero essere applicate all'iperspazio anzichè allo spazio-tempo convenzionale. L'esempio è fornito da alcune recenti ipotesi chiamate di "universo ecpirotico": se nell'iperspazio due brane entrano in collisione, il risultato è una brana in espansione, che potrebbe venire identificata con il nostro spazio-tempo. Il big bang sarebbe in questo caso visto come un "evento" nella D-varietà che costituisce l'iperspazio. L'origine "causale" del nostro universo potrebbe aprire la via alla spiegazione di alcune sue caratteristiche, in particolare l'omogeneità: questa potrebbe risultare da un processo fisico causale, a condizione di definire la causalità nell'iperspazio anzichè nello spazio-tempo. La collisione delle brane segnerebbe l'inizio della storia cosmica descritta dal big bang; una causalità valida nell'iperspazio potrebbe spiegare come mai all'inizio del nostro universo tutti i punti dello spazio sono identici.
Il nostro universo, che in origine poteva essere nato come un universo decadimensionale, non era stabile: esso ha subito un "effetto tunnel" che lo ha fatto esplodere in due universi gemelli, uno a quattro e uno a sei dimensioni. All'inizio del tempo, l'universo era perfettamente simmetrico, uno spazio-tempo primordiale a dieci dimensioni, lo spazio-tempo della simmetria assoluta. Chiunque si fosse trovato a vivere quella realtà, sarebbe tranquillamente potuto passare da una dimensione all'altra, senza particolari problemi. In quell'epoca il tempo, la gravità e le forze nucleari, quella debole e quella forte, così come la forza elettromagnetica, erano tutte unificate dalle superstringhe: la materia e la forze facevano tutte parte dello stesso multipletto di stringhe. Tuttavia era una simmetria destinata a non durare. L'universo decadimensionale, per quanto dotato di una simmetria perfetta, era instabile, proprio come un lenzuolo ben disteso e fissato ai quattro angoli di un materasso di gran lunga più grande: si trovava cioè in una condizione di falso vuoto. Era inevitabile che prima o poi finisse per passare, tramite effetto tunnel, ad uno stato energetico inferiore. Quando ciò accadde, la simmetria originaria andò infine perduta, e ci ritrovammo con l'universo così come lo conosciamo attualmente. Visto e considerato che aveva cominciato a dividersi in due parti, una dotata di quattro dimensioni, e l'altra di sei, l'universo non poteva più definirsi simmetrico. Le sei dimensioni si erano ripiegate, proprio come accadrebbe ad un lenzuolo nel quale un elastico ha perso la presa dell'angolo del materasso, e le rimanenti quattro erano andate a costituire l'universo attuale (spazio-tempo quadridimensionale), condizione che corrisponde all'attuale simmetria spezzata del vero vuoto.
Una mia ricerca di fisica teorica è volta ad applicare quello che in matematica è chiamato il Teorema di Nash sull'immersione delle varietà alla teoria delle D-brane. Andiamo ad analizzare meglio tale sviluppo.
Nell'ottobre del 1954, il celebre matematico John Nash, pubblicò il fondamentale lavoro: "The imbedding problem for Riemannian manifolds". La domanda precisa che il matematico si poneva era: è possibile immergere una varietà Riemanniana in uno spazio euclideo? Tale problema di geometria differenziale rivestiva un certo interesse anche in relazione a problemi di geometria nel campo della relatività generale. Si trattava di dimostrare l'immersione isometrica di varietà astratte di Riemann in spazi piatti (o euclidei). Immergere significa presentare un dato oggetto geometrico come un sottoinsieme di uno spazio di dimensioni eventualmente anche maggiori ma preservando le sue fondamentali proprietà topologiche. Prendiamo per esempio la superficie di un pallone, che è un oggetto bidimensionale. Non è possibile metterla su una lavagna che pure è bidimensionale, mentre la si può immaginare come sottoinsieme di uno spazio di tre o più dimensioni. Il Teorema di Nash afferma che "qualunque tipo di superficie sufficientemente regolare può essere immersa in uno spazio euclideo (o piatto)". In altre parole lo studioso dimostrò che si può "piegare" una varietà come un fazzoletto senza spiegazzarlo.
Scopo del mio lavoro è stato quello di evidenziare le parti matematiche principali del Teorema di Nash e le sue possibili correlazioni alla teoria di stringa, ed ottenere delle connessioni applicando tale teorema considerando la varietà quadridimensionale e quella compattificata a sei dimensioni, come dei sottoinsiemi dell'originaria varietà primordiale decadimensionale prevista dalla teoria di stringa. Quindi utilizzare il Teorema di Nash per descrivere l'immersione di una D-brana (di dimensione quattro, quindi una D-3 brana per la varietà quadridimensionale, e di dimensione sei, quindi una D-5 brana per la varietà compattificata a sei dimensioni) nello spazio-tempo 10- dimensionale della teoria di stringa.
Il risultato di tale ricerca non solo permette un ulteriore passo avanti per quanto concerne la teoria dei campi delle superstringhe, ma è una originale applicazione matematica del Teorema di Nash suscettibile di ulteriori e più feconde applicazioni in fisica teorica e cosmologia.

Qui i seguito i link che trattano delle connessioni matematiche tra la Teoria delle Stringhe e la Teoria dei Numeri

http://150.146.3.132/679/01/NardLanBin02.pdf
http://150.146.3.132/647/01/NardTurccp.pdf

Questo è invece il link del Database CNR di matematica e fisica teorica dove sono pubblicati tutti i miei articoli sulla Teoria delle Stringhe

http://150.146.3.132/perl/user_eprints?userid=36

Michele Nardelli

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La perfezione dell'Universo (M. Nardelli) - 08:36, 4/25/2005
La perfezione dell'universo (Michele Nardelli)
Da sempre l'uomo ha cercato di comprendere da cosa ha avuto origine l'universo e la vita che in esso si manifesta. Le ultime teorie cosmologiche confermano in maniera assoluta la tesi del big bang, l'esplosione iniziale da cui l'universo ha incominciato ad espandersi. All'inizio l'universo era simile ad un "punto" di temperatura, densità e spazio-tempo infiniti, quello che in fisica si definisce "singolarità iniziale". Un'espansione iniziale appena più lenta avrebbe portato ad un universo molto diverso dal nostro. Lo stesso effetto avrebbe avuto un'espansione troppo veloce: l'energia dell'espansione avrebbe sopraffatto la gravità e le galassie non sarebbero mai state in grado di condensarsi. Le energie cinetica e potenziale iniziali devono essere state accoppiate con molta precisione. (Per avere un'idea, è come se stessimo nel fondo di un pozzo e lanciassimo una pietra in alto facendola arrivare a fermarsi esattamente all'imboccatura). L'universo deve aver ricevuto una "spinta" iniziale assai ben regolata, esattamente quella sufficiente per equilibrare la tendenza deceleratrice della gravità, per trovarsi oggi in uno stato di espansione uniforme e simmetrico. Secondo la teoria "inflazionaria" proposta dal fisico americano Alan Guth, il motivo per cui l'universo è così grande e per cui la gravità e l'espansione sono così bene equilibrate, deve ricercarsi in qualcosa che accadde durante i primi 10^-36 secondi, quando le dimensioni dell'universo erano paragonabili a quelle di una pallina da golf. Da quel momento in poi l'espansione del cosmo è andata decelerando a causa dell'attrazione gravitazionale che ogni parte dell'universo esercita su tutte le altre. Ma durante i primi 10^-36 secondi (leggi 10 elevato alla meno 36), è entrata in gioco un nuovo tipo di "repulsione cosmica" che ha sopraffatto la gravità ordinaria. In quei tempi precocissimi l'espansione sarebbe andata accelerando in maniera esponenziale, di modo che si sarebbe potuto gonfiare un universo-embrione omogeneo e dotato di quell'equilibrio finemente sintonizzato tra energia cinetica e gravitazionale. La repulsione si verificò perchè lo spazio stesso in quell'era iniziale era molto diverso da oggi. Lo spazio privo di oggetti, quello che in fisica si definisce "vuoto", avrebbe avuto latente in sè un'enorme riserva di energia. Questa forma di energia aveva la proprietà di creare una pressione negativa, quindi gravità negativa, cioè "antigravità". Questa antigravità causerebbe una "repulsione cosmica" e come conseguenza l'espansione universale subirebbe un'accelerazione. Secondo quindi lo scenario inflazionario, l'universo ultraprimordiale attraversò una fase in cui l'energia del vuoto era enorme (e negativa) e l'espansione cosmica fu, di conseguenza, rapidissima. Il cosmologo russo Andrej Linde sostiene la tesi di un'inflazione "caotica": uno scenario più complesso in cui l'intero universo può essere infinito ed eterno, ma genera di continuo regioni gonfiate dall'inflazione che si evolvono in universi separati. Ciò che chiamiamo il nostro universo non rappresenterebbe altro che un "dominio" di un eterno ciclo riproduttivo degli universi. Questi altri universi sono oggi sconnessi dal nostro, ma possono essere fatti risalire ad un antenato comune. Secondo i calcoli di Linde, basterebbe un milligrammo di materia per dare origine ad un universo che per i suoi ipotetici abitanti sarebbe grande come il nostro, mentre a noi apparirebbe come un microscopico buco nero. Il fisico Harrison afferma infatti, che l'inflazione e la nascita del nuovo universo si verificherebbero in una "bolla" di spazio-tempo, che inizialmente resterebbe collegata al nostro universo grazie al "cordone ombelicale" di un buco nero. Ma in seguito all'evaporazione del buco nero, come è stato teorizzato da S.Hawking, questo "ponte" tra universi verrebbe meno. E' possibile quindi immaginare, partendo dall'universo che ci ospita, una catena infinita di universi-genitori, da cui deriverebbero infiniti universi-figli anch'essi adatti ad ospitare la vita, in quanto aventi le stesse leggi fisiche degli universi da cui sono stati generati.
Sono due le discipline che studiano l'universo dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo: la teoria della relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica. La relatività generale poggia su solide basi matematiche: sulla geometria non euclidea, elaborata nel secolo scorso da B.Riemann e sull'utilizzo del calcolo differenziale assoluto sviluppato da due grandi matematici italiani: Ricci Curbastro e Tullio Levi-Civita. La teoria della relatività si distingue in relatività ristretta (o particolare) e relatività generale. Il principio di relatività ristretta si può così enunciare: "se un sistema di coordinate (sistema di riferimento) K è scelto in modo tale che le leggi fisiche siano soddisfatte nella loro forma più semplice, le stesse leggi debbono essere soddisfatte se riferite ad ogni altro sistema di coordinate K', che si muova di moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto al sistema K". La teoria della relatività generale, invece, è valida anche per sistemi di riferimento in moto accelerato l'uno rispetto all'altro. Quindi, per il principio di relatività generale: "le leggi della fisica debbono essere di natura tale che esse si possano applicare a sistemi di riferimento comunque in moto". Einstein sviluppò un approccio completamente nuovo al concetto di gravità. Nella formulazione einsteiniana, le forze associate alla gravità sono del tutto equivalenti a quelle apparentemente prodotte da un'accelerazione. Come esempio di tale affermazione, si consideri un'astronauta in piedi in una navetta ferma sulla Terra. A causa della forza di gravità i suoi piedi "aderiscono" al pavimento della navicella con una forza pari al peso della persona, W. Se si considera la stessa navicella nello spazio, lontana da qualunque oggetto e non soggetta in alcun modo alla gravità, l'astronauta aderisce ancora al pavimento se la navicella accelera. Se supponiamo che l'accelerazione sia pari a 9,8 m/sec^2, che è il valore di accelerazione di gravità sulla superficie terrestre, la forza con cui l'astronauta è ancorato al pavimento della navicella, è ancora uguale a W. Senza guardare fuori dal finestrino, l'astronauta non sarebbe in grado di capire se la navicella si trovi ferma a terra o in accelerazione nello spazio. Einstein, quindi, considerò tutte le forze, sia quelle gravitazionali, sia quelle convenzionalmente associate all'accelerazione, come effetti di un'accelerazione. In questo modo la forza gravitazionale, che fa in modo che la navicella ferma a terra rimanga salda sul suolo, è un fenomeno di attrazione attribuibile ad un'accelerazione della navicella. Infatti, nello spazio tridimensionale la navicella è ferma, perciò non accelera. Nello spazio-tempo quadridimensionale, invece, la navicella è in moto lungo la sua "linea universale". Ciò spiega l'ipotesi relativistica che lo spazio-tempo sia "incurvato" nelle vicinanze dei corpi massivi e che la "linea universale" di un corpo è una "geodetica" nello spazio-tempo. (Ricordiamo che la geodetica è la linea più breve che congiunge due punti dati; in uno spazio curvo le geodetiche generalmente non sono linee rette ma curve).
La meccanica quantistica è la disciplina di base che studia l'universo dell'infinitamente piccolo (le particelle atomiche e subatomiche): essa è una teoria casuale. Secondo questa teoria, per esempio, un elettrone percorre un numero infinito di traiettorie simultaneamente, cioè non è localizzato. La posizione dell'elettrone può essere definita solo in termini di "probabilità": si può soltanto affermare che l'elettrone ha una certa probabilità di trovarsi in un certo punto in un dato istante. Facciamo un esempio. Servendomi di uno strumento di una certa precisione determino la posizione di una particella in un dato istante, ho quindi una certa misura. Se ipotizziamo di tornare indietro per ripetere l'esperimento, esisterebbe una possibilità limitata di trovare la particella in un altro luogo, forse molto lontano dal primo.
Supponiamo adesso di avere una particella che può stare soltanto in due luoghi: A e B, diciamo, ed a ciascun luogo è associato un certo numero di probabilità. Osserviamo con lo strumento di precisione e scopriamo che la particella si trova nel punto A. Secondo un altro concetto della meccanica quantistica che è quello della "molteplicità dei mondi" ( o dei "molti mondi"), l'universo si divide in due allorchè si compie un simile esperimento. Nell'altro universo, esiste un altro osservatore che ha appena scoperto la particella nel punto B, anzichè in A. Quest'altro universo è tanto reale e coerente quanto il nostro: esiste quindi un altro osservatore, anzi, un numero infinito di osservatori. Non è possibile accorgersi di essere scissi in questo modo, perchè qualunque misurazione, nell'uno o nell'altro universo, avviene dopo la scissione: è quindi impossibile misurare le conseguenze della scissione medesima. Il concetto della molteplicità dei mondi è il fondamento della spiegazione quantistica delle possibili "ramificazioni" della storia. In ogni momento, ad ogni evento, la storia si "biforca": ad ogni possibile conseguenza di ogni evento, corrisponde una versione diversa della storia, e tutte queste storie (o universi) sono reali, sono adiacenti l'una all'altra nella quarta dimensione (lo spazio-tempo), come le pagine di un libro. Immaginiamo adesso me stesso in due "storie" adiacenti, separate: queste due versioni di me stesso non possono comunicare tra loro, seppure se mi venisse fornito ogni concepibile apparecchio di comunicazione. Esisterebbero infatti, due copie di ogni apparecchio, ciascuno non collegato al suo gemello. Tale posizione è fondata sull'assunto implicito che le copie gemelle, dopo la biforcazione, non si influenzano a vicenda in alcun modo.
Riassumendo quindi abbiamo esposto due concetti in uso nella meccanica quantistica: 1) Il "principio di indeterminazione di Heisenberg" secondo il quale non è possibile conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella. Quanto più precisamente conosciamo l'una, tanto meno precisamente conosceremo l'altra. 2) La teoria degli "universi paralleli" (o dei molti mondi), avanzata per la prima volta nel 1957 da H.Everett. Essa afferma che tutti i mondi quantici alternativi e possibili sono reali e coesistono in parallelo l'uno con l'altro. Ogni volta che si compie una misurazione per determinare, ad esempio, la posizione di una particella, l'universo si scinde in due universi: in uno la particella è nel punto A, nell'altro è nel punto B. Entrambi gli universi sono reali ed in entrambi vi sono osservatori che percepiscono soltanto l'universo in cui si trovano.
Ritornando ad Einstein, si è a conoscenza che riteneva la teoria quantistica fondata su principi di carattere provvisorio ed approssimativo. (Celebre a tale proposito la sua frase "Dio non gioca ai dadi con il mondo"). Egli ambiva a formulare una teoria generale ed unitaria che avrebbe descritto matematicamente le proprietà della luce, della materia e della gravitazione. Dichiarava che una tale teoria dovesse essere costruitasul modello delle due teorie della relatività da lui elaborate, cioè ponendo alla base principi di validità generale. Questo è stato il punto di partenza delle successive generazioni di matematici e fisici, per lo sviluppo di una "teoria dei campi unificati", una teoria fisica e matematica in grado di spiegare con poche equazioni, l'origine delle forze (campi) esistenti in natura: la forza di gravità, la forza elettromagnetica, la forza nucleare debole e la forza nucleare forte. Le teorie di Grande Unificazione (GUT) delle forze naturali si sono cimentate nell'interpretazione del modello cosmico per tempi inferiori ai 10^-35 secondi (leggi 10 elevato alla meno 35). Nella singolarità cosmica coesistevano in forma unificata tre forze fondamentali: la forza elettromagnetica che presiede ai fenomeni elettrici e magnetici; (la carica elettrica svolge lo stesso ruolo che ha la massa per la gravità, determinando l'intensità della forza elettromagnetica che un corpo può sentire o esercitare); la forza debole, responsabile del decadimento radioattivo di alcuni elementi come ad esempio l'uranio; la forza forte, che tiene i quark incollati tra di loro dentro a protoni e neutroni, e tiene questi ultimi dentro ai nuclei atomici. Il passo definitivo, quello che tiene impegnate le più illustri menti del nostro tempo (S.Hawking, R.Penrose, Edward Witten solo per citare i più noti), è l'unificazione di queste tre forze con la forza di gravità che, relativisticamente è stata spiegata nei termini di una forza che "deforma" lo spazio-tempo e "incurva" la traiettoria dei raggi luminosi, ma quantisticamente è di natura molto più complessa da spiegare. Personalmente, un'osservazione può esserci di aiuto in questa impresa. E' noto che un campo puramente gravitazionale può esistere anche senza la presenza di un campo elettromagnetico, mentre un campo puramente elettromagnetico non può esistere se non accompagnato da un campo gravitazionale. Da questo sembra potersi dedurre che un campo magnetico può derivare da un campo gravitazionale e che quindi quest'ultimo è forse il pilastro fondamentale di un campo totale. Matematicamente si è inoltre constatato che un campo elettromagnetico tende all'infinito se la forza gravitazionale tende anch'essa all'infinito. Essendo la gravitazione "curvatura" dello spazio-tempo, ciò significa che per una curvatura infinita dello spazio-tempo, il campo elettromagnetico tende all'infinito. Essendo la singolarità un punto in cui la curvatura dello spazio-tempo diviene infinita, è possibile dedurre che è da una singolarità spazio-temporale (big bang) che derivano tutte le forze fisiche da noi conosciute (teorie di supergravità e superstringa).
Lo studio approfondito di tali singolarità, quindi, ci potrà condurre alla tanto agognata meta dell'unificazione. Non però con due teorie separate, quali la meccanica quantistica e la relatività generale, ma soltanto con una teoria che le combini entrambe: una teoria che è stata definita "gravità quantistica". Sebbene tale teoria non sia ancora stata formulata nella sua completezza, i due fisici Hawking e Hartle hanno azzardato una proposta di grande interesse. Essa si basa sulla formulazione della meccanica quantistica proposta da R.Feynman in termini di "somma delle storie" applicata all'intero universo. Semplificando, la tesi di Feynman afferma che una particella, per andare da un punto A ad un punto B, possa in linea di principio percorrere tutti i cammini possibili o "storie" nello spazio-tempo che uniscono i due punti. Ciascuna storia ha associata una probabilità ben definita. "Sommando" in un certo modo opportuno tutte le storie, si ottiene la "vera" traiettoria percorsa dalla particella. La proposta di Hawking è di applicare la somma delle storie alla concezione della gravità einsteiniana: al posto della storia di una particella, abbiamo uno spazio-tempo curvo che rappresenta la storia dell'intero universo. Per fare questo è però necessario fare la somma per storie che non si trovano nel tempo reale, ma in un tempo "immaginario": è cioè necessario misurare il tempo usando numeri immaginari piuttosto che numeri reali. Esistono in matematica numeri speciali, chiamati immaginari, che moltiplicati per sè stessi danno numeri negativi. Quello chiamato "i", moltiplicato per sè stesso dà -1; 2i moltiplicato per sè stesso dà -4, e via dicendo. Possiamo rappresentarci il tempo ordinario reale come una linea orizzontale che va da sinistra a destra: i tempi più antichi sono a sinistra e quelli più recenti a destra. Ma possiamo considerare anche un'altra direzione del tempo, la cosiddetta direzione immaginaria, ad angoli retti rispetto al tempo reale. Ciò significa che la direzione temporale immaginaria si comporta in maniera simile rispetto alle tre direzioni corrispondenti al movimento nello spazio. La curvatura dello spazio-tempo causata dalla materia presente nell'universo può quindi condurre ad un incontro delle tre direzioni spaziali con la direzione immaginaria del tempo. Le tre direzioni spaziali ed il tempo immaginario, formerebbero uno spazio-tempo richiuso su sè stesso, senza confini o bordi. L'evoluzione dell'universo può quindi essere rappresentata da "coni" di spazio-tempo. Nelle teorie classiche, come la relatività generale, ogni modello ragionevole di universo, quando viene fatto evolvere all'indietro nel tempo, finisce per incontrare una singolarità puntiforme (un cono capovolto con al vertice la singolarità). Nella cosmologia quantistica lo stato iniziale dell'universo non è necessariamente un punto. Secondo alcune ipotesi specifiche, l'universo avrebbe avuto inizio da una "calotta" perfettamente regolare anzichè da un punto (una forma a campana capovolta, cioè un cono capovolto con al vertice una calotta sferica). Questo effetto di "regolarizzazione" avviene nel tempo immaginario. Immediatamente dopo l'inizio quantistico, l'universo cominciò ad evolversi in modo classico nel tempo reale. L'ipotesi di Hartle ed Hawking è chiamata "proposta di universo senza bordi" per il motivo che si considerano configurazioni geometriche (campane capovolte) che non hanno bordi, tranne che per la parte superiore che è aperta e corrisponde all'universo attuale in espansione.
Immaginiamoci ora di viaggiare a ritroso nel tempo, fino al nucleo più profondo e nascosto del tempo medesimo, fino quindi ai suoi confini. Vediamo tutta la materia dell'universo che si contrae in un unico "punto", un centro arbitrario del tutto ed è un pò come assistere alla nascita di un grandissimo Sole nel mezzo dello spazio infinito e vuoto. Vediamo lo spazio-tempo piegarsi e comprimersi come un pallone sgonfio o come un foglio di carta stretto in un pugno. Tale universo non è che uno degli infiniti universi che emergono dal "confine" e che noi, che viaggiamo a ritroso nel tempo, vediamo convergere tutti verso il confine medesimo. Una volta giunti alla formazione del nucleo, lo spazio e il tempo sono incurvati a tal punto da essere indistinguibili. Non esiste struttura, non è possibile indicare un punto, nè una distanza o una posizione, non esistono misure nè osservazioni: tutto è uno. E come l'universo si contrae in un unico "punto" ardente (più piccolo del nucleo di un atomo), così si effettua una convergenza della molteplicità (degli universi). Il confine stesso, smarrito nelle "possibilità infinite" della molteplicità annullata, si dilegua. Rimane così un unico "punto" luminoso e pulsante (una singolarità "nuda", cioè non circondata da un buco nero). Immaginiamoci ora la totalità della molteplicità come una superficie liscia e sferica, in cui le storie (gli universi) sono come le linee della longitudine che su una superficie sferica vanno da un polo all'altro. Un polo è il punto in cui, in un determinato istante, convergono tutte le linee della longitudine (infinite). In quel preciso momento la "mente" ha cercato, fra tutte le possibilità infinite che costituiscono la molteplicità, un universo che fosse ottimale per lo sviluppo della vita e dell'intelligenza, un universo infinito ed eterno. Nella molteplicità esistono tutti i possibili universi, l'uno adiacente all'altro, in un catalogo infinito di possibilità. Ma la molteplicità non può esistere senza l'esistenza della molteplicità stessa. La soluzione di questo paradosso richiede l'esistenza di altre molteplicità: proprio come la molteplicità deve esistere per risolvere i paradossi di una storia singola, così deve esistere una Molteplicità delle molteplicità. Tale è il presupposto di quello che potrebbe essere definito un "insieme infinito di universi paralleli".
Abbiamo usato parole come infinito ed eternità, concetti questi che ci portano a considerare una dimensione a noi esseri limitati al momento inaccessibile: la dimensione dell'infinito. Inaccessibile, ma che, nel momento in cui lasceremo la dimensione in cui è racchiusa la nostra esistenza, si manifesterà in tutta la sua potenza e meraviglia: l'infinita potenza e meraviglia della "mente di Dio".



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L'unificazione della fisica (M.Nardelli) - 12:11, 4/23/2005
L'unificazione della fisica.(Michele Nardelli)
Il traguardo più ambizioso della fisica è quello di scoprire una "Teoria del Tutto", una teoria cioè che descriva in termini unitari tutte le interazioni tra le forze e la materia sia su scala atomica, sia intergalattica. Attualmente la migliore candidata di teoria del tutto è la teoria delle superstringhe. Lo scopo del presente articolo è quello di descrivere in termini non troppo tecnici e quindi accessibili ad un vasto pubblico tale teoria.
Secondo la teoria della relatività ristretta di Einstein, è possibile dire che ogni punto dell'universo può essere individuato esattamente da tre numeri, che sono relativi alle tre dimensioni spaziali: la dimensione "avanti-indietro", la dimensione "destra-sinistra" e la dimensione "sù-giù". La relatività, inoltre, considera il tempo un'altra dimensione ancora, quella "futuro-passato", il che fornisce un totale di quattro dimensioni per l'universo: un evento può quindi essere individuato con quattro dati che ci dicono dove e quando avviene. Immaginiamo adesso un tubo di gomma lungo qualche decina di metri. Da una notevole distanza vediamo senza problemi la dimensione orizzontale del tubo, ma non riusciamo ad accorgerci del suo spessore. In realtà la superficie del tubo è bidimensionale: la dimensione sinistra-destra, data dalla lunghezza del tubo e la dimensione circolare oraria-antioraria, data dalla circonferenza del tubo stesso. Questo semplice esempio mostra che le dimensioni spaziali sono sostanzialmente di due tipi: possono essere grandi, evidenti ed estese, oppure piccole, arrotolate e difficili da scorgere (compattificate). In un lavoro spedito nel 1919, il matematico T.Kaluza avanzò un'ipotesi sorprendente: la struttura spaziale dell'universo può avere più dimensioni delle quattro che comunemente conosciamo. Kaluza introdusse una dimensione spaziale extra nello spazio-tempo quadridimensionale, nel tentativo di unificare la forza gravitazionale con quella elettromagnetica. Lo spazio-tempo conta quindi cinque dimensioni: quattro dimensioni spaziali ed una temporale. Nel modello proposto, i campi elettrico e magnetico sono componenti della forza gravitazionale che puntano lungo la quarta dimensione spaziale, e la carica elettrica di una particella altro non è che la sua quantità di moto lungo detta dimensione. L'idea alla base della teoria di Kaluza-Klein (Klein fu il matematico che rese esplicita la teoria di Kaluza) è che la quarta dimensione spaziale si richiude su sè stessa dopo un percorso estremamente breve dell'ordine della lunghezza di Planck, circa uguale a 10^-33 cm. Lo spazio-tempo appare come un cilindro in cui la base è il circolo della dimensione extra e l'altezza contiene le dimensioni ordinarie, ivi incluso il tempo. Durante l'era quantistica, il raggio dell'universo era paragonabile alla lunghezza di Planck, la dimensione extra era indistinguibile dalle altre e l'universo aveva quattro dimensioni spaziali effettive. Kaluza con la sua idea mostrò l'esistenza di un legame profondo: sia la gravità, sia l'elettromagnetismo curvano e piegano lo spazio. La gravità ha effetti visibili nelle tre dimensioni familiari, mentre l'elettromagnetismo si manifesta con deformazioni lungo la dimensione nascosta. Attualmente l'unificazione di Kaluza-Klein e la loro idea è rimasta valida e nel gergo della fisica teorica è chiamata "compattificazione". Con la scoperta delle forze nucleari forte e debole, un'unica dimensione aggiuntiva, anche se riusciva a mostrare qualche indizio dell'unione tra due forze (gravità ed elettromegnetismo), non era abbastanza. Più forze hanno bisogno di più spazio, quindi di più dimensioni. E' così che è nata la teoria delle stringhe. Secondo tale teoria le entità fondamentali non sono particelle puntiformi, ma assomigliano a "stringhe", cioè minuscole corde di una sola dimensione. Queste stringhe possono essere chiuse, come cerchi, o aperte, come un capello. Le stringhe sono libere di vibrare, proprio come le corde di un violino, e le "note" emesse sono tutte le varie particelle che costituiscono il nostro universo. L'idea è quindi che una qualsiasi particella elementare non sia altro che un particolare stato vibratorio di una stringa la quale, osservata da una certa distanza, si presenta come un corpuscolo puntiforme. Il problema dell'osservazione dipende dall'eccessiva piccolezza di tali stringhe, lunghe circa 10^-33 cm, che è la lunghezza di Planck. I calcoli della teoria delle stringhe indicano l'esistenza di una stringa che si presenta come una particella di massa nulla e spin 2 (lo spin è il momento di rotazione proprio o momento angolare intrinseco di una particella) e tali caratteristiche sono quelle proprie del gravitone, che come il fotone dell'elettromagnetismo è il quanto (la particella più piccola) che si riferisce alla gravitazione. La teoria è chiamata anche delle "superstringhe", dove il prefisso "super" indica che la teoria ha una "supersimmetria". La supersimmetria è quella teoria secondo cui ad ogni particella bosonica (fotone, gravitone, gluone) corrisponde un determinato gemello fermionico (fotino, gravitino, gluino), e ad ogni fermione (quark, neutrino, muone) fa corrispondere un partner bosonico di spin intero (squark, sneutrino, smuone). Secondo la teoria delle stringhe, quindi, l'universo è costituito da stringhe microscopiche, i cui modi di vibrazione sono all'origine delle masse e delle cariche delle particelle elementari. La teoria delle stringhe necessita dell'esistenza di dimensioni spaziali extra che sono arrotolate in modo tale da risultare invisibili alle nostre osservazioni. Ma le stringhe sono abbastanza piccole da accorgersene: nelle loro oscillazioni esse sono influenzate in modo notevole dalla forma geometrica delle dimensioni extra. Poichè i modi di vibrazione delle stringhe ci appaiono come le masse e le cariche delle particelle elementari, si deduce che questi parametri fondamentali del nostro universo sono determinati, in larga parte, dalla forma e dall'estensione delle dimensioni compattificate. Le equazioni della teoria pongono stretti limiti alla forma che è consentito assumere alle dimensioni extra. Philip Candelas, Gary Horowitz, Andrew Strominger ed Edward Witten, mostrarono che una particolare classe di spazi a sei dimensioni soddisfaceva a tutti i vincoli della teoria: si trattava degli spazi di Calabi-Yau. Secondo la teoria delle stringhe in ogni punto dello spazio visibile esistono sei dimensioni inaspettate, strettamente avvolte fino a formare un complicato oggetto geometrico: una varietà di Calabi-Yau. Essa è una varietà complessa kahleriana con prima classe di Chern nulla. Proviamo a spiegarci meglio. In matematica una varietà topologica di dimensione n è uno spazio in cui si può definire una misura, in cui ogni punto ammette un intorno I in corrispondenza biunivoca e bicontinua ad un aperto dello spazio (Ricordiamo che gli elementi di una famiglia di parti di un insieme non vuoto si definiscono "aperti"). Nel 1957 Calabi congetturò che tutte queste varietà ammettono una metrica la cui curvatura di Ricci è nulla, e nel 1977 Yau lo dimostrò. Ricordiamo che in relatività generale la curvatura dello spazio-tempo è determinata dalla distibuzione della materia ed energia dell'universo e questa distribuzione è a sua volta governata dalla curvatura dello spazio. Le equazioni di Einstein forniscono la precisa relazione matematica fra la curvatura da un lato e la materia e l'energia dall'altro:

membro di sinistra (CURVATURA) = membro di destra (MATERIA ED ENERGIA)

Le equazioni di Einstein diventano molto schematicamente:

RICCI = ENERGIA dove quindi il tensore di Ricci è la misura della curvatura dello spazio-tempo. Le equazioni della teoria delle stringhe asseriscono quindi, che lo spazio-tempo deve ammettere una metrica la cui curvatura di Ricci, cioè la cui curvatura spazio-temporale sia nulla. Lo spazio-tempo sarebbe quindi una entità a dieci dimensioni. E' interessante andare ad analizzare come si inquadra il fenomeno dei buchi neri nell'ambito della teoria delle stringhe. Una stringa unidimensionale, una 1-brana, può circondare completamente una porzione di spazio unidimensionale (cioè ad una dimensione), quale ad esempio una circonferenza. Analogamente, una membrana bidimensionale, una 2-brana, può avvolgere e ricoprire completamente una sfera bidimensionale, nello stesso modo in cui un foglio di cellophane si può avvolgere sulla superficie di un'arancia. Andrew Strominger si rese conto che le membrane tridimensionali, le 3-brane, di cui si occupa la teoria delle stringhe, possono avvolgere e ricoprire completamente una sfera tridimensionale. Essendo difficile visualizzare sfere tridimensionali, chiariremo la situazione servendoci di sfere bidimensionali, nel caso dell'esempio già fatto, di arance. Avremo allora una membrana bidimensionale (il foglio di cellophane) avvolta attorno ad una sfera bidimensionale (l'arancia) immersa in uno spazio di Calabi-Yau, che occupa una certa posizione nelle tre dimensioni estese. Chi osservasse attraverso le tre dimensioni estese in direzione di questo spazio di Calabi-Yau, non rileverebbe altro che la massa e la carica della brana avvolta (cellophane in cui è avvolta l'arancia), proprietà queste che sono identiche a quelle di un buco nero. Immaginiamo adesso uno spazio di Calabi-Yau contenente una certa sfera tridimensionale, il cui volume diventi sempre più piccolo; anche la massa di una 3-brana avvolta attorno a questa sfera, che ci appare come un buco nero, diventerà sempre più piccola. Quando la sfera si sarà ridotta ad un punto, la 3-brana avrà massa uguale a zero. E' possibile quindi affermare che, nel corso del processo in cui uno spazio di Calabi-Yau subisce una transizione che modifica la geometria spazio-temporale, un buco nero, inizialmente massivo, diventa via via più leggero fino ad avere massa nulla e a questo punto si tramuta in una particella di massa nulla (fotone o gravitone), che altro non è che una stringa eccitata in un particolare modo di vibrazione. Essendo un buco nero un sistema fisico in cui gli effetti di curvatura derivanti dall'intensissimo campo gravitazionale sono imponenti, si può dedurre che probabilmente sia il gravitone la particella fondamentale di una teoria di campo unitario. Secondo la tesi ora esposta, i buchi neri e le particelle elementari sono in realtà due fasi del medesimo substrato di stringhe. Nello stesso modo in cui la temperatura determina la fase in cui si trova l'acqua, la forma topologica (quindi geometrica) delle dimensioni di uno spazio di Calabi-Yau, determina se certe configurazioni della teoria delle stringhe appariranno come buchi neri o come particelle elementari. E' notevole infine l'osservazione che segue del fisico Lawrence M.Krauss: "la densità richiesta per formare un buco nero di massa pari a quella dell'universo osservabile è pressappoco uguale alla densità media dell'universo". Di qui la possibilità che il nostro universo, visto da un ipotetico osservatore esterno, non sia altro che un buco nero. Il nostro universo allora, potrebbe essere nato da una singolarità simile a quella di un buco nero (o di un buco bianco) ma, per l'analogia tra buchi neri e particelle elementari dedotta dalla teoria delle stringhe, potrebbe essere nato da una "particella di massa nulla" come è difatti il gravitone. A conferma di questa ipotesi vi è la tesi della "schiuma quantistica". Vediamo di cosa si occupa tale studio. In relatività generale spazio e tempo dipendono, come abbiamo visto, da massa ed energia ed a maggior ragione nelle teorie di stringa, che includono relatività generale e teorie quantistiche di campo. Alla lunghezza di Planck (10^-33 cm) la gravità deve essere descritta in maniera quantistica, spazio e tempo devono essere diversi da come siamo abituati a considerarli: il fisico Wheeler dice che lo spazio-tempo diviene simile ad una schiuma quantistica, il celebre S.Hawking afferma che lo spazio-tempo è simile ad un mare di buchi neri virtuali che si creano e si annichilano di continuo. (Notiamo come anche le particelle in uno stato di "vuoto quantistico" si creano e si annichilano continuamente e per tale motivo vengono dette virtuali). I fisici credono che nel più intimo cuore dello spazio, a scale incredibilmente submicroscopiche, esista una "schiuma quantistica". Se fosse possibile ingrandire lo spazio fino a quel livello, esso potrebbe essere visualizzato come una specie di "spuma" brulicante. Nella schiuma lo spazio non ha una struttura ben definita, ha, invece, tutta una gamma di "probabilità", come è di norma nel campo della meccanica quantistica. In altri termini, le varie "fogge" e curvature che lo spazio può assumere, hanno ciascuna una probabilità di esistere e coesistono tutte insieme. La gravità quantistica richiede un universo con più di quattro dimensioni (dieci secondo la teoria delle superstringhe prima esposta). Durante l'era di Planck, periodo che precedette il big bang, la gravità quantistica e l'universo potrebbero essere stati un tutt'uno: un oggetto quantistico infinitamente piccolo. A questa scala, lo spazio-tempo stesso sarebbe soggetto a delle fluttuazioni analoghe a quelle che causano la comparsa e la scomparsa delle particelle nello spazio-tempo ordinario. Questa nozione ha portato i teorici a descrivere l'universo dell'era di Planck come una specie di schiuma contorta. Il vuoto quantistico, una condizione intrinsecamente stabile, colma di energia latente, che precedette il big bang e quindi lo spazio-tempo, potrebbe essere stato dello stesso tipo della schiuma fluttuante dell'era di Planck. Tale schiuma potrebbe aver contenuto le "stringhe vibranti", termine usato per descrivere il comportamento delle particelle nelle inconcepibili alte energie di questo periodo. Anelli chiusi avrebbero spazzato alcune aree e ritorto delle altre originando forse altri universi e portando a strane strutture fisiche come i wormholes (letteralmente "cunicoli" o "tane di verme"). Le fluttuazioni quantistiche del vuoto possono essere visualizzate come minuscole bolle: alcune di esse semplicemente comparirebbero e scomparirebbero (notiamo l'analogia con le particelle virtuali), mentre altre potrebbero improvvisamente espandersi in un intero cosmo. In teoria, innumerevoli (forse infiniti) universi "alternativi" o, nel gergo della meccanica quantistica "possibili", potrebbero esistere a fianco del nostro (essergli quindi paralleli), ognuno originato da una "bolla" diversa. I wormholes potrebbero aver collegato punti molto distanti (nello spazio), o addirittura differenti universi, nel vuoto quantistico che precedette il big bang.
Arrivati ormai alla conclusione del presente articolo, che spero abbia fatto riflettere molto all'ordine matematico su cui è retto l'intero universo, sia a scala infinitamente grande, sia a scala infinitamente piccola, non posso far altro che chiedermi: una volta scoperta la Teoria del Tutto, certamente ci si potrà chiedere perchè? Perchè cioè l'universo dove è germogliato il seme dell'intelligenza e della vita, quell'intelligenza che ha poi permesso all'uomo attraverso lo sviluppo nel corso di centinaia di secoli di porsi domande così complesse, è così come siamo riusciti a dedurre fisicamente e con l'ausilio della matematica. Secondo il mio punto di vista, l'universo è fisicamente perfetto ed è regolato da leggi matematiche precisissime ed è eterno ed infinito, come è Perfetta, Eterna ed Infinita l'Intelligenza Divina che ha creato il Tutto.




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Commenti

  1. Commento di Alfonso Vocca su "Numeri Primi, Fibonacci, Partizioni e Teoria di stringa - parte prima" - 05:58, 8/26/2006


    "...L'ho trovato interessantissimo e ricco di
    risultati ai quali Lei è pervenuto. Si può dire che l'ho divorato! Insomma, l'ho apprezzato tantitissimo e per questo La ringrazio.
    Saluti".
    Alfonso Vocca

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